Diciamolo, la democrazia in Italia è come un colpo di colore su un ferro ruggine, voi credete che esista, ma in realtà è tutta una messa in scena. Già il fatto di essere rappresentativa e non diretta ne toglie la gran parte del suo significato. Lo strumento del referendum oltre ad essere monco (è solo abrogativo) nel tempo è stato sempre più ridotto, sia attraverso mezzi indiretti (enormi raccolte firme e complicazioni per la loro raccolta) sia attraverso mezzi diretti (il quorum) sia attraverso la stigmatizzazione dei partiti: è evidente che la democrazia, quella vera, non fa parte del vocabolario della politica italiana.
D’altra parte quanti sono i referendum a cui avete dato il voto Si e che poi sono stati puntualmente aggirati? Parliamo ad esempio del finanziamento pubblico ai partiti, a cui con grande partecipazione era stato detto No, ebbene oggi non solo ha raggiunto i livelli dell’era “mani pulite” (ovvero mani sporche) ma lo ha abbondantemente superato, con un doppio inganno: da una parte chiamandolo “rimborso elettorale ai partiti”, ma anche gonfiando tali rimborsi di cinque, dieci volte, trasformandoli de facto in un finanziamento (perché poi un rimborso non è forse un finanziamento?), che costa ai cittadini oltre un miliardo di euro.
A cosa servono tutti questi soldi? Servono per pagare un sistema che impedisce nei fatti l’esercizio della democrazia in Italia, mantenendo e perpetrando una oligarchia di persone che restano al potere per farsi i favori, approvando leggi che sovvenzionano aziende o in ogni caso le favoriscono e ne sfavoriscono altre. Non si tratta di semplici pressioni di gruppi d’interesse, spesso denominate come “lobby” (al plurale si scriverebbe “lobbies”), ma di vere ingerenze nel processo democratico poiché ciò che viene fatto in larga misura spesso non coincide con gli interessi degli elettori per i quali i rappresentanti avrebbero preso il voto.
Ciò si manifesta chiaramente nel disinteresse che i candidati hanno, dopo che sono stati eletti, dei loro elettori mentre affermano pubblicamente di essere alle dipendenze dei loro capi di partito, come spesso ha fatto il signor Luca Zaia, ad esempio, che anche se oggi sbraita di quà o di là che farà del Veneto una nuova Catalogna, in realtà dopo, quando avrà conquistato il suo bel trono, non potrà fare assolutamente nulla perché gli arriverà il conto da pagare dei suoi capi, che siedono a Varese e Arcore, come lui stesso, ripeto, ha ammesso in più occasioni.
Il signor Luca Zaia dovrebbe infatti spiegare ai cittadini Veneti come pensa di attuare misure che siano in contrasto con la Costituzione italiana, poi, visto che non è previsto che una regione possa divenire autonoma senza l’approvazione dei 3/4 del parlamento italiano, né può tantomeno far partire un federalismo prima delle altre regioni, visto che il federalismo fiscale solidale perequativo truffa è una cosa che si può avviare solo a Roma e che ad oggi è già in ritardo di oltre un anno e dovrebbe essere pienamente attuato tra dieci con risultati francamente penosi se non penalizzanti. Ce lo spieghi signor Zaia, siamo curiosi. Altrimenti le sue sono parole al vento per gli allocchi che se le vogliono bere, inclusi i giornalisti che hanno pubblicato articoli dal sapore imperiale senza nemmeno farsi una domanda da prima elementare.
Ma parliamo di democrazia. La democrazia è violentata quando si richiedono ai partiti di presentare decine di migliaia di firme che devono essere fatte autenticare, a cui occorre far seguito con la richiesta di certificati elettorali, migliaia di documenti, faldoni pieni di scartoffie inutili che occludono le attività dei comuni e costituiscono una spesa enorme sia per l’amministrazione pubblica sia per i partiti. Ma attenzione, perché furono proprio i partiti, quelli seduti a Roma, a decidere questi meccanismi. Sono loro i leviatani che fagocitano tutto. Ed ora capirete lo scopo di certi finanziamenti occulti ai partiti. Quella truffa che violenta la democrazia e le vostre tasche ha lo scopo di pagare le persone che si muovono sul territorio, chi paga infatti tutte quelle persone che devono lavorare dietro le quinte per realizzare non dico una campagna elettorale, ma semplicemente la burocrazia elettorale? Le pagate voi!
