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Prepariamoci

Un mondo globale e complesso richiede una politica nuova: a rete e con tanti nodi

Gli esorcisti stanno sperimentando tutte le loro pratiche e riti per scacciare dall’anima dell’Europa il fantasma del declino economico, ma ciò sembra non sortire molti effetti.
Il problema, al di là delle notizie fuorvianti dei media che cercano di buttare acqua sul fuoco, è molto semplice.
La Grecia ha buttato i soldi che le erano stati prestati, spendendoli per politiche clientelari ed elettoralistiche: lo ha fatto semplicemente un pò di più di tutti gli altri paesi europei. Ecco che ora anche tutti gli altri spendaccioni, in particolare i paesi dell’Europa meridionale, vedono i riflettori accendersi sulla loro criminale condotta finanziaria.
Giusto per non perdere la visione d’insieme, è bene inoltre ricordarci che ciò avviene nel momento in cui i segnali di ripresa in questi paesi proprio non si vedono, neanche a voler essere per forza ottimisti oltre ogni ragionevole limite.

Ecco allora che oggi la domanda oggi non è SE, ma QUANDO.

Quando avverrà la condizione di non ritorno? E cosa avverrà? Ci sarà l’uscita dall’euro di qualche stato? Ci saranno due euro, per agganciarli ad economie a due velocità? Ci sarà semplicemente la fine dell’euro e il ritorno alle divise nazionali? E quali saranno le conseguenze di tutto ciò? Non lo sappiamo né siamo noi a doverlo dire: per questo ci sono gli esperti economici di mezzo mondo che si stanno interrogando sulla soluzione migliore da dare a un problema che esiste.

Ciò non toglie – e questo spetta a noi dirlo con forza – che la dinamica secondo cui tale fenomeno di assestamento finanziario avverrà sarà prevedibilmente imprevedibile.

Mi piace l’immagine della pila di sabbia che crolla improvvisamente, dello scienziato danese Per Bak.
Bak dimostra che facendo cadere un granello di sabbia alla volta e sempre dallo stesso punto, si crea un mucchietto conico che raggiunge dopo un po’ uno stato di criticità. J. Cooper Ramo prende l’immagine ad esempio delle dinamiche del mondo moderno nel libro “The Age of the Unthinkable” (tradotto in Italia da Elliot con il titolo di “Il secolo imprevedibile”). Nessuno può prevedere quando la pila di sabbia crollerà: ma ciò che è sicuro, è che prima o poi crollerà.

Il dramma è che chi sovraintende al mondo moderno e vorrebbe tentare di controllarlo sembra non esserne cosciente.
Una cosa infatti è certa, nella maledetta “influenza greca”: questa volta i responsabili non sono i banchieri, ma i politici.
Politici che hanno speso malamente, che hanno rubato per prendere voti (e per arricchirsi) e che non hanno riformato un sistema distorto.

E per usare un’altra metafora, ora sono tutti impegnati a mettere sacchetti di sabbia per arginare inutilmente la piena, ma il problema più grave a breve termine è forse quello di organizzare l’evacuazione e a questo i dirigenti statali non ci pensano proprio. Per cui – e questo sì è facilmente prevedibile – ad essere alluvionati, o meglio truffati, derubati, impoveriti, saranno i piccoli risparmiatori. Anzi, già lo sono, a cominciare da chi ha investito in titoli di stato greci.

Il problema più drammatico in assoluto è quello di spezzare il circolo maledetto della politica che non funziona, che droga il mercato con assurde leve elettoralistiche di deficit spending, meglio note come voto di scambio, sperperando da un lato le risorse e alzando le barriere all’innovazione.

Ecco il grande interrogativo cui rispondere. I “nostri” politici anziani come il capo di stato italiano, invocano una “politica economica comune”, quando il problema sta proprio nelle “politiche economiche” centraliste portate avanti da stati che sono divenuti organizzazioni estese ed orizzontali di sfruttamento dei Popoli. Il creare una “politica economica comune” in Europa, o, peggio, nel mondo, significa solo aumentare tale distorsione e sfruttamento, cercando di aumentare il controllo su qualcosa che è fuori controllo per definizione, date le variabili in gioco. Sarebbe come mettere su un governo mondiale meteorologico, che dovrebbe cercare di regolare artificiosamente pioggia e sole secondo una sequenza “perfetta”. Anche se malauguratamente ci riuscisse, questa “entità” sovrastatale divverrebbe suo malgrado un agente di distorsione essa stessa, che cambierebbe l’equilibrio della pila di sabbia in modo ancora più imprevedibile di quanto già non sia.

La soluzione casomai non è controllare, ma prevenire gli effetti collaterali di crisi sistemiche certe e inevitabili in un mondo sempre più complesso, interconnesso e multivariabile e, nel caso malaugurato non si fosse riusciti a prevenirne gli effetti indesiderati, curarne i postumi.

Funziona ancor meno buttare i sistemi democratici, perché la storia ha dimostrato che le dittature sono ancor più dannose per gli uomini (anche se la Cina sta tentando di smentire questa visione, con un connubio inedito di dittatura e capitalismo).

Noi crediamo che sia giunto il momento di spezzare questi enti irresponsabili che si chiamano stati. Dobbiamo spezzarli in entità più piccole. E che facciamo meno danni. Ciò che va invece “globalizzato” sono le reti di prevenzione e monitoraggio, costituite da “nodi” (ovvero rappresentanze di stati più piccini) più “responsabili”, più vicini ai propri cittadini, meno liberi di prendere decisioni assurde sopra le teste di tutti noi.

Un mondo dinamico e apparentemente “impazzito” lo si può vivere meglio solo con una “rete” umana politica più estesa e in grado di serrare meglio le maglie per prevenire l’insorgenza di virus patogeni.

Gianluca Busato
PNV Treviso

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