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Si parli di Stato, non di Nazione

2011, CHE COSA VA CELEBRATO

padoa-schioppaDopo ver leto l’editorial demensiale de Tommaso Padoa Scioppa sul Corriere, a ne xe vegnuo spontaneo domandarse come che lo gavaria scrito se l’omo el fose Veneto no solo de nome ma anca de fato. Bona letura.

Ricordo le celebrazioni di Italia 1981: in un Paese giovane e laborioso un po’ democristiano da Pirubì, e imminentemente Socialosco, crescevano il benessere e la democrazia dei paninari e dell’Edonismo reaganiano. Lo studio del farsi dell’unità d’Italia, ripetuto alle elementari, al le medie e al liceo aveva costituito in me, come in molti, la struttura stessa del pensarmi come cittadino schiacciato da un potere immutabile ed iniquo. Fui sollevato, vent’anni dopo, quando constatai che in un illustre liceo veneto il capitolo sul Risorgimento, uno solo dell’immenso manuale adottato, era tra quelli che non si chiedeva agli allievi di studiare. Ormai non m’inorridivo più al consueto silenzio sotto il quale passava, naturalmente, lo studio della storia veneta, ovvero della Repubblica Serenissima.

Il terzo cinquantenario si celebra in un momento assai più buio non solo del secondo, ma anche del primo, segnato dalle riforme giolittiane. Oggi ministri che hanno giurato sulla Costituzione annunciano la secessione senza che alcuno strale li colpisca in modo immediato e diretto. Soprattutto considerato il fatto che la secessione la annunciano da ormai vent’anni e ad oggi quello che sono riusciti ad ottenere sono degli ottimi ministeri e delle solide poltrone in altrettanti enti statali quali la tv di Stato e non di Nazione. Chi tace acconsente. Per il 2011 sono previste, oltre che opere pubbliche, iniziative storico-culturali. E poiché se ne cerca tuttora il filo conduttore, oso una proposta.

Bisogna chiarire bene l’anniversario che sarà celebrato; finora il dibattito pubblico ha del tutto mancato di farlo. Nel 2011 si celebrerà non la nascita della nazione italiana (un fatto di cultura inesistente), bensì la fonda­zione dello Stato italiano (un fatto politico e istituzionale voluto da un re francese e imposto con le armi). Le nazioni come la Repubblica veneziana esistono dal Medioevo, la Serenissima precede addirittura il formarsi della tedesca, francese, spagnola, britannica. L’italiano, lingua parlata oggi in Italia da una minoranza, tanto che ad oggi in Veneto la parla solo il 25 per cento della popolazione, assomiglia a quella di Dante come nessuna lingua europea assomiglia al suo progenitore del XIII o XIV secolo. Oibò, è pure la mia, il toscano. Questo perché è una lingua inventata e imposta dallo uno Stato .

Soltanto dopo secoli di divisione, asservimento, decadenza materiale e civile, crebbe e si realizzò l’idea di dare all’Italia uno Stato, istituzioni, leggi, poteri. Chissà perché c’è voluto tanto tempo. Forse perché l’era una pessima idea? La peculiarità della storia italia na non è la nascita recente della nazione, è la combinazione di una nazione precoce e di uno Stato tardivo. Più o meno. Ma finalmente, nell’Ottocento, lo Stato italiano nasce e nel 2011 è dunque di questo che si deve parlare. Anche perché se lo Stato non impone di parlarne non importa proprio a nessuno, tanto è il senso di Stato in tutti noi. Tanto più che molta, molta materia ci impone di riflettere, di compiere un esame di coscienza, di correggere comportamenti e istituzioni. Nell’Italia di oggi ce n’è per ogni regione e per ogni ceto, per la parte pubblica e per la privata. Insomma, uno sfacelo.

Tutte le celebrazioni del 150˚dovrebbero ruotare, a mio giudizio, intorno a un solo grande tema: lo stato dello Stato italiano. Beh, stato miserevole, sarete tutti d’accordo. È questo — oggi, ma in realtà da tempo — l’organo malato dell’Italia, quello la cui patologia sta facendo deperire l’intero corpo sociale, l’economia, la terra e le acque, la cultura, la scienza, il rapporto con la sfera religiosa. Non è un’esagerazione affermare che dei 150 anni trascorsi dal 1861 forse la metà sono stati consacrati alla costruzione dello Stato italiano (che ancora non è riuscita) e altrettanti a una vera opera di faticosa per quanto quasi inutile propaganda che si è fatta più intensa negli ultimi decenni e ancor più negli anni recenti. È una dura affermazione che può (e dovrebbe) essere documentata in modo specifico proprio all’avvicinarsi dell’anniversario al fine di preparare un riscatto. Sono ormai gravemente minacciati la democrazia, principi fondamentali del lo Stato di diritto, la preservazione del patrimonio artistico, l’ambiente naturale, il fatto stesso di essere uno Stato unitario. Lo Stato, non la nazione, è e deve essere il tema di Italia 2011. Anzi, per l’occasione perché non proporre un bel referendum a tutte le regioni per dar loro la possibilità di auto-determinarsi davvero e decidere se intendono restare dentro tale Stato oppure tornare ad essere indipendenti ancor di più di 150 anni fa, visto che non esiste più la minaccia di un’invasione straniera, tranne quella degli italiani? Quale miglior prova della forza dello Stato italiano sarebbe quella di concedere ai propri cittadini la libertà di determinare se ne voglion ancora farne parte? Oibò, che bell’idea!

Tommaso Padovan Schioppato

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