Ripubblichiamo un intervento di Lodovico Pizzati apparso sul blog noisefromamerika.org, molto noto in particolare tra gli economisti. Invitiamo a leggere anche i commenti che i lettori del blog stanno apportando ed eventualmente contribuire all’interessante dibattito in corso
di Lodovico Pizzati, 15 Settembre 2008
Vi propongo uno spunto di riflessione per quando il federalismo all’italiana si rivelerà un’enorme delusione. Aggiungo “all’italiana” perché quello che è stato proposto da questo governo, federalismo non è. Perlomeno non combacia con la definizione di federalismo riconosciuta in altre lingue. Ma se volete dipingere le banane d’arancione e chiamarle carote, ok ci adegueremo. Aggiorneremo i dizionari spiegando che “federalismo” non si traduce con “federalism”, come del resto anche “liberal” ha assunto un significato diverso da “liberale”. Nessun problema.
Il parlamento italiano approverà questa riforma centralista e nulla cambierà, ma invece di fare polemica vorrei far notare che una vera riforma federalista non era comunque possibile all’interno dello stato italiano, neanche se ci fosse stata un’autentica volontà politica per farlo. Al contrario di altri paesi non è per niente fattibile che lo stato italiano lasci che parte della politica fiscale (come ad esempio l’Iva in Usa) venga decisa a livello regionale senza sue interferenze. Non è proprio pensabile lasciare che ogni provincia si arrangi a pagare sanità, istruzione e pensioni dei propri cittadini, finanziando queste spese con moderate imposte sul reddito decise nei vari capoluoghi, e lontano dalle grinfie di un ingordo governo centrale.
Questo non è possibile perché il grosso dell’ingiustizia non riguarda la relazione tra varie regioni. Il peggio non sta nel cronico flusso d’assistenzialismo verso Sicilia e Alto Adige. Non è questa la causa principale dell’emorragia di risorse in Lombardia e Veneto. Campania, Calabria, Sicilia non sono le regioni che soffrirebbero da un vero federalismo, perché queste si adeguerebbero con molta più flessibilità di quanto non si creda. La sanguisuga, il parassita che dissangua i cittadini di quasi tutte le regioni, è radicata nella cultura centralista italiana. Un vero paese federale deve avere un governo centrale snello, e invece il primato in debito pubblico rivela decenni di irreversibile perversione. Basta paragonare gli stipendi di parlamentari italiani con altri paesi per avere un’intuizione dell’iceberg che si nasconde sotto.
Ci vorrebbe un articolo più tecnico e dettagliato per approfondire perché un vero federalismo non è realizzabile nello stato italiano, ma lo scopo di quest’articolo è semplicemente di introdurre un’alternativa. Mi limito a ricordare che se solo si lasciasse a Veneto e Lombardia (che contribuiscono pressappoco un 30% al buco nero delle finanze italiane) trattenere una minima parte di questo spolpamento, lo stato schizzerebbe verso l’insostenibilità fiscale. La salute di questo stato assomiglia ad un corpo stanco, anziano ed ammalato che adesso paga il prezzo di una vita di malgoverno incallito, sfibrato da un debito pubblico gigantesco, un tumore grottesco, una protuberanza che pesa il 105% rispetto al resto dell’economia.
C’è forse un altro motivo per il quale un vero federalismo non è possibile per lo stato italiano. È una ragione magari banale, basata su una prospettiva storica (ma anche solo sulle origini del significato: foedus, un contratto firmato da entità politiche indipendenti). Non mi risulta che le federazioni siano mai state il frutto di un processo di decentralizzazione, ma al contrario sono uno strumento di controllata centralizzazione. Di solito le federazioni vengono stabilite da entità politiche indipendenti che si federano per far fronte ad un pericolo esterno. È il caso delle colonie americane appena dopo il 1776, ma anche della Svizzera, della Germania, e a suo tempo anche dell’Altipiano di Asiago (per star più vicini a casa mia). Non si è mai visto uno stato centralista che conceda ai suoi sudditi le libertà previste da un vero federalismo. Forse esiste qualche caso contrario, ma dubito che il regime italiano farà eccezione.
Così, tra un anno o due lo stato italiano starà risentendo il peggio di questa recessione da poco iniziata. A questo va aggiunto il declino strutturale decennale che affligge l’economia succube di questo sistema. Come visto nel grafico (dati Eurostat), la Spagna ha già compiuto il sorpasso di Pil pro capite nel 2005, e quest’anno tocca alla Grecia superarci. Fra un paio d’anni celebreremo lo scavalcamento della Slovenia, e speculeremo se i cechi ce la faranno a staccare gli italiani entro il 2012.
