di Lodovico Pizzati
pubblicato su noisefromamerika.org
Non è evasione fiscale né sciopero fiscale.
Si tratta di un argomento che può far dibattere a diversi livelli. In questo articolo introduco la questione, dato che il nostro Sandro Brusco ne discuterà alla Bocconi martedì prossimo in un incontro chiamato Rivolta Fiscale. Ovviamente io mi arrischio a dare la mia visione della cosa, che non deve necessariamente coincidere con quella di Sandro.
Premetto che questo non è uno di quegli articoli di nFA dove un esperto in materia vi spiega tutto fino in fondo. Per farci attraversare sani e salvi la giungla fiscale italiana ci vorranno come minimo: un costituzionalista (dato che in questo caso è stata messa in ballo la costituzione), un esperto in diritto tributario ed un commercialista (pare l’inizio di una barzelletta). Nel frattempo, credo valga la pena inoltrarci comunque in questa giungla, dato che sulla cosa vige un assoluto silenzio stampa (almeno guardando news.google.it in data 24 Novembre) mentre io penso meriti risalto.
Che cosa è successo? L’imprenditore Giorgio Fidenato dal gennaio 2009 non paga più all’INPS e all’Agenzia delle entrate i contributi fiscali per i suoi dipendenti. Evasione fiscale? No. Fidenato, imprenditore agricolo di Pordenone, lascia tutto in busta paga ai dipendenti con le istruzioni per dove andar a pagare le loro tasse. I legali di Fidenato spiegano che, secondo la Costituzione, nessun datore di lavoro è tenuto a lavorare gratis per lo Stato, e il loro cliente non ha più intenzione di fare il gabelliere.
Di che contributi stiamo parlando? Oltre alle imposte sul reddito, per ogni lavoratore vengono versati contributi sociali (per la sanità, per la pensione, ecc…) i quali corrono a carico, in parte, del datore di lavoro e, in parte, del dipendente. Facciamo un esempio approssimativo (che poi potrà essere perfezionato da qualche lettore commercialista): un operaio paga un 30% di imposte sul reddito ed un totale di 900 euro di contributi sociali i quali, per due terzi, sono a carico del datore di lavoro. Allora, se la ditta paga l’operaio 2500 euro al mese, in busta paga arrivano 1900, perché il datore di lavoro versa automaticamente 600 all’INPS per i contributi sociali del dipendente. L’operaio si vede 1900 come stipendio lordo, probabilmente non è neanche a conoscenza dei 600 che la ditta ha pagato “per il dipendente”, e se ne è al corrente pensa siano spese/tasse della ditta. Lui, l’operaio, deve pensare alla sua parte di tasse. Dei 1900 “lordi” (per modo di dire, perché il lordo sarebbe 2500) paga i rimanenti 300 di contributo sociale (e siamo a 1600), un 30% di tasse (e siamo a 1100 scarsi), e altri balzelli vari che lo portano a un salario netto al di sotto dei 1000 euro mensili. Per questo Fidenato (verso la fine di questo video) parla di una pressione fiscale del 60-70%: tra quanto paga il datore di lavoro e quanto riceve il dipendente: lo Stato si becca queste percentuali del vero lordo.
Prima di entrare nel dettaglio di cosa è successo al Tribunale di Pordenone il 19 Novembre è bene distinguere tra le varie questioni che emergono quando si parla di tasse. Come primo punto si potrebbe sostenere Fidenato semplicemente perché la pressione fiscale è troppo elevata. L’Istituto di ricerca dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili ha recentemente sostenuto che la pressione fiscale italiana è il 50.6% del reddito nazionale, la più alta d’Europa. In rapporto al Pil ufficiale, paesi scandinavi come Danimarca e Svezia hanno una pressione fiscale maggiore, però, spiega il presidente dei commercialisti, Claudio Siciliotti, i valori ufficiali del Pil tengono conto anche della componente sommersa. Dato che non c’è pressione fiscale sull’economia sommersa, e dato che il sommerso è più elevato in Italia che in Scandinavia, tenendo conto di questo risulta che il Bel Paese ha il fisco più assetato d’Europa.
Premesso questo, non credo che il punto principale del caso Fidenato sia l’eccessiva pressione fiscale. Facendo un paragone europeo vediamo che la parte della pressione fiscale dovuta ai contributi sociali in Italia è medio alta, ma non spicca. Anche solo la componente di responsabilità del datore di lavoro (la barra rossa nel grafico sotto) in Italia è tra le più elevate, ma non la più alta.
Insomma, l’Italia sarà un paese socialista ma il disagio sociale non è dovuto tanto ad una tassazione al di sopra della media (socialista), ma casomai, al contrario della Scandinavia, perché non vengono percepiti i servizi pubblici per cui si paga. E qui credo sia il punto fondamentale del caso Fidenato. Le tasse servono per finanziare dei servizi pubblici, ma la distanza tra il bene/servizio e il suo prezzo/tassa si fa sempre più distante. Qui si parla di contributo sociale per il dipendente, ma lo si vuol far pagare al datore di lavoro. Giorgio Fidenato non è un disobbediente fiscale, né evasore fiscale. Semplicemente non vuole essere lui il gabelliere. Il fatto che questa è una prassi diffusa in tutta Europa (guardando il grafico solo la Danimarca pare sostenere Fidenato) non vuol dire che sia giusta.
