Una delle ragioni per cui l’opinione pubblica italiana, ma non solo quella, quasi si potrebbe dire l’opinione pubblica mondiale, ha una certa diffidenza per la creazione di piccoli Stati – e quello che noi intendiamo creare è un piccolo Stato alla fine, almeno dal punto di vista delle dimensioni, la Venetia sarà non più grande né di Svizzera né di Austria, anzi verosimilmente più piccola – è costituito da uno degli aspetti del mito americano.
Gli USA sono uno stato sia territorialmente, sia economicamente, eccezionale, ma in questo senso sono un cattivo modello, e influenzano in maniera negativa proprio l’opinione pubblica (lo fanno senza volerlo) che tra l’altro troppo spesso ignora il semplice fatto che essi sono uno stato federale, con una enorme autonomia per ogni singolo Stato dei 50 che compongono l’unione. Senza questa forma autentica di federalismo, nulla a che vedere con il pasticcio italico (peraltro neanche ancora realizzato né oggettivamente realizzabile), gli USA non sarebbero tra i primi stati del mondo per ricchezza pro capite; la maggioranza degli altri sono piccoli stati al di sotto dei 10 milioni di abitanti, però, occorre ricordare: e come PIL pro capite, il vero ed unico indicatore di ricchezza, la piccola Irlanda di 4 milioni e rotti di abitanti ha da tempo superato il “colosso americano”.
Ma se l’opinione pubblica trascura l’essenza federalistica degli USA, ignora, legittimamente ché nessuno dei media, fatti da giornalisti ignoranti per la più parte, cita il fatto che esistono eccome movimenti che negli USA tendono a chiedere non maggiore autonomia da Washington per i singoli Stati, ma la vera e propria indipendenza, quel che il PNV vuole senza mezze misure per la Venetia, l’unico modo per restituire a questa terra bellissima e alla sua splendida gente ricchezza e dignità. Questi movimenti di opinione sono in molti stati.
Vorrei ricordarne uno dei più coerenti, il Free State Project, del New Hampshire. Rimando al loro bellissimo sito, www.freestateproject.org, dove vi sono tra l’altro elencati i motivi per cui essi chiedono l’indipendenza del New Hampshire, che risalgono alle origini stesse, non centralistiche, degli USA, a partire da Thomas Jefferson. Come rammentano ormai sempre più spesso figure del calibro di Thomas E. Woods ed altri storici anti-centralistici americani. Sono migliaia coloro che hanno idealmente aderito a questo progetto.
Certo, è difficile sgretolare un colosso come gli USA.
Molto più difficile che non liberare la Venetia dal giogo soffocante e assassino di ITA.
Può darsi tuttavia che ci riescano le splendide isole Hawaii, anche territorialmente remote dal subcontinente americano, divenute ufficialmente il 50° stato americano solo nel 1959. L’anno prossimo avrà forse luogo un referendum per chiedere l’indipendenza dagli USA. La storia delle Hawaii è storia di violenza, la morte di Cook, l’attacco di Pearl Harbour, di letteratura, da Mark Twain a Jack London, ma anche di un rapporto incerto verso gli USA, segnato da alti e bassi, adesioni e ripulse, a partire dalla seconda metà dell’Ottocento per finire con il 21 agosto1959, data ufficiale del riconoscimento dell’arcipelago come vero e proprio stato dell’Unione. Vi è un forte movimento indipendentistico nelle Hawaii (www.hawai-nation.org), che si batte per la sovranità e l’indipendenza, mostrando argomenti sia legali sia storici a favore di essa. Tutta la vicenda è ricostruita bene nell’articolo di wikipedia: http://en.wikipedia.org/wiki/Hawaiian_sovereignty_movement. Può darsi che gli abitanti di queste splendide isole riescano nel loro intento. E questo sarà un momento fondamentale per la storia. Renderà più facile, perché più accettabile dall’opinione pubblica mondiale, anche la libertà per la Venetia. Dalla Groenlandia alle Hawaii, ALOHA, dunque. Inizia forse quella “secessione a catena” di cui parla il filosofo politico H. H. Hoeppe, come unica o quasi speranza per l’umanità. Speriamo che anche a Venetia presto ci si possa adornare con le collane di fiori della libertà. Quei fiori, forse gli unici, che non appassiscono mai.
Di colore amaranto, il colore che, come dice il suo nome, “non appassisce”. Mai.
Paolo Bernardini
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