Autore presunto : Goffredo Mameli
Autore reale : un religioso Barnabita
Data di composizione : anno 1847
Musica : Michele Novaro
Tempo : Allegro moderato
Prescrizione per gli uditori:
Ascoltare con prudenza e con i dovuti scongiuri.
(L’autore e il musicista sono finiti male: il primo morì poco più che ventenne; il secondo finì i suoi giorni in miseria).
CARATTERISTICHE PRINCIPALI DELLA COMPOSIZIONE
- Il testo richiama quattro volte la morte.
- “Scipio” sarebbe stato un tipo poco raccomandabile. Egli fu, infatti, esiliato dal Senato Romano a Villa Literno, che allora era una località malsana. Motivazione: malversazione e complicità in reati commessi da parenti.
- “Schiava di Roma” è una poco felice attribuzione, non esente da parzialità, che coinvolge a sua insaputa, si spera, nientemeno che l’Onnipotente. Per chi crede, si tratta di blasfemia.
- “Siam pronti alla morte!”: in verità, secondo le Scritture, bisognerebbe tenere sempre presente tale eventualità. Essa potrebbe, tuttavia, verificarsi una sola volta e l’esperienza non sarebbe da ripetere. L’insistenza è sospetta, visto che chi la sostiene non solo non muore, ma non si ammala nemmeno.
- Il richiamo alla “coorte” rimanda ad una romanità posticcia.
- Il fatto che dalle Alpi alla Sicilia sia tutta una Legnano, è inverosimile. Il territorio dalla Sicilia alle Alpi sarebbe piuttosto diventato una colonia dell’Aspromonte, di Corleone, di Scampia…- Se allora avesse vinto il piccolo esercito di Federico Barbarossa, non sarebbe andata così.
- Non esiste alcuna definitiva dichiarazione ufficiale quale inno nazionale. La proposta risale al novembre 2005, ma decadde per la fine anticipata della legislatura. Non risulta che l’istanza sia stata ripresentata.
Nerio De Carlo
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Mi penso che, al de £à de tuto, tuti i gabia i só gusti.
Pol èserghe zente che £a se riconóse ‘nte l’Inno de Mameli e no xe mìa giusto che i se senta tólti par el zsésto: del resto, i Tedischi no i va mìa sindacar su l’ino ingléxe e i Spagno£i no i va miga sindacar su que£o portoghéxe.
Ga pi senso prexentar i nostri va£uri poxitivi, che ghen’avémo asè.