La democrazia diventa una farsa nel momento in cui i rimborsi vengono concessi solo ai partiti che partecipano alle elezioni e riescono a conquistarsi un seggio al parlamento italiano. Un ingranno palese, poiché se fosse un vero rimborso anche gli altri partiti, quelli che non hanno conquistato alcun seggio ed hanno comunque sostenuto costi, dovrebbero fruirne, quelli niente?
Per carità, meglio così.
L’inganno infatti stà proprio nel finanziamento/rimborso, e nel fatto che il meccanismo è pensato per alimentare chi già ha il potere, ed escludere eventuale concorrenza di altri partiti nuovi, con buona pace della libertà di partecipazione attiva alla politica da parte dei cittadini, in spregio ai principi di equità stabiliti dalla Costituzione.
Esistono numerosi altri mezzi per autosostenere chi è al governo o comunque in posizioni di potere. Lo scambio di voti è un meccanismo che viene assicurato con i dipendenti pubblici. Io stesso ho avuto percezione diretta di questo aspetto, con il rifiuto a firmare per il pnv da parte di persone che sono dipendenti pubblici, che apertamente ed onestamente mi hanno detto che non intendono sputare sul piatto dove mangiano.
Il sistema per assunzione mediante concorso pubblico è un percorso ad ostacoli incredibile, che richiede tempi biblici per assumere una persona, costringendola a studiare e prepararsi per esami da sostenere. Voi penserete che questo garantisca la qualità del personale assunto, vero? Quello lo lascio decidere a voi, io invece evidenzio il fatto che una volta assunto un dipendente pubblico resta lì a vita. Un sistema ingessato che garantisce un parco buoi elettorale.
Un analogo meccanismo è da tempo in funzione anche con le imprese che operano con gli appalti pubblici. Anche in questo caso la partecipazione agli appalti è complessa, pensate che ci sono aziende private che dispogono di un apposito ufficio con anche diverse persone con quel solo scopo, persone che vanno pagate, spesso bene in quanto gli appalti sono spesso materia torbida dove occorre garantirsi una certa riservatezza. Voi domandatevi sempre chi le paga, alla fine.
Il sistema degli appalti viene però assicurato attraverso le amicizie con i potenti, poiché è facile truccare un appalto per fare in modo che solo un certo fornitore possa vincerlo(1), amicizie che poi sono ripagate in vario modo. Prendiamo ad esempio una nota fondazione di Vicenza, di cui però non farò il nome, che ha finanziato un noto politico, di cui non farò il nome, che è presieduta e a sua volta lautamente finanziata dalla proprietà di una grande impresa, di cui non farò il nome, che gode praticamente del monopolio degli appalti pubblici per un certo tipo di manutenzioni nel Veneto, e non solo.
Soldi e democrazia non vanno proprio d’accordo.
I rimborsi non sono tali e in realtà esiste un largo finanziamento che ha lo scopo di pagare campagne pubblicitarie che rafforzano la presenza dei soliti noti.
Domandatevi, come mai alle elezioni regionali partecipano praticamente sempre i soliti partiti romani? (e badate bene che la Lega Nord è un partito romano a tutti gli effetti). La risposta è semplice. Essi dispongono dei soldi che vi hanno rubato per pagare le persone che devono fare tutto l’enorme lavoro burocratico messo in piedi apposta per escludere eventuali altri partiti fuori dalla cerchia, oltre che finanziare costosissime campagne pubblicitarie.
