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Dell’indipendenza e della presunta difesa degli interessi veneti nel governo italiano

Perché i ministri veneti al governo non risolvono i nostri problemi e perché un candidato leghista in Regione Veneto è una iattura

In questi giorni torna alla ribalta l’ipotesi di una candidatura unica leghista per il pdl per le prossime elezioni regionali del 2010.
Al di là delle valutazioni sulla validità della persona, resta da capire quale sia l’interesse da difendere per i veneti e quale debba essere la scelta politica migliore da fare.
È infatti evidente a tutti che la coalizione di centro-sinistra italiana è morta e defunta e che il suo cadavere puzza ed ingombra, ma dev’essere altrettanto chiaro che il bene del Veneto non sta di sicuro nemmeno nei filo-governativi schiavi politici, se non adulatori, della mafia italiana. Anche e non ultimo perché il timone dell’interesse nostrano è in mano milanese e non veneta. Un esempio per tutti: posto che gli interessi di Malpensa siano difesi bene da chi dice di difenderli, a noi veneti cosa interessa del destino dell’aeroporto milanese, quando dobbiamo invece spingere il comparto veneto, che con Malpensa è in evidente concorrenza?

Non c’è alcuna possibilità quindi per l’economia e la società veneta di aumentare la propria tendenza con il federalismo fiscale d’accatto in discussione, con l’autonomia e men che meno con il centralismo, poiché il consiglio regionale del Veneto non avrebbe i poteri per affrontare i cicli economici di bassa crescita economia e declino del nostro territorio, come oggi sta per altro avvenendo.
Piuttosto di accettare questa situazione, come stanno invece facendo tutti i partiti presenti in Venetia, il PNV vuole implementare una politica economica che ci permetta di far crescere il nostro Paese. L’indipendenza darebbe al parlamento veneto i poteri per trasformare la Venetia in una società prospera con un alta crescita economica.
Grazie alle politiche più opportune condotte localmente, noi potremmo rendere la Venetia un posto più competitivo per fare affari. Politiche quali la riduzione della pressione fiscale ad un’aliquota unica del 15-20%, la riduzione dei costi burocratico-amministrativi per le piccole e medie imprese, l’implementazione di una politica di immigrazione selettiva per accogliere esclusivamente immigrati con le competenze di cui abbiamo necessità, ridurre o far sparire l’emigrazione dei giovani cervelli veneti. La revisione del sistema lavoro per garantire sicurezza ai lavoratori e al tempo stesso flessibilità e qualità professionale alle imprese. E la trasformazione del nostro tessuto produttivo in un sistema industriale ad alto tasso di innovazione e sostenibilità ambientale.
Da sole, come parte di una strategia economica più ampia, queste misure permetterebbero una crescita economica immediata e produrrebbero maggiore ricchezza da investire nei servizi pubblici che i veneti apprezzano, senza bisogno di aumentare le tasse. Questo approccio ha funzionato negli altri Paesi e non c’è alcuna ragione perché non debba funzionare anche in Venetia.

Un altro dubbio che i capi leghisti e dei partiti italiani inoculano nelle menti dei loro adepti è il seguente: non sarà mica che l’indipendenza ci farà perdere l’influenza che abbiamo essendo parte dell’Italia?

Questa tesi richiede che l’Italia al momento utilizzi la sua influenza per aiutare i veneti. Molti allevatori, agricoltori e imprenditori veneti la pensano in altro modo. Si è ben visto proprio in questi giorni che anche avere un ministro veneto pur bravo e lavoratore, oltrechè abile comunicatore, ma all’interno di un governo italiano, ci permette di ottenere ben poca cosa. Anche la vittoria più grande, come per esempio è stata quella in sede di Unione Europea, con l’aumento di un 6% delle quote latte (per tutta Italia e non solo per il Veneto, ben inteso) non ha di certo permesso di risolvere il problema delle multe di milioni di euro a danno degli allevatori, per colpa non loro, ma delle agenzie governative e regionali. E in ogni caso, i guadagni della filiera su quella produzione multata non stati toccati né tanto meno il gettito fiscale derivato di cui ha goduto lo stato. E non parliamo nemmeno del tempo che il ministro veneto spreca nella difesa di interessi che veneti non sono (a meno di definire tali il Brunello di Montalcino, o la mozzarella di bufala).
Gli enormi problemi degli allevatori e agricoltori veneti sono solo un esempio del fallimento italiano nella rappresentazione dei loro interessi in sede europea.
Solo con l’indipendenza i veneti eleggeranno i propri rappresentanti per portare in Europa le priorità venete.
Proviamo a paragonare l’influenza di un piccolo paese dell’Unione Europea, che può essere notevole, con la completa assenza di rappresentanza veneta nelle istituzioni europee chiave.
Il Veneto indipendente utilizzerà la sua piccola dimensione per avantaggiarsi nel negoziare il proprio ingresso in UE. I piccoli stati hanno infatti la tendenza ad una maggiore flessibilità e possono quindi adottare le proprie posizioni negoziali in modo più semplice. Allo stesso tempo tale flessibilità è spesso rafforzata da e collegata al fatto che essi dimostrano maggiore coesione sociale o unione in ambito domestico rispetto ai paesi più grandi.