Mi trattengo da fare un’analisi di Labor Economics con tanto di curve di domanda e di offerta del lavoro, dove le rispettive distorsioni fiscali (sul dipendente e sul datore di lavoro) possono essere diverse a seconda delle rispettive elasticità. Questo potrebbe giustificare una riduzione della perdita secca dovuta alla tassa se una curva è più elastica dell’altra, ma non è questo il punto. Di principio ha ragione Fidenato: è giusto che il lavoratore veda quanto vale il suo lavoro. Nel nostro esempio è giusto che l’operaio veda che el paron è disposto a pagare 2500 al mese per il suo lavoro, e non 1900 o 1000, perché 2500 euro è quanto effettivamente vale. In secondo luogo è giusto che sia il dipendente a pagare i contributi per dei servizi che in teoria dovrebbe ricevere, e non che queste tasse vengano nascoste facendone pagare metà di qua e metà di là per non far figurare che il lavoro in Italia è tassato fino al 70%. In terza battuta è giusto che i dipendenti non vengano più discriminati rispetto a lavoratori autonomi come gli idraulici, i negozianti, e le parrucchiere. I lavoratori autonomi non pagano meno contributi, ma si arrangiano da soli. Perché deresponsabilizzare i lavoratori dipendenti nascondendo loro una parte del versamento all’INPS che viene fatto per loro conto?
Questo naturalmente creerebbe dei problemi mortali per il fisco. Intanto, fa comodo avere le ditte che fanno da tax collector gratis. Poi è più facile controllare un centinaio di ditte che diecimila impiegati. Più problematico è dare al lavoratore dipendente la stessa possibilità di evadere che adesso hanno i lavoratori autonomi. Questo comunque non era il caso dei dipendenti di Fidenato. Da diligenti lavoratori friulani avevano tutti appreso le istruzioni par pagare direttamente il totale dei contributi sociali e si erano presi la briga di pagare direttamente il “dovuto”. Il fisco ha rifiutato i loro versamenti appunto per non creare un precedente. Anche se pagassero tutti comunque c’è un altro particolare molto importante. Facendo pagare direttamente al datore di lavoro il fisco si assicura un’entrata mensile e immediata. Se i dipendenti incominciano a pagare con le stesse scadenze del lavoratore autonomo (come sarebbe giusto che fosse) le casse di stato subirebbero un duro colpo.
E come è finita il 19 Novembre al Tribunale di Pordenone? Il giudice ha sospeso l’esecutorietà richiesta dagli esattori delle tasse e ha rinviato il tutto al 28 Gennaio 2010. Uno smacco per il taxman, forse anche dovuta dall’arroganza dei propri legali, perlomeno da quanto descritto nell’unico articolo a riguardo. Hanno cercato di buttare tutto nel ridicolo, mentre i legali di Fidenato fanno sul serio.
Ora bisogna aspettare il 28 Gennaio 2010 per vedere come va a finire. O perlomeno aspettare martedì per avere un resoconto più approfondito dall’incontro alla Bocconi. Nel frattempo, forza Fidenato, siamo tutti con te. Speriamo si associno altri imprenditori a questa iniziativa, che non è una rivolta fiscale, ma semplicemente una cosa giusta per poter ridare dignità al lavoratore dipendente.
Lodovico Pizzati
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Pensiamo quanto più interessante e saggio sarebbe se unificassimo il sistema “lavoro”. Cioè lavorare tutti con lo stesso metodo fiscale, tutti ad armi pari”. Oggi esiste il lavoro autonomo e il lavoro dipendente mentre potremmo dire e proporre solo il lavoro autonomo.
Eliminare il lavoro dipendente potrebbe rappresentare la rivoluzione post-industriale del III° Millennio. Essere quindi lavoratori autonomi indipendenti o soci di Società controllati solo dalla Magistratura e non dal Sindacato. L’alta produttività e la meritocrazia sarebbero acquisite in quattro e quattr’otto. Avremmo probabilmente dato un colpo mortale all’evasione fiscale e probabilmente pagheremmo tutti meno tasse.
Saria la legalisasion del plusvalor ca Marx vedea cofà el fumo inte’i oci.
La definitiva fine de coalsiasi forma de socialismo.
Tuti inprenditori.
Tuti libari.
Ricordo che anche molti lavoratori autonomi sono soggetti alla ritenuta d’acconto.
(Avvocati, geometri, ingegneri , architetti,rappresentanti necc.)
Un sistema per cui quando emetti la fattura il pagatore trattiene già alla fonte una parte dell’importo e lo versa come anticipo delle imposte subito stato.
