Il cosiddetto “rimborso elettorale” ai partiti politici è un classico esempio di come il sistema parassitario chiamato Stato italiano sia attivo, funzionante e in buonissima salute, lui.
La spina dorsale di questo sistema parassitario, ossia di questo Stato che sopravvive grazie al parassitismo che esercita ai danni dei ceti produttivi, sono i partiti politici italiani. Ossia quelle istituzioni private che reclamano e ottengono tonnellate e tonnellate di soldi pubblici, cioè soldi rubati a noi. Soldi che usano per perpetuare il loro malato sistema di potere che prevede, in ultima analisi, che il cittadino di questo sistema parassitario sia continuamente derubato per il “bene pubblico”, dicono.
Quando io sento il termine “finanziamento pubblico”, in automatico ho un sussulto perché per mia indole rifuggo dal concetto di prelevare con la coercizione a X per dare, arbitrariamente, a Y; non so a voi, ma a me questo ricorda tanto quell’azione detta “rapina”. Se poi Y è un componente di quella cupola partitica italica che, nonostante tutti i voti e tutti i chiari desideri della maggioranza di questo Stato parassitario, continua impunemente a fare la bella vita con i soldi che ci ruba, beh, ogni ipotetica remora contro il finanziamento pubblico ai partiti cade. Il bello poi, è che non viene nemmeno chiamato finanziamento pubblico, infatti, come scritto all’inizio, trattasi di rimborso elettorale.
Come forse ricorderete, con un referendum abrogativo del 1993 promosso dai Radicali, il 90,3% degli elettori votanti (77%) ha deciso di abrogare il finanziamento pubblico dei partiti. Come era prevedibile però, degli organismi altamente parassitari non posso nutrirsi se non parassitando: non conoscono altro modo per sopravvivere. Ecco quindi reintrodotto dopo poco tempo il finanziamento pubblico, chiamato però “rimborso elettorale” (ché dargli lo stesso nome era troppo plateale). In pochi anni, anche questo molto prevedibile, abbiamo assistito a una drammatica (per noi paga-tasse, mica per loro) escalation di questi cosiddetti “rimborsi”. Ovvio: dai al potere politico parassitario un dito e ti mangerà tutto; mica sparagnano, loro. Nel 1999 erano 800 Lire per ogni voto. Nel 2002 era 1 Euro per ogni avente diritto al voto (cioè, viene conteggiato nella media per la spartizione anche chi non è andato a votare; pazzesco). Oggi siamo a 5 Euro, sempre con il metodo criminale che consiste nel conteggiare anche chi non è andato a votare. Infine, bisogna tenere conto che in caso di scioglimento anticipato delle Camere l’erogazione del rimborso è comunque effettuata fino alla fine naturale della legislatura; cosa avvenuta con la scorsa legislatura. Quindi: doppio rimborso per un bel po’ di anni, olè.
Ho dato una letta all’ultimo rapporto della Corte dei Conti (scaricabile qui) sulle elezioni politiche del 2008 e mi sono reso conto che il baratro chiamato Stato italiano è sempre più profondo. Ammetto di essere rimasto shockato dal livello di parassitismo partitocratico raggiunto. Ora come ora, viaggiamo sui 300 milioni di Euro all’anno che i partiti ricevono, cioè che rubano a noi.
Dal rapporto della Corte dei Conti, riporto una tabella con relativo commenti perché spiega in modo chiaro e preciso come stanno le cose:
Dall’esame della tabella 1 balza in maniera evidente la differenza (riportata in colonna C) fra le spese elettorali (effettuate e riconosciute legittime alla verifica del Collegio di controllo) ed il contributo percepito dai partiti, a dimostrazione di quanto più volte sottolineato in questa Relazione e cioè che quello che viene normativamente definito contributo per il rimborso delle spese elettorali è, in realtà, un vero e proprio finanziamento.
Capito? I partiti guadagnano (in maniera molto considerevole) dai loro rimborsi. I quali rimborsi, logica vorrebbe, non dovrebbero più essere chiamati così: questo è finanziamento (esorbitante) pubblico ai partiti!
