Con la rivolta di Guadalupa (nome originale: Guadeloupe), ormai sempre più in via di trasformazione in una guerra civile che potrebbe contagiare la vicina Martinica, e mostra già segni di contagio anche alle Réunion, non è la semplice degenerazione di una protesta nata nel segno del bisogno, ma nasconde una insofferenza al dominio francese.
Lollia, il capo dei sindacalisti dell’LKP, appena lasciato l’ospedale con un collarino, ha infatti urlato alla folla inferocita “La libertà comincia oggi”, “Domani, tutti di nuovo in piazza”.
Ed altre frasi urlate come “La Guadalupa è nostra” non lasciano spazio a dubbi sul risentimento sommerso che media distratti, visitatori e tantomeno turisti hanno mai percepito, come del resto sempre accade. Quanti turisti hanno affollato le coste della ex Yugoslavia senza rendersi conto, fino all’ultimo giorno, dell’imminenza di una guerra?
Chi ha letto Cigno nero, forse intuisce che dietro questi fenomeni celati agli occhi dei più, spesso a quelli degli stessi protagonisti, improvvisamente scaturisce provodando un evento apparentemente inatteso, ma effettivamente travolgente. Difficile oggi dire dove la Guadalupa andrà a finire, se rientrerà come nel caso delle Banlieu o se precipiterà in una condizione irreversibile. Certo è che il movimento unitario dei manifestanti porta un nome alquanto significativo: “Collettivo contro lo sfruttamento”, che evoca un misto tra ideologia marxista e orgoglio nazionalista; come quello che da decenni serpeggia nella Corsica, isola che peraltro non può essere esclusa dal poter diventare il prossimo appuntamento, soprattutto considerando che da quell’isola caraibica si guarda proprio alla Corsica ascoltando il grido di una ragazza espresso davanti le telecamere delle tv: “Dobbiamo fare come i corsi, cominciare con le bombe”. Parole profetiche dato che oggi, 19 Febbraio 2009, siamo arrivati allo scontro a fuoco, e da Parigi arrivano le prime critiche a non aver usato fin da subito l’esercito; perché è questo che si fa con i colonizzati: si manda l’esercito, meglio se richiesto dagli stessi che li governano sul posto.
Eppure in apparenza tutta la questione sembrava essere partita da un problema salariale e di prezzi eccessivamente elevati (una amica francese il cui marito vi ha vissuto mi raccontava che il costo della vita è ben più alto che in Francia) culminate con la constatazione dell’avere inutilmente speso le proprie richieste al governo centrale di Parigi. Un problema economico da cui ora, per merito di certi slogan, sembra emergere l’idea di sottomissione e sfruttamento, un classico dopotutto avvenuto in tutti i paesi che si sono ribellati alla loro colonizzazione; perché non possiamo dimenticare che la Francia resta per Guadalupa l’ultimo colonialista.
Anche nelle Venezie si è spesso invocato il governo romano, che però volge il suo sguardo altrove, e concede l’elemosina di una tangenziale dopo trent’anni, mentre non manca di inviare 825 nuovi agenti della finanza per essere certo di spremere e mantenere sotto controllo le attività produttive della sua vacca (magra) da mungere fino alla morte. Al contrario, in una regione dove l’evasione fiscale è a livello doppio di quella delle Venezie, sono in esercizio 20000 forestali; tutti, i forestali e gli agenti della finanza, pagati con i soldi rubati ai cittadini delle Venezie.
Claudio G.
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