Quindi anche in questo modo lo stato si assicura una rendita mensile ed al meccanismo perverso di trattenuta iniziale da parte di terzi dalla propria busta paga ( in questo caso dai propri onorari) non sono soggetti solo i lavoratori dipendenti, ma anche numerose categorie di autonomi.
Ed anche in questo caso il meccanismo è abbastanza complicato.
Per ogni fattura che paghi , oltre al bonifico devi fare un F24 e una lettera di attestazione di versamento.
Un’altra cosa.
Allorquando si sono accorti che l’INPS stava andando in default, hanno effettuato lo “scippo del TFR” , ovvero il prelievo forzato di soldi dei lavoratori che erano accantonati dalle imprese nella cosiddetta “liquidazione”, cioè quel gruzzoletto che l’impresa metteva da parte, usando anche i fondi per finanziarsi, per poi erogare l’importo al lavoratore una volta terminato il rapporto di lavoro.
Quindi i lavoratori del futuro mica la riceveranno più la liquidazione.
Si è volatilizzata per farsi una pensione integrativa volta a compensare i tagli pensionistici INPS.
Lo scippo di cui sopra ha anche contribuito a de-patrimonializzare le imprese , che prima in parte erano finanziate anche dai propri dipendenti. Un bel lavoro di squadra insomma.
Ma le banche non hanno più sostituito questa funzione, non sganciano soldi in prestito in egual misura, ecco anche perchè molti imprenditori ora sono in braghe di tela con la crisi .
Il TFR scippato viene convogliato in fondi di investimento obbligatori cui il lavoratore forzosamente deve aderire.
Il datore di lavoro è costretto a sequestrare parte del TFR , cioè di soldi del lavoratore, e ad effettuare il versamento periodico, su questi fondi.
Ieri sera serafico Tremonti rideva in televisione che l’INPS è l’ente piu’ sano d’Europa. Bella forza , pagherà delle pensioni ristrette perchè i lavoratori se ne stanno facendo un’altra con il proprio TFR.
Il bilancio INPS è stato raddrizzato con i soldi dei lavoratori.
Non mi sembra che nel resto d’Europa questa moralità sui bilanci pensionistici derivi da uno scippo di soldi , ma piuttosto da una diversa gestione .
E i disoccupati ?
Niente lavoro niente salario niente TFR niente versamenti previdenziali integrativi niente pensione integrativa.
E i fondi integrativi ? Chi li gestisce, come e dove vengono investiti questi soldi ? Nella bisca della borsa italiana , dove i maestri dell’insader trading ogni volta che devono raddrizzare qualcosa piazzano dei bei bidoni sul mercato rastrellando e rubando ancora soldi alla gente .
I gestori dei fondi sono ben pagati , bocche cucite e muci.
Basta farlo con un pò di stile , senza dare troppo nell’occhio.
Un’aiutino a FIAT un aiutino all’altro.
Gratta di qua gratta di là, gratta sempre.
innanzitutto non mi piacciono le sigle e i brevi nomi. esprimono indice di servilismo o poca consapevolezza di poter esprimere la propria opinione, se non altro per rispetto di chi ha dato la vita per permetterci di usarla, la libertà e la prima cosa che abbiamo il dovere di difendere,partendo dalla libertà si può raggiungere tutto il resto, ad alcune domande a una decina di persone, quali tra le principali definizioni ritenete più importanti per l’essere umano? quasi tutti hanno risposto:la sicurezza, il lavoro,i la ricchezza,la famiglia,il divertimento,viaggi, l’amore ecc.
rifflessione! se vi regalassero tutto questo e poi vi rinchiudono in cella,avreste la felicità?
Risposta a Jack,il grande Marx ha avuto il merito di considerare il lavoro non una cosa astratta ma un valore reale nel ciclo produttivo. Lo stato italiano e le sue caste lo considerano la fonte a cui attingere per i loro sprechi e le loro innefficienze,la fonte per permettere ai nulla facenti e ai manovratori di perpetuare i loro benefici bloccando con il loro numero (minoranza specializzata) qualsiasi riforma e una vera democrazia. Basta stato che usa il popolo ma è il popolo che deve servirsi dello stato come struttura organizzata, partendo da una forma di sussidiarità imperativa ciò che e più vicino e che funziona meglio(piccoli stati, come nelle Polis della Magna Grecia)un mondo di piccoli stati,eviteremo cosi anche che qualche pazzoide che governa uno stato di grandi dimensioni ci conduca tutti all’apocalisse come nel passato, tenuto conto degli strumenti potenziali attuali(le bombe nucleari e quantaltro serve a nuocere).
Magari nascesse un nuovo Marx che rivoluzionasse il mondo partendo dall’esperienza di come il comunismo è fallito e di come il liberismo sfrenato e virtuale in mano a pochi sta facendo i suoi danni.
un complimento al sito e a tutti quelli che in un modo o nell’altro si danno da fare per portare la voce dell’indipendenza del veneto.
Gianpaolo B
Belissimo sto zugo de parole: “dove i maestri dell’insader trading” 😀