I referendum sulla modifica della legge elettorale italiana sono stati un flop, con una partecipazione da record negativo del 23% si è concluso lo spoglio che lascia diversi interrogativi sulle ragioni di questa abdicazione popolare, più ancora che sul contenuto dei referendum stessi.
Le interpretazioni nei palazzi romani si sprecano, spesso con un velo ipocrita, taluni accennano perfidamente l’idea di mutilare in qualche modo lo strumento referendario.
A me sembra però che questa prova abbia dimostrato l’apatia degli italiani (e dei Veneti) verso ogni strumento che gli consenta di gestire la propria vita in modo diretto.
Per chi, come me, crede nella democrazia diretta potrebbe apparire come una smentita: alla gente non interessa.
In effetti gli italiani sono stati abituati ad essere passivi. Lavorano, e poi si acquattano davanti alla TV per drogarsi di vuoto mentale. “Fare politica? Ma per carità, fate voi, che poi almeno posso lamentarmi al bar.” Questa è l’essenza del pensiero italico.
D’altra parte l’offerta politica è desolante, si propone di una legge elettorale, di per sé porcata (come l’ha testualmente definita il “ministro per le semplificazioni” Calderoli in una intervista a Matrix), di modificarla con il bisturi per cesellarla con tecnicismi. Una operazione complessa.
Una prova ampiamente osteggiata dai vari partiti che ovviamente hanno trovato echo nei media che non hanno certo aiutato a promuovere questi referendum.
Io seguo da diverso tempo i referendum in Svizzera. Se ne fanno diversi all’anno, taluni si presentano complessi, ma occorre dire che viene riportata una sintesi esplicativa. Anche in Svizzera la partecipazione non è molto alta, in particolare quando c’è concentrazione di quesiti complessi e poco chiari.
Eppure, anche con poca partecipazione, lo strumento referendario (e meglio ancora di iniziativa popolare) resta un punto fermo nella definizione di Democrazia.
Il quorum non dovrebbe neppure essere considerato: dopotutto chi non vota si disinteressa del risultato, e dovrebbe lasciare che almeno coloro che ne sono interessati possano avere la loro voce.
Mi chiedo però se ai politici italiani non vada bene così, in fondo. Lo si capisce dalle varie dichiarazioni, che sanno molto di lacrime di coccodrillo. A furor di popolo (astenuto) si consegna nelle loro mani la totale rappresentanza senza appello. Rappresentanza blindata, occorre dire, poiché è quasi impresa impossibile per un nuovo partito presentarsi alla competizione elettorale. Le barriere sono molte. Iniziando dalla concentrazione di potere sui media e sui giornali (servili al potere), fino agli strumenti giuridici che di fatto rendono impossibile ad un nuovo partito il candidarsi per il parlamento, con diseguaglianza rispetto i partiti già in parlamento che godono di esenzioni da tali restrizioni mentre addirittura ricevono un rimborso come eletti!
Leggi sbilanciate, come la possibilità di candidarsi in diversi collegi, per esercitare potere feudale sui vassalli che coopteranno i seggi. Leggi, come questa elettorale, fatte di proposito per rendere impossibile una alternativa, leggi fatte per rendere impossibile una lecita concorrenza politica, leggi fatte apposta per essere impossibili da applicare per chi non è dalla parte giusta.
La tecnica è la stessa usata per le imprese, dove si promulgano leggi in quantità tale da risultare spesso praticamente inapplicabili, ma, all’italiana, tutto và avanti lo stesso. Con un disegno preciso: consentire a chi ha il potere di ricattare in ogni momento mediante i suoi sgherri, sia le imprese, che chi volesse competere democraticamente.
Si, stiamo parlando sempre di legge elettorale, oggetto della recente consultazione referendaria.
Una cosa importantissima, che dovrebbe mobilitare le folle.
Eppure gli italiani hanno abdicato. Un paese di finta democrazia con un popolo autenticamente disposto alla dittatura.
Claudio G.
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Molti veci dixe speso che al governo ga da pensarghe i politici, cioè ognuno ga i so doveri, chi che ga da lavorare e chi che ga da comandare e fare le leggi. La democrazia direta significa che tuti poe fare le leggi, e questo xe dificile da percepire da parte de un popolo che de fato voe esare comandà. La zente in Italia e nel Veneto xe solo pronta a obbedire a chi xe pì forte e a chi garantise vantagi personali. No ghe xe el senso del bene comune e de un etica dela responsabilità. Ma come poi podemo solo pensare che tuti gabia da interesarse dele robe del governo? Se i veneti capise i mecanismi dela politica, i vardaria manco tv e votaria pnv.