Ora ci sono degli illusi che credono che Zaia e la sua combriccola della “fronda veneta” della Lega Nord possano fare chissà quale miracolo. Questi illusi credono forse che chi corre alle elezioni con i colori di un partito che gode di centinaia di milioni di euro di finanziamenti possa decidere di togliersi la pappatoia per instaurare un sistema pulito e virtuoso? Andiamo, siamo seri, nessuno farà mai una cosa del genere, non solo i membri della Lega Nord, che ho citato solo perché è quella che le spara più alte facendo illusi a migliaia, ma ovviamente vale per tutti i partiti che hanno una carega a Roma.
…e il pnv? Ecco, il pnv è un interessante esempio da considerare, come lo sono in genere tutti i partiti minori nati dalla volontà popolare. Non gode di finanziamenti pubblici ed è praticamente finanziato esclusivamente da privati, sia attraverso donazioni in danaro, sia attraverso il lavoro svolto da volontari. Tanto lavoro. Troppo tempo. Prendersi praticamente le ferie per star dietro alla campagna elettorale, e tutta la burocrazia che ci và dietro, non è una cosa che si possa sostenere a lungo. Io l’ho fatto per le provinciali, qualche cosa ho fatto per questa elezione, ed ora che la pressione lavorativa elettorale aumenta vedo che sarà almeno per me difficile sostenerla. E c’è già gente che mi dice che non ha tempo e non può. Fino a che si tratta di gingischiare le cose si fanno anche, ma quando occorre davvero impegnarsi, tutto cambia. Ci vogliono persone pagate otto ore al giorno per il partito: chi le paga? Noi non abbiamo la possibilità di rubare i vostri soldi!
Per me questo è il capolinea. Io dopo questa esperienza lascio. Fino a quando non si tocca con mano, il meccanismo perverso della farsa democratica italiana è impalpabile, ma dopo che lo hai toccato con mano, dopo che ne hai visto la reale dimensione, capisci che questo è un paese condannato. Ci sono milioni di persone che sono come pecore che non sanno un accidente di come funziona il leviatano che hanno sulle spalle e che gli mangia la vita (si perché rubare equivale a rendere schiave le persone), vivono vite come larve nel sistema e lì vi restano fino alla morte, da larve. Solo chi raschia la superfice si rende conto di essere nel Matrix dell’illusione della democrazia, e da li prende due strade: o se ne và schifato, o se ne approfitta.
Questa è la ragione per cui molti partiti nati dalla volontà popolare poi si annichiliscono: sono schiacciati dalla falsa democrazia che non darà mai loro una chance. Se il pnv è emerso ben sopra la media delle esperienze di alti piccoli partiti è stato solo perché casualmente è stato un polo aggregatore di persone con capacità organizzative, cognitive e mediatiche una spanna sopra la media. Questo non assicura però che queste capacità, questa buona volontà, siano sufficienti per far fronte alla falsa democrazia che attraverso il danaro rubato ai cittadini alimenta i partiti che già godono del potere. Vedremo, questa è un po’ una scommessa e dipende dalla volontà della popolazione, a partire dagli attivisti, volontari e simpatizzanti, di svegliarsi, uscire dal Matrix della politica italiana, e reagire.
Claudio G.
(1) Ogni impresa ha in effetti un suo profilo difficilmente modificabile. Chi fabbrica automobili, per esempio, dispone di modelli ben precisi che non possono essere facilmente sostituibili da modelli anche analoghi di altre case. Se io specifico un dettaglio elevato, posso includere caratteristiche che solo un modello, e quindi solo quella casa produttirice, dispone, selezionandola preventivamente in modo occulto.
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Bell’articolo, spero che qualcuno di nuovo capiti sul nostro sito e lo legga (noi habitué invece queste cose le sappiamo benissimo).
E’ palese che il dinosauro ita non si può cambiare, l’unica cosa da fare è accelerare la sua estinzione!
