di Gianluca Panto
Sono bastati due giorni di pioggia per rischiare che il Bacchiglione straripasse ed invadesse il centro della città di Vicenza.
La Piave non si è fatta aspettare e quest’ultima è stata una lunga è sofferta notte di piena, che una volta sarebbe stata definita una semplice “ morbida” e che invece ha invaso buona parte dell’alveo, seppur nella stretta tra Nervesa della Battaglia e Ponte della Priula questo sia largo ancora oltre 400 metri.
Da rivierasco questa notte ho dormito poco, sono stato vigile, non senza aver prima messo in salvo il server aziendale.
La portata ha raggiunto il picco 1200 metri cubi al secondo di portata, invadendo buona parte dall’attuale alveo.
Nel 1966 fu di 4500 secondo i calcoli dell’ing. Dal Secco, mentre in un trattato di Pattaro del 1902 si calcola la portata massima in 2500.
Questa piena di oggi quindi non dovrebbe essere granchè, salvo il fatto che scontiamo oltre quarant’anni di incuria ed oggi se si ripetesse quell’evento del secolo scorso saremmo tutti immediatamente sommersi.
Ha prevalso la politica del non fare, ed oggi la situazione è questa, non dobbiamo nasconderci dietro un dito, l’alveo non scarica, è insufficiente, è invaso da alberi, ghiaia ostruzioni e gli argini sono vecchi e ammalorati. Una frammentazione delle competenze, la paura di passare per anti-ecologisti, una escavazione selvaggia rivolta al vantaggio economico e non alla salvaguardia hanno portato ad una situazione che non esito a definire difficile e pericolosa.
Serve un piano Regionale serio ed urgente ed interventi adeguati.
La Piave – Plavis – Plavem, in antichissima lingua indoeuropea significa “acqua che scorre”, e se ne trova traccia anche nella lingua dei paloveneti, ancor prima che nel latino.Ancor oggi in Bosnia assume lo stesso significato, quasi a richiamarci alle nostre comuni origini orientali di veneti provenuti dall’est tra il 1900 ed il 1200 A.C.
Penso alle straordinarie opere ingegneristiche dei veneziani, che per primi riuscirono a dare protezione ed un corso veramente stabile alla Piave, costruendo nel 500 i murassi di Nervesa, affinchè il fiume non potesse più deviare verso la città di Treviso, periodicamente invasa dalla sue acque e l’argine grando de San Marco nel 1534 sotto il doge Gritti nel tratto da Ponte di Piave fino alla cava del caligo, deviandone il corso che prima sfociava in laguna, minacciando Veneia, prima addirittura fino a Caorle e poi più saggiamente alla foce ancora attuale di Cortellazzo.
Nessuno lo dice ma la città di Treviso si trova alla base di un naturale conoide di deiezione e se il fiume rompesse a Nervesa questa sarebbe presto raggiunta e sommersa, come fece Cane della Scala nel XIV secolo distruggendo gli argini affinche la città perdesse le protezioni costruite e fosse allagata.
La Piave, un fiume scostante e rabbioso che trasforma una portata di magra dai miseri 50 metri metri cubi al secondo in pochi giorni di pioggia fino a 5000, portata seconda solo al Pò.
La bomba atomica, la centrale nucleare, il disastro annunciato è potenzialmente già in casa, non si tratta di fare catastrofismo quanto prendersi le giuste responsabilità di un territorio e pianificare conseguentemente le necessarie infrastrutture.
Non c’è solo La Piave, il problema riguarda tutta la Venetia, terra d’acque, e coinvolge quindi anche la Brenta l’Astego l’Adige il Bacchiglione il Livenza il Tagliamento il Pò.
Qui tutti parlano, esperti o presunti tali, ma nessuno fa niente, e così mi tornano buone altre due citazioni, la prima tratta da un decreto dello Stato Veneto datato 1505 : “.. nessuno che non sia ingegnere o incaricato dal governo osi parlare di acque ” e la seconda di Pattaro, ingegnere veneto del Genio Civile ( 1902) :” Una assoluta necessità perciò si impone di mantenere in buon ordine le opere secolari che servono di difesa contro le insidie del rapace fiume”.
Gianluca Panto
Partito Nasional Veneto
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New blog post: 7 Maggio 2010: La Piave è in Piena https://www.pnveneto.org/2010/05/7-maggio-2010-la-piave-e-in-piena/
Negli anni della partecipazione alla pianificazione urbanistica, forse una rete di contatti diretti tra le persone rivierasche potrebbe essere un metodo per mantenere altissima l’attenzione e far crescere la necessità che si affronti organicamente il problema.
Una rete intercomunale e magari interprovinciale potrebbe essere un’idea, mettere in comunicazione diretta tutti quelli che custodiscono storie, ricordi e allo stesso tempo hanno sotto gli occhi le trasformazioni operate sul territorio. Dar loro uno spazio, che non sia necessariamente spazio fisico, dove raccogliere osservazioni (oltre che conoscenze, che purtroppo si vanno perdendo) e dove sensibilizzare le popolazioni venete sul tema del Piave.
Magari esiste e io non ne sono a conoscenza.
La Serenissima è nata e vissuta in simbiosi con l’acqua, mantenendo sempre un’attenzione rigorosa ed efficiente alla salvaguardia dell’equilibrio città – laguna, e punendo severamente ogni abuso,
Nel Magistrato delle Acque, murata dietro gli stalli dell’antica sede era stata murata una targa che diceva:
La città del Veneti per volere della Divina Provvidenza fondata sulle acque, circondata dalle acque e protetta dalle acque in luogo di mura, chiunque pertanto oserà arrecare danno in qualsiasi modo alle acque pubbliche (e quindi anche al fiume Piave….) sarà condannato come nemico della Patria e sia punito non meno gravemente di colui che abbia violato le sante mura della Patria di questo Editto sia immutabile e perpetuo”.
bellissimo.
altri tempi però. tempi in cui i veneti sapevano riconoscere i valori se li vivevano e li custodivano.
la gente moderna se dovesse leggere quella targa e dovesse poi metterne in pratica il senso, non saprebbe nemmeno da dove cominciare tanto è anestetizzata da non sentire l’impulso di vita che viene dai valori.
siamo troppo rivolti verso l’economia… i skei.
ghe vol pì storia, cultura, tradision e spirito (ancùo se dixe w s.marco cofà w inter…) parchè la balansa de la justisia la sipia levelada.