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Lo sgoop sul Veneto del Corriere della Sera…

Grande SGOOP sul Veneto del Corriere della Sera !!

Giusto per tornare su un argomento già sollevato da Claudio Ghiotto e poi troppo velocemente eliso dall’autore, vogliamo rendergli giustizia e pubblicare di seguito un altro articolo che dimostra come il Corriere della Sera e il suo editorialista Sergio Rizzo qualche giorno fa abbiano realmente pubblicato un articolo scorretto e pieno di pregiudizi sul Veneto. Va detto che ciò non ci sorprende affatto!

di franco bocchini (DoktorFranz), pubblicato il 29 Giugno 2010 su noisefromamerika.org.

Sergio Rizzo, apprezzabilmente, interpreta il suo ruolo di giornalista quale dovrebbe essere. La funzione di controllo del potere si esercita rivelandone i comportamenti censurabili, ed in questi giorni egli ha scoperto una notizia davvero succulenta. Peccato che, muovendosi nel solco della migliore tradizione dei Woodward & Bernstein“de noantri”, abbia considerato superfluo un aspetto fondamentale: la verifica. Il risultato di tanta professionalità non è che l’ennesima dimostrazione della mirabolante qualità che contraddistingue l’informazione in questa landa desolata. Con i principali quotidiani in prima fila.

Non è raro leggere notizie false, distorte, tendenziose, imprecise, superficiali. La cosa non riguarda solo propagandistici bollettini di partito od impresentabili fogliacci che fanno del gossip la ragion d’esistere. Anzi, proprio i frequentatori di nFA hanno costantemente modo di apprezzare il pessimo servizio che la cosiddetta “grande stampa” rende alla sete di conoscenza del Belpaese: solo per citare alcuni episodi – tra i più recenti – si veda qui, quo e qua.

La segnalazione odierna – reo, ancora una volta, il principale quotidiano italiano – riguarda un ambito che abitualmente e giustamente suscita la riprovazione generale: la casta spreca il danaro dei contribuenti. Nel caso specifico, particolarmente esecrabile nel momento della discussione sul federalismo, le regioni si dotano di sedi diplomatiche all’estero. E lo fanno in misura francamente inconcepibile (se si assume che il vantaggio di tali operazioni non debba esser ricercato solamente nella dotazione di poltrone aggiuntive). Di più, le realtà amministrative maggiormente colpevoli – a dispetto del sentire comune – non sono le scialacquatrici regioni meridionali: in testa alla classifica, con distacco incolmabile, svetta – udite, udite – quel Veneto che si picca di dichiararsi virtuoso e che soffre del terribile morbo leghista.

Secondo Sergio Rizzo, sdegnato e sarcastico estensore della denuncia mediatica