Ecco che fra un paio d’anni, nel mezzo di questo grigio scenario, sarà anche completamente smascherata la fregatura di questa recente pseudo-riforma presentata dall’attuale governo. “Federalismo” diventerà una parolaccia. Allora, prima che il parassita sbugiardato escogiti un’altra carotina per trainare le speranze dell’elettorato, vi invito a considerare questa alternativa. Nelle Venezie c’è chi lavora non per istituire una regione federata ma uno stato indipendente, come è già stato per 1100 anni. Questo significa che la Venetia – che comprende il Triveneto, ma anche le province della Lombardia orientale, trova nel diritto internazionale (senza più contraddire la legislazione italiana) una ragione legale di esistere e di esigere la propria istituzione come, appunto, stato indipendente a tutti gli effetti. Sì, proprio come l’Irlanda, la Danimarca, la Norvegia, e l’Austria, paesi con una popolazione ed un Pil numericamente simili a quelli della Venetia, e tutte nazioni tra le più floride al mondo.
Ecco per esempio il percorso, definito nel sito del Partito Nasional Veneto (PNV), da queste tre boe istituzionali:
1) Il principio di autodeterminazione dei popoli è una norma di diritto internazionale che produce effetti giuridici per tutti gli stati. È entrato in vigore in Italia con la legge n.881 del 25 Ottobre 1977 (ratifica ed esecuzione del patto di New York). Si è propensi a credere che un processo di indipendenza comporti un percorso violento, ma in gran parte dei casi non è così. Pensate che nel 1945 c’erano solo 74 stati indipendenti, mentre oggi (dopo 63 anni) ce ne sono 195. La Rep. Ceca, la Slovacchia, la Lituania, la Lettonia e l’Estonia hanno tutte raggiunto l’indipendenza pacificamente. In Montenegro nel 2006 hanno semplicemente votato in un referendum con partecipazione oltre l’80% e con più del 55% a favore dell’indipendenza. Ora godono di imposte fiscali del 12% e hanno un tasso di crescita elevatissimo. Vogliamo aspettare che ci sorpassino anche loro in Pil pro capite?
2) Il popolo veneto trova definizione legale secondo l’art. 2 della legge statale n. 340 del 22 Maggio 1971 il quale dice: “L’autogoverno del Popolo Veneto si attua in forme rispondenti alle caratteristiche e tradizioni della sua storia”. Questa forse è la parte più difficile. Perché questo accada una regione dovrebbe eleggere un consiglio regionale in maggioranza indipendentista che richieda un referendum con monitoraggio internazionale con quesito di indipendenza. Per quanto improbabile, penso sia sempre più fattibile che qualsiasi altra soluzione concreta che passi per Roma. Per raggiungere questo obiettivo basta un consenso a livello regionale, anziché a livello italiano. Questa è la strada perseguita dal PNV, unica formazione politica a proporre questo percorso semplice e legale. Si tratta di chiedere agli abitanti veneti se vogliono vivere in uno stato veneto indipendente, un elementare concetto di autodeterminazione, una domanda più che motivata visti i risultati elettorali veneti negli ultimi decenni.
3) Dal Febbraio 2006 questo progetto politico non è più reato d’opinione. L’Articolo 241 del codice penale italiano recitava: “Chiunque commette un fatto diretto a sottoporre il territorio dello Stato o una parte di esso alla sovranità di uno Stato straniero, ovvero a menomare l’indipendenza dello Stato è punito con la morte* ”. Questa era una legge ereditata dal passato fascista dello stato italiano. L’asterisco è stato aggiunto dopo per alleggerire la punizione: “* La pena di morte è stata soppressa e sostituita con l’ergastolo”. Fatalità, in questi ultimi anni l’Unione Europea ha fatto pressione sulla Turchia (per escluderla dalla Ue) perché le leggi turche non rispettavano i diritti internazionali delle sue minoranze. La Turchia giustamente ha fatto notare che anche l’Italia ha delle leggi vergognose nei confronti della libertà di pensiero. E così l’Italia, con totale imbarazzo europeo, fu costretta ad abolire questa comoda legge a favore dello status quo, e a legiferare la legge n. 85 del 24 Febbraio 2006 che consente la libertà di opinione e di azioni democratiche per l’indipendenza di territori dallo stato italiano.
Per questo ora possiamo trattare serenamente di tale argomento, e auspicare l’indipendenza veneta senza timore (io lo facevo anche prima, ma fa niente). Quindi, ecco il punto di riflessione che vi propongo. Invece di lamentarci delle oscenità di uno stato impossibile da riformare e di criticare le assurdità di questa Cecoslovacchia verticale, prendiamo in seria considerazione la fattibilità di alternative come questa: www.firmiamo.it/veneto-indipendente. A me questo percorso appare, per quanto impervio possa sembrare, più realistico che sperare di poter ristrutturare un cimelio ottocentesco.
Lodovico Pizzati
link all’articolo originale e ai commenti sul blog di noisefromamerika.org
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