Leggo che nel Decreto Legge licenziato dal Parlamento si insiste nella norma relativa alla tassazione delle riserve aurifere (da ADN si legge):
TASSA SULL’ORO. Aliquota al 6% con un tetto di 300 milioni di euro sulle riserve alle quali si applica. Nel testo viene anche specificata la necessità di un parere non ostativo della Bce e di Bankitalia.
Mentre dalla BCE era già stato comunicato che tale ipotesi è in contrasto con le regole del sistema monetario, e si profilava il deferimento dell’Italia alla Corte di Lussemburgo se non veniva rimosso l’articolo del DL che introduce la tassa. Ma ad arte Tremonti ha fatto in modo che l’articolo sia la classica commedia all’italiana: inserisce infatti la clausola della non ostatività da parte della BCE e di Bankitalia, insomma della serie “ce provo” (credo che alla romana si dica così), ma soprattutto alza fumo negli occhi dei polli elettori che credono a queste pagliacciate …fumo dorato, appunto.
Perché parlo di pagliacciate? perché la BCE può imporre il suo veto alla tassazione sull’oro? Cosa significa tassare l’oro?
Inizio con l’ultimo punto. Prima di tutto occorre capire che l’oro ancora oggi rappresenta un punto di riferimento per i valori monetari. Il gold standard, ovvero la convertibilità dei simboli valutari (la CARTA moneta) non è più in essere da molto tempo, eppure l’oro rappresenta ancora un riferimento di valore, anzi forse proprio per questo rappresenta ancora di più un valore. Ed il fatto che il governo italiano voglia metterci le mani, e che alla BCE si accendano i lampeggiatori rossi se si tocca l’oro, indica che questo metallo è ben lungi dal non essere punto di riferimento quale valore, insomma è una implicita ammissione che alla fine la carta resta CARTA, l’oro resta VALORE. Dunque cosa significa tassare l’oro? Dare risposta a questa domanda darà anche una parziale risposta al perché dico che il governo ha fatto una pagliacciata con questa tassa (salvo che non intenda andare a risponderne alla Corte di Lussemburgo). Se l’oro rappresenta un valore REALE, tassarlo significa appropriarsene ed in cambio rilasciare CARTA. Infatti la tassazione sostituisce la mancata vendita di titoli di stato, che altro non sono che dei “pagherò” (…forse 🙂 ) quindi CARTA in cambio di VALORE REALE, ma questo significa anche creare svalutazione, ovvero riduzione del valore della CARTA moneta, perché si chiede di pagare la tassa con quella carta, che paga se stessa (in cambio di debito pubblico) in una spirale che si chiude solo con un quantitative easing, ovvero la stampa (virtuale) di cartamoneta.
On xugo de busoloti insomma.
E qui veniamo al perché la BCE può intervenire. Si deve ricordare che con la sottoscrizione del trattato di Maastricht, l’Italia ha ceduto la sovranità monetaria alla BCE, nessuno, eccetto la BCE, può decidere le politiche monetarie, dalla stampa alla gestione del controvalore (siano essi beni, capacità produttiva espressa in PIL o …ORO!). Tassare l’oro, come abbiamo visto, equivale ad alterare il rapporto di valore che esiste tra la CARTAmoneta e un bene REALE, questo significa alterare il valore dello stesso euro. Ecco perché la BCE scatta in allerta se si tocca l’oro.
Ed infine ecco la pagiacciata: il governo con questa norma illude di tassare un valore, per ricavarci la bellezza di 1 miliardo di euro, ma sarà molto difficile che ciò si verifichi perché se la BCE sorvola su un aspetto di questo tipo, subito saranno pronti gli altri stati ad aprofittarne, il trattato di Maastricht diventa carta igienica, mettendo in discussione la stessa moneta unica.
Claudio G.
If you liked my post, feel free to subscribe to my rss feeds
New blog post: Il fumo dorato del DL anticrisi http://bit.ly/3UgjYX
El valòr d el’òro el xè isteso dela càrta, se tràta de convensiòn. L’òro el pol ver do valòri : on de utilità pa costruìr ròbe eletronega, càvi… e naltro convensionàl. Sòto sto segon ponto de vìsta el xè conpàgno dela càrta.
El fàto de tasàrlo a xè pì on segnàl ca el goerno italiàn el vol ca la xènte crònpe schèi pa drogàr mejo l’economìa e rèndarla pì volàtile.
Ad ogni mòdo, le xè tute considarasiòn sojetìve. El valor de l’òro el xè convensionàl fa la càrta.
Raffi, forse non ho chiarito bene un aspetto. Anche l’oro ha una sua componente “facciale”, ovvero convenzionale: quando lo si conia in monete e vi si attibuisce un valore nominale. Esistono allora due valori che la moneta porta: il suo peso (ammesso il grado di purezza 24K) e il suo valore nominale. Nominalmente potrebbe valere 10, ma il suo valore intrinseco, dato dal suo peso, sarà diverso, e dipendente dal mercato. La carta però è priva del suo valore intrinseco (salvo non si voglia considerare il valore di pochi grammi di CARTA). Perciò la cartamoneta ha solo un valore nominale, che è manipolabile, mentre l’oro (come per altri metalli e materiali di pregio) mantiene un suo valore intrinseco che normalmente (sempre avvenuto nella storia) tende a sovrastare alla fine quello nominale. L’oro lo puoi fondere, e non ne perdi il suo valore intrinseco. La carta, dopo averla bruciata, resta cenere!
Certo un valore convenzionale quello dell’oro, ma una convenzione determinata dal rapporto della domanda e della offerta (che altro sarebbe un valore?) su una entità ben precisa sulla quale nessuno può barare: il suo peso puro.
Questa è la ragione per cui l’oro resta un valore di riferimento, questa è la ragione per cui la tassazione di questo asset diventa una implicita manipolazione della relazione che ha la cartamoneta con l’oro.
Dimenticavo. Tassare l’oro è un po’ come tassare il danaro, tuttavia dato che non sarebbe tassato il danaro di carta, si vorrebbe apparentemente svalutare l’oro sfavorendone la detenzione (che sarebbe soggetta a tassazione), ma in realtà alla fine evidenzia la debolezza della carta. Una norma di questo genere poteva funzionare in un sistema chiuso ed autarchico, non in un mercato libero di uno spazio economico unificato come quello rappresentato dall’eurozona.