La questione della dialettica tra federalismo e indipendenza non è nuova, anzi si può dire che animi da sempre le discussioni politiche, ed anche la prassi vera e propria, dei movimenti che in Italia si pongono il problema della manifesta obsolescenza, nequizia, e vergogna dello Stato centrale, e l’aspirazione ad una maggiore autonomia o totale indipendenza di Stati storicamente individuati e legati – come nel caso del Veneto – a popoli dotati di un’identità, o quantomeno, di una continuità millenaria. Non si tratta però di due strade affini, ma di due percorsi del tutto diversi, e confonderli è dannoso, lo è stato e sempre lo sarà, come dimostra il caso della Lega Nord. Proprio Gianfranco Miglio, che quest’anno avrebbe compiuto novant’anni, dedicò gli ultimi anni della vita (scomparve nel 2001) ad acute riflessioni su questi due corni, apparentemente, ma solo apparentemente, della medesima fiamma. Poi però il pensatore lariano inclinò verso soluzioni “federalistiche”, piuttosto che radicalmente indipendentistiche, vedendo una quota di utopia troppo forte in queste ultime, ma non perché non ne riconoscesse la radicale bontà. E dunque mise in piedi un progetto di tripartizione dell’Italia, alla fine funzionale, ma non meno artificiale di quello unitario-sabaudo. Il federalismo è una soluzione impraticabile, per la situazione italiana, perché presuppone un patto, un foedus, tra stati indipendenti e diversi che rinuncino a parte della sovranità per scopi comuni. Come accadde alle tredici colonie americane quando decisero di unirsi per combattere contro l’Inghilterra. Ora, ci si può anche unire per altri motivi, non solo per fare una guerra o una politica di difesa comune. Ma non ce n’è più bisogno. Ora, in quanto parte dell’UE, non vi è necessità di federalismo dal punto di vista della realizzazione di un libero mercato di merci e persone. In quanto parte della NATO, non vi è alcun bisogno di federalismo per una politica di difesa comune. Quello di cui la Venetia ha bisogno è l’indipendenza, concetto non solo più radicale – ovvero coerente – ma assoluto.
La creazione di uno Stato libero, sovrano, indipendente.
Senza nessun vincolo federativo con alcuno, ma libero certamente di stringere accordi con altri liberi Stati del mondo – magari in una federazione “ideale” ma anche con qualche aspetto pratico con tutti gli Stati piccoli e liberi (ovvero che si sono liberati dal giogo di dominazioni allotrie), come la Catalogna e la Scozia tra breve, ed anche il Kosovo; e come l’Estonia, la Slovenia, l’Islanda. Che senso avrebbe un “foedus” con quello che rimarrà dell’Italia? Nessuno, se non che magari la Venetia comprerà un po’ del debito pubblico dell’Italia. Ogni legame federativo è un vincolo, anche se vi si arriva a posteriori, dopo la dissoluzione dello Stato unitario.
L’indipendenza è la meta.
Altrimenti, se si continua a parlare di federalismo, si continua ad alimentare le politiche dello Stato centrale, che ha pervertito perfino questo concetto e lo ha piegato a proprio uso. Ovvero, utilizzandolo per indicare invece concessioni autonomistiche minime, fatte passare per chissà quale importante serie di concessioni, briciole che agli occhi assetati di libertà dei popoli d’Italia tutti, vengono credute – con la complicità di alcuni politici locali – veri pezzi di torta. Ma che federalismo è? La “devolution”? Ma perché la classe politica italiana ci ha sempre trattato come bestie ignoranti? E’ ora di farla finita. Anche devoluzione non ha un significato storico, e tecnico-giuridico, assimilabile a quello farsesco conferitole dai pagliacci del circo di quartiere del Parlamento romano. La devoluzione, secondo l’originario diritto imperiale, è addirittura il contrario: è il passaggio in forma di annessione di un principato direttamente all’Impero per originaria appartenenza ad esso, nel caso di estinzione dinastica o in altri casi. Mantova nel 1707.
Per cui, è bene cancellare perfino la parola “federalismo”, morta ma insepolta ancora, disperata, dal vocabolario del PNV: il cui scopo deve essere la conquista della completa indipendenza di un territorio che appare oramai abbastanza delineato; e, una volta ottenuta l’indipendenza, la gestione, insieme e in positiva concorrenza con altri soggetti politici, del nuovo Stato. Senza bisogno di federarsi con nessuno, visto che esistono “foedera” con la UE, la NATO, l’ONU, e sono già abbastanza.
Paolo Bernardini
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