Per quanto riguarda il tempo da dedicare al lavoro, è sicuramente tanto, ma almeno si può dire ”sto lavorando per me, per provare a garantirmi un futuro nella terra in cui sono nato e che amo”.
santissima verità……la cosa che mi dispiace di più è che troppe persone non voglio credere all’evidenza : hanno delle fette di prosciutto sugli occhi.
io stesso da quando ho capito che l’italia è in declino da troppi anni sto cercando di farlo capire solo che la maggior parte delle persone non vuole crederlo.
evviva l’indipendenza del veneto.
La soluzione “indipendenza”, che io vedo minimo per il Triveneto, e’ una soluzione razionale che potrebbe anche risvegliare il resto del comatoso stato Ita, ma è una soluzione “chirurgica”, cioè dolorosa, che comporterebbe forse anni di sofferenza “post chirurgica”. Sarebbe in ogni modo un fatto traumatico. Mi chiedo siamo pronti? In ogni modo qualcosa succederà, visto che non si può andare avanti così. Auguri a tutti!
Come te lasi?
Alora te vol far el sciavo sensa nianca lotar.
bellissimo articolo…. solo un piccolo appunto: non generalizzare quando si parla di dipendenti pubblici, la causa indipendentista ha bisogno anche di loro.
Luca,
el vol far cofà Cypher de Matrix 😉
http://www.helsinki.fi/~papinnie/pictures/The%20Matrix%20_DivX_%20346_0001.jpg
Condivide in pieno el pensiero de Claudio, ma xe proprio questo che me deprime: ghe sarà mai un colpo de ali del ns popolo veneto che el riessa a capir na bona volta de non scoltar più i vari pifferai o incantatori de serpenti? Go l’impression che noialtri veneti i ne paghe con na scarsea de straccaganasse e tuti quei che i vien fora dal Veneto a contarne storie de secesion, federaismo ecc. ecc. i ne gà sempre insemenio pa i so sporchi interessi. La xè na guera tanto dura, purtropo! Comunque corajio e andemo avanti par la strada nasionalista……… W S.Marco e la gloriosa republica Serenissima
La prego, in merito alla mancanza di democrazia, mi conceda la seguente sintesi:
1) Lo Stato italiano, sarebbe a dire l’accentramento di potere nelle mani di una immutabile ed inamovibile Elite, avente potere sovrano su popolazione e territorio, è stato da lungo tempo sostituito da una organizzazione politica di dichiarata ispirazione democratica e repubblicana, pure tesa verso l’ulteriore sviluppo ed applicazione di queste due concezioni. La parola Stato è invero del tutto fuori luogo in riferimento al nostro Paese. Con essa si indica infatti il governo e l’amministrazione di una statica Elite autoritaria. Al contrario i termini Democrazia e Repubblica qualificano un Paese in cui la sovranità appartiene al popolo, presupponendo quindi una dinamica gestione collettiva del complessivo Bene Comune. Stato e Repubblica sono di fatto concetti ed ideali socio/politici agli antipodi.
2) Pur sopraggiunte Democrazia e Repubblica sono però rimasti gli statali. Come niente fosse.
A fin di chiarezza, la prego, mi permetta di ampliare un momento la visione. Nell’antichità, quando non vi era alcuna sviluppata organizzazione pubblica, i due concetti di Democrazia e Repubblica potevano pure limitarsi ad indicare una mera forma e tipo di governo, i cui ruoli venivano periodicamente restituiti al popolo per eliminare sul nascere il formarsi di qualsiasi Elite. Con il sorgere dell’imponente Funzione Pubblica moderna, i concetti di Democrazia e Repubblica non avrebbero più, però, dovuto prescindere dalla periodica restituzione al popolo dei ruoli del pubblico impiego (i quali sono una proprietà collettiva, una autentica res publica, un sacro bene comune), attuando quindi una loro redistribuzione tra tutti quei cittadini che fossero dotati dei necessari requisiti e desiderosi di ricoprirli.
