Non esistono le scorciatoie romane, ma solo ab-buffoni nei palazzi del potere ladro e truffaldino e sceneggiate elettorali prive di consistenza
Il ritornello è ben noto e ripetuto, magari i temi variano, ma puntuale come le tasse italiane, ogni estate arriva qualche “boutade” leghista.
A qualcuno, lo ammettiamo, ci avevamo creduto anche noi vent’anni. Un’estate, forse di 13 anni fa, per esempio, si poteva leggere sulle prime pagine dei giornali un titolone da far venire i brividi: “FACCIAMO SALTARE I TRALICCI DELLE TV”. La minaccia sembrava seria, tutte le forze politiche di allora condannavano l’evocazione violenta del leader maximo varesotto. E i giovani e i militonti invece ci credevano, eccome. Fiumi di camicie e fazzoletti verdi invadevano Venezia il 15 settembre del 1996. Una catena umana lungo il Po sembrava segnare addirittura la nascita di una nuova nazione, quella che oggi appare evidente essere solo una little italy, al di qua dell’oceano. Da allora si sono succeduti i richiami ai proverbiali “fucili”, o ad altre amenità del folgorato sulla via di Luisa Corna, pardon, di Damasco.
Sempre e solo bufale estive, con l’unico deliberato obiettivo di assicurarsi il posto in prima fila nella mangiatoia romana, ben alimentata con i soldi rubati a noi Veneti. Oggi ci sono i test di “dialetto” per i professori. E già questo denota quantomeno una profonda ignoranza dei soloni lumbard, visto che quella veneta è una lingua, non un dialetto. Una lingua riconosciuta da ben due leggi regionali, così come dall’Unesco, ma non dallo stato italiano, pur governato dalla stessa lega nord, che dal 1999 si rifiuta di rispondere alla risoluzione 262 della Regione Veneto e di riconoscere il nostro idioma come lingua, pur essendo la ventesima lingua più parlata in Europa. Ecco che allora, prima di guadagnarsi facili titoli sui giornali, tutti i parlamentari veneti, di qualsiasi formazione politica dovrebbero da subito impegnarsi ad obbligare il parlamento italiano nel riconoscimento appunto della nostra lingua veneta.
Detto ciò, non ci resta che ribadire che l’unica via per tutelare la nostra lingua, la nostra storia e la nostra cultura passa sempre e solo per la nostra indipendenza politica. L’indipendenza ci è necessaria per far battere nuovamente il grande cuore veneto presente in ogni dove. Basta che ci guardiamo attorno: ci accorgeremo che il Veneto è un grande museo a cielo aperto.
L’indipendenza è necessaria anche per rispondere al meglio a un’altra questione di cui si dibatte in questi giorni: la sanità e tutti i servizi di pubblica utilità in genere. Solo con l’indipendenza saranno assicurati miglioramenti sostanziali in tal senso.
Gli attuali consigli regionali e provinciali veneti hanno già i loro assessorati e dipartimenti preposti all’agricoltura, istruzione, ambiente, sanità, industria, affari sociali, ordine pubblico, lavori pubblici e altri ancora. Tali assessorati hanno già uffici e strutture che saranno utilizzate con una logica di risparmio e continuità anche dopo l’indipendenza.
Dopo l’ottenimento dell’indipendenza, però, i funzionari e gli impiegati che vi presteranno servizio risponderanno al servizio pubblico veneto e non italiano come avviene ora, anche se su base regionale.
Le commisioni mediche e i consigli di amministrazione sanitari, le autorità locali, la scuola e la polizia continueranno ad essere finanziati dal governo veneto. La differenza è che con l’indipendenza, il denaro allocato nei servizi pubblici rifletterà il grado di benessere della Venetia.
Nell’attuale Italia, molti servizi pubblici hanno il destino obbligato di una privatizzazione incombente causata dall’incapacità gestionale e dallo sperpero di denaro pubblico della politica italiana. La tradizione solidaristica e mutualistica veneta potrà invece essere preservata grazie all’indipendenza che restituirà tali servizi e strutture al buongoverno della cosa pubblica, per il bene di tutti noi.
L’indipendenza ci darà grandi opportunità per una visione differente e più responsabile di tutti i servizi pubblici in Venetia.
Per concludere con l’ultima sceneggiata estiva tra i vari Galan, Brunetta e Cacciari che tanto si dannano per dimostrarsi i migliori “gestori italiani” di Venezia (magari affiancandosi a “compagni” di partito che vogliono trasformare l’Arsenale in albergo), quale migliore esempio dei benefici apportati dall’indipendenza se non proprio la condizione di Venezia, che potrà tornare ad essere la capitale che si merita, oltreché la più bella città del mondo?
Gianluca Busato
segretario PNV
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