Lo stesso vale per l’attuale consiglio regionale veneto, che ha pochissimi poteri, quasi insignificanti ai fini delle decisioni importanti sul nostro futuro. Anche eventuali forme di devoluzione di poteri o di autonomia, per quanto siano auspicabili rispetto alla situazione attuale, sono chiaramente cosa ben diversa dall’indipendenza.
Il consiglio regionale ha aumentato il proprio grado di democrazia e responsabilità, ma fino al raggiungimento dell’indipendenza sarà rigidamente limitato nei propri poteri, in quanto
Roma mantiene il controllo su aspetti fondamentali.
La quasi totalità del sistema fiscale è determinato dal parlamento romano, che decide cosa tu devi pagare come tasse sul reddito e Iva e che incamera anche le tasse sulle imprese, incluse le rendite turistiche. Anche attraverso la massima concessione governativa, ben al di là dal venire, si parla di un misero 7% di tasse gestite in Veneto. L’indipendenza permetterà alla Venetia di introdurre un sistema di tassazione onesta e darà al parlamento veneto i poteri finanziari per permettere la crescita dell’economia veneta.
Anche per quanto riguarda le risorse lasciate alla gestione degli enti locali veneti, non è la Venetia ma Roma a decidere il budget complessivo da spendere nelle materie di competenza locale.
Gli enti locali non hanno alcun potere di tipo previdenziale o per introdurre pensioni sociali.
Il governo della Venetia non ha voce nel mondo e non è presente nei tavoli decisionali europei.
Il consiglio regionale non ha alcuna voce in capitolo su temi che riguardano la difesa, come ad esempio le decisioni se mandare o meno soldati veneti nei fronti di guerra, il futuro sulle truppe venete, o anche il solo semplice fatto che il nostro territorio viene utilizzato come base per armi nucleari.
Il sistema radiotelevisivo veneto è interamente gestito da Roma, non in Veneto, pur dove sono presenti i ripetitori che ci inquinano la mente con programmi di scarsissima qualità e spesso improntati al disprezzo e alla derisione di ciò che è veneto.
Il consiglio regionale veneto è limitato dalla costituzione italiana che rigidamente si arroga competenze sottraendole alla potestà veneta.
È Roma che raccoglie i soldi dei veneti e decide cosa e quanto poco spendere direttamente o restituire agli enti locali veneti per servizi in Venetia.
Il consiglio regionale veneto ha meno poteri di qualsiasi altro organo legislativo europeo, devoluto o indipendente per decidere come raccogliere le proprie entrate. Il Veneto (e per estensione la Venetia) ha meno controllo sui suoi affari delle Fiandre, dei Paesi Baschi, della Catalogna, della Baviera, o di Malta!
Gli enti locali veneti praticamente hanno le mani legate, perché ogni decisione sul metodo di raccolta delle risorse finanziarie è preso a Roma.
Dobbiamo trasformare il consiglio regionale veneto (e delle comunità limitrofe che si riconosceranno nella Venetia) in un autentico, indipendente parlamento della Venetia, con tutti i poteri che dall’indipendenza derivano.
Solo con maggiori poteri al parlamento della Venetia e in ultima analisi con l’indipendenza, il legislatore veneto potrà fare il bene del popolo veneto che lo ha eletto a rappresentarlo.

Ecco perché al Veneto serve un presidente della regione indipendentista e non un passa-ordini di Roma, o di Milano.

GB

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