Oggi si sono susseguite notizie che fanno di questo stato italico un esempio sempre più forte di inciviltà.
Notizie che ci portano sempre più vicini ad un regime.
Con una velocità degna di miglior causa, nello spazio di poche ore il parlamento italico ha varato ieri l’emendamento della vergogna, che non esitiamo a definire un puro e semplice attentato alla libertà di opinione, una legge medievale approvata dalla casta dei politici italiani che hanno una paura matta di noi internauti.
Hanno paura, questi assassini dei nostri diritti naturali.
Sono in malafede e l’hanno confermato con l’azione promossa dal governo poche ore dopo e con il pressing istituzionale di queste ore sul caso Englaro che mira a mettere bene in chiaro una cosa: lo stato italiano è il nostro padrone assoluto. E tutto ciò che fa lo fa solo per qualche voto, per ingannarci una volta di più.
Tale atto di forza và ben al di là del caso di coscienza su cui ognuno di noi ha le proprie sacrosante e rispettabili idee e valori. E’ la dimostrazione che questo mostro totalizzante che ci deruba, ci opprime, ci nasconde la nostra storia veneta, nega a noi Veneti la dignità linguistica, ci impedisce di esprimere le nostre opinioni con leggi birmane, ci impedisce perfino di morire in pace con leggi iraniane e se per caso non gli riuscisse si autotrasforma cambiando la costituzione come i serpenti cambiano pelle, ecco questo stato assassino è il nostro nemico più grande, il drago da abbattere prima che ci sottragga anche quel pò di dignità che ci è rimasta.
Noi Veneti non ne vogliamo più sapere di lorsignori, siamo stufi di mantenervi a sbafo, siamo stufi di lavorare come cretini per permettervi di fare ciò che volete, dimostrando tra l’altro l’incapacità più totale di fare alcunché che non sia oppressione.
In questo panorama, qualche importante diplomatico oggi ha messo in dubbio la possibilità di mantenere unito questo stato.
Bene, liberiamoci da questa schiavitù totale, costruiamo finalmente un ambiente migliore in cui vivere, la Venetia libera e indipendente dallo statalismo che ti comanda dovunque, dal primo elain vital fino all’ultimo sospiro… e anche dopo.
Gianluca Busato
segretario Pnv
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Questo Veneto è in difficoltà, i dati lo dimostrano e il naso lo suggerisce, nel senso che basta girovagare e sentire le voci, gli umori, vedere i fatti concreti per rendersene conto abbastanza velocemente.
La locomotiva ha il freno di emergenza tirato, e il macchinista confuso non sa dove sia la maniglia per lo sblocco, le ruote si surriscaldano e gli assi potrebbero presto cedere. Banalizzato e ricamato, ma non distante dalla realtà.
La società è incantata dalle magie di questo disastro finanziario in corso, tutti aspettano la botta, ma non ci sarà una vera e propria botta, piuttosto una battuta d’arresto seguita da un lungo, lento declino, l’agonia della balena arenata.
Il potenziale è lì, intatto e disponibile, ma la contemporaneità gli ha cambiato modi e nomi, e pare non si riesca più a riconoscerlo, come quando si rinomina un file e poi si chiede al pc di effettuare la ricerca con le parole chiave che lo identificavano prima. Il file esiste nell’hard-disk, ma non si riesce a rintracciarlo. Un esempio su tutti: può la regione italiana più frequentata a livello turistico, con una produzione agroalimentare di eccellenza, continuare ad investire sui capannoni che poi restano immancabilmente vuoti?
Forse c’è una mancanza di comprensione del modello evolutivo, o –peggio- un’idea di quel modello proprio non esiste? Ultimamente sembra farsi strada la seconda ipotesi, purtroppo.
Il Veneto ha la necessità immediata di rendersi di nuovo cosciente di avere in mano tutte le carte per giocare molte altre buone mani, come certi soggetti che posseggono materiale di valore inestimabile per la rete, ma lo veicolano con sistemi 1.0 che non ne consentono la diffusione, la condivisione, e quindi non consentono la crescita dell’intelligenza collettiva. Poi improvvisamente scoprono il web 2.0, e quei materiali vengono enormemente valorizzati a fronte di un investimento inesistente, perché quel valore era già intrinseco, solo sepolto dall’incapacità di metterlo a frutto.
Bisogna cambiare pelle, affidarsi a cervelli in grado di gestire la nuova era di questa regione e di quest’area (Nordest), per tornare ad essere un modello studiato, esportato e vincente.
come si vede caro BUSATTO si vive in un regime NAZIONALSOCIALISTA .
Senta Pezzato, Lei lo fa di proposito a scrivere commenti per usare immancabilmente la parola “Nordest”? Che poi è come dire: voi siete inesistenti, perché se io andassi in giro e la gente invece di chiamarmi per nome mi chiamasse genericamente “uomo” sarei un tantino infastidito, giacché, come è giusto che sia, ogni persona ha una sua identità anche ogni popolo ha la sua. Ed i Veneti hanno la loro di identità.
Io ritengo offensivo leggere questa definizione che non è nemmeno geografica, ma addirittura cardinale, per cui la prego di smetterla e di usare i nomi propri che prima ancora che del territorio sono delle persone che lo abitano.
Nel merito invece del suo intervento un po’ evanescente, non credo che spetti alle Venezie un qualche quolo a dover fare da modello per qualcuno. I modelli diventano tali quando sono guardati e imitati, ma sono gli altri a stabilirlo.
Allora evitiamo pretese inutili, soprattutto perché non c’è modo di “fare da modello” quando si è “sudditi”.
Caro Claudio, nessun intento provocatorio od offensivo, solo lo stimolo per ripensare proprio alle “categorie” con cui fino ad oggi determinati territori -e popoli- sono stati etichettati. Le parole sono strumenti, e spesso vengono usati per diluire i concetti, per renderli opachi, come è successo con il termine “Nordest”, e su questo concordo pienamente con te.
D’altronde ritengo che ogni autonomia (o indipendenza) segni un modello a sé, e non è proprio vero che il modello lo stabiliscono gli altri…altrimenti che autonomia (o indipendenza) è? Forse è proprio questo il punto di svolta, ritenere che invece i modelli li scelgano le popolazioni che abitano determinati luoghi, e che proprio in quei modelli comuni (sociali, economici, culturali) si riconoscono…e mi pare sia proprio l’obiettivo che si pone il vostro progetto politico.