– Il Popolo della Libertà ha speso 68 milioni e gliene spettano 206.
– Il Partito Democratico ha speso 19 milioni e gliene spettano 180.
– La Lega Nord ha speso 4 milioni e gliene spettano 41.
E via discorrendo.
Magari qualcuno con abbondante pelo sullo stomaco potrà parlare di “costi della democrazia”. Niente di più falso. Questi sono una parte dei costi del sistema parassitario conosciuto come Stato italiano. Questi sono i costi che noi stiamo pagando a uno Stato fallimentare nel quale la regola fin dalla sua creazione è stata: prendi i soldi e scappa.
Siete nel sito del PNV e probabilmente avrete già intuito la nostra soluzione per porre fino a questa situazione miserevole: indipendenza della Venetia. Preso atto che questo Stato poggia sul parassitismo e che è per sua natura irriformabile, noi del PNV pensiamo che i Veneti abbiano decisamente diritto a qualcosa di meglio. Uno Stato nel quale si sia cittadini e non sudditi-schiavi. Uno Stato nel quale il termine “parassitismo” venga associato solo allo studio della biologia. Uno Stato di cinque milioni di liberi cittadini (e non sessanta milioni di sudditi-schiavi) efficiente, snello e moderno nel quale la politica non sia né invasiva né prepotente.
Chiaro, uno Stato Veneto indipendente non è garanzia di per sé di tutto questo. I vantaggi, non da poco, sarebbero però, per esempio, un maggiore controllo pubblico (stando a casa tua, è più facile controllare il tuo giardino o il giardino venti chilometri più in là?) e un maggiore peso civico del cittadino (un voto su cinque milioni di persone pesa molto di più di un voto su sessanta milioni di persone). Inoltre, grazie al modello confederato e a democrazia diretta che il nuovo Stato Veneto avrà, il potere di tassare e il potere di spendere saranno realmente separati, ossia, politici che si devono accontentare del dito.
Luca Schenato
Pnv Verona
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bravo luca. come sempre te si un grande
Caro Luca on toxato cusita cofà ti gavarave da metar Presidente no Xaia !
Jiusto ancuò so sta a far i auguri a on me cliente, on industrial da 50 milioni de Euro de faturà , miga pugnete !
Xè anca consiglier drento a Confindustria.
Se gà parlà( in venesian ovio) 1 minuto de auguri e 1 ora de economia e de nove idee e prodoti da far.
Ma el jiera tuto roso e preocupà. Se sfregava i oci e gheva la ganase rose.
Ocio ca la xè na asienda sanisima, de foraclase, anca sto ano lo gà serà puito, ciapando bei skei gualivo del 2008.
Ma xè preocupà on mucio.Prevede vanti 6 mesi almanco de calma piata, e dopo … el baratro.
No ghe crede pì a sto sistema de parasitismo. Me gà dito : “Coà se gà da far na rivolusion !” .
E si, cara la rivolusion, jiera ora, li xè drio verdhar i oci anca lori!
Un vomitevole flusso di denaro ke piove rentro e scarsee dei partiti giurassici che de bòn ghe rimane solo un nome: “riciclati”
Si eveidenzia che dopo aver sovvertito il Referendum variando la denominazione da “finanziamento pubblico” a “rimborso elettorale” non sono stati nemmeno in grado di trovare un altro nome, poichè chiamarlo rimborso non è corretto in quanto le spese sostenute superano di gran lunga quelle erogate!
Ma questo è secondario rispetto a quello ben più grave che è la sovversione di un Referendum, definito la massima espressione volontaria di un popolo, se si sovverte un referendum non si da più voce reale alla cittadinanza, si perde in democrazia e chiamatelo anche “bianco” come questo Natale, ma trattasi pur sempre di un colpo di stato. Se questo non v’è stato e/o non esiste allora non si può certo parlare di democrazia. Guarda caso qualche anno fa, passato in sordina, il colpo di stato amministrativo o bianco è stato depenalizzato.