Senonché gli unici ufficialmente autorizzati a, perché con poteri tali da, far avanzare la società innanzitutto culturalmente, sarebbe a dire la dottorale compagine di ricerca umanista universitaria (filosofica, giuridica, politica, sociologica, storica, etc.) s’è evidentemente ben guardata dallo sviluppare ed applicare queste idee. Innumerevoli “baroni”, come sono comunemente definiti per il carattere corrotto e feudale che ancora oggi contraddistingue il loro ambiente, essendo essi per primi degli statali, hanno evitato anche soltanto di avvicinarsi ai due concetti in grado di dissolvere ogni Elite, badando invece a mantenere in ogni circostanza l’uso della parola Stato. Solo mantenendo il Paese in una situazione di parziale realizzazione democratica e repubblicana essi sarebbero riusciti a conservare il “loro” posto fisso con gli indebiti privilegi connessi. E così hanno puntualmente fatto.
Ecco: son oggi dunque qui gioiosamente a presentare l’ipotesi che, chiarendo finalmente cosa sia una Repubblica Democratica e ricordando che l’Italia ambisce ad esserlo, si possa finalmente entrare in un periodo più evoluto della nostra storia. Come già avviene per i ruoli di governo, anche i ruoli della Funzione Pubblica devono essere rimessi al popolo dopo un certo periodo di tempo. Come un Presidente del Consiglio è tenuto a restituire al popolo italiano la sua carica dopo un certo tempo, allo stesso modo un pubblico dipendente, quale che sia il suo rango, deve essere tenuto a restituire al popolo la sua mansione. Solo una regolare redistribuzione tanto dei ruoli quanto delle mansioni, tanto dei più alti quanto dei più bassi livelli, è in grado di scongiurare la comparsa di qualsiasi casta o mafia e corruzione.
Ringrazio e saluto cordialissimamente,
Danilo D’Antonio
Monti della Laga, Abruzzo
339 5014947
Per un equo impiego pubblico a rotazione
http://www.agoravox.it/ecrire/?exec=articles&id_article=7858
Te si cusita bravo nela analisi ca me fido de coel che te gà scrito incora prima de lexarte.
No dai deso te lexo speta …….
Bon puito , no condivido l’ultima parte.
Ca ti dopo sta esperiensa te lasi.
Mi invese se no me creo problemi no me diverto.
L’Italia no me gavarà mai .
Ciao.
Ricordati Nicio che io vi seguo sempre, pur non essendo un vostro elettore.
Per riuscire a confrontarmi con con voi su Fb e su altri forum bisogna conoscere tutti i movimenti dal Pnv, al FF (Fronte Friulano) e cosi’ via.
@ hyperlinker
verso la fine del post si legge:
“Ecco: son oggi dunque qui gioiosamente a presentare l’ipotesi che, chiarendo finalmente cosa sia una Repubblica Democratica e ricordando che l’Italia ambisce ad esserlo, si possa finalmente entrare in un periodo più evoluto della nostra storia.”
ho piacere di leggere che finalmente l’italia si vuole dare una mossa dopo più di un secolo di devastazione delle popolazioni italiche.
dai che ce la fate anche voi. potete cambiare la vostra storia.
per quanto riguarda noi, preferiamo la repubblica veneta classica. quella che non si riconosce nei soliti standard.
semo veneti cosa voì farghe. semo coei fora dal mondo che i nel mondo.
@Vianelo: hyperlink si firma nome e cognome in Danilo D’Antonio, chiamiamolo con il suo nome.
Io non avevo replicato al suo intervento per due ragioni. La prima è che dubito fortemente sia interessato a leggere la replica visto il link posto in calce al suo commento (nel senso che ha il sapore dello spam); ma potrei sbagliare. La seconda è l’abnorme uso di parole che conduce ad una conclusione che poteva essere riassunta in meno di 10 righe (numero indicativo).
In pratica la sua “sintesi” mi pare un po’ trombona e poco risolutiva. Mi sembra il classico schema italiano, che usa molta forma e poca sostanza.
Il mio articolo, seppure lungo, arriva dritto al segno e chiude puntando il dito direttamente alle cose che non funzionano. Stop.
Si tratta di uno stile espressivo diametralmente opposto che inevitabilmente ci porta alla reciproca incomprensione. Già, perché a me pare chiaro che D’Antonio, così egli si firma, non abbia capito nulla del lato profondo del mio discorso. Infatti egli propugna una soluzione non-soluzione in cui addirittura paragona il dipendente pubblico ad un soggetto eletto, e dunque sottoponibile a scadenza, come i formaggi. Non coglie che il dipendente pubblico è prima di tutto, e sostanzialmente, un lavoratore dipendente. Stop.
Nessuno lo ha eletto, e nessuna influenza egli dovrebbe e DEVE avere nella politica.
E ripercorrendo a ritroso il suo commento, si legge e si capisce che non ha capito la sostanza del mio discorso, in cui contesto l’effettività della democrazia in Italia, e non la forma (perché di Stato o di Santoro, Berlusconi o di …Ratzinger). Lui crede davvero che la democrazia esista in Italia, e a nulla sono valse le mie parole che argomentavano con fatti e circostanze precise e tangibili, dunque concrete e sostanziali, nonché supportate dalla teoria sulle democrazie, che verteva a dimostrare il contrario.
Ma basterebbe la semplice matematica. Il tuo voto, quali chance ha di cambiare una scelta politica?
Molti hanno questo modo di ragionare, abbarbicato su concetti astrusi e non provati (se non nella fantasia di questi “dottori”) e curiosamente concentrati nella parte meridionale della penisola.
E’ una mentalità tremendamente diversa, talmente diversa che dovrebbe preoccupare chiunque dotato di un QI >= 80.
ciao claudio 😉
si, gavevo capìo che el sior desòra l’era entrà un fià pompàdin.
a mi i “dotori” no i me piaxe. so on contadin e capiso soło coel che me dixe a tera e el popoło.
go anca oservà a so firma, ma visto che el preferise presentarse in tel modo cofà in te naltro, go vosuo farghe onor a el so novo nome da ju sèlto pitosto a coel de batixo.
jiera s-cieto che el sior el xe entrà co on far da galantomo in te “4 gati veneti” par elarghixar ła so cultura itajiana a nialtri pori “musi che no ghe rivemo”.
ma el so bel scrito no gà sostansa. na bea gheba ma voda de łuxignol.
ła me resposta ła jiera in tono provocatorio-ironico… coando mai l’itajia a riese a metar ła testa a posto? figuremose par goarnar.
forsi mi so sta masa serio se no se intende:
“ho piacere di leggere che finalmente l’italia si vuole dare una mossa dopo più di un secolo di devastazione delle popolazioni italiche. dai che ce la fate anche voi. potete cambiare la vostra storia.”
el senso:
“siete stati capaci solamente di distruggere tutte le popolazioni italiche illudendovi di fare una nazione omogenea, ancora vi illudete di poterci riuscire? (peccato che non vi siete accorti che non si tratta di buona volontà ma di testardaggine).
forza e coraggio asini, dai che ce la fate. state scrivendo la vostra storia di cocciuti che si sono ostinati in un progetto che, soravia, non ha seguito.”
consiglio:
“non sarebbe meglio se vi fermaste per riflettere se ha senso tutto ciò?”
penso anca mi che el sior nol replica, ma go scrito parchè gavemo voxe anca nialtri e par chi łesarà.
no xe che i ne sèra ła boca co na idea.
de coà no pasa nisuni co ste pretexe (ti me entri in sta maniera e pò ti łasi do link co par dir: vegnì vialtri se gavì da dimandarme).
coà ghe xe s.marco, chi che no ło vol… se pol incomodarse.
(go el pc chel xe masa ento, la me ultima frase ła doveva essar cusì:
semo veneti cosa voì farghe. semo coei fòra dal mondo che i vive nel mondo.)
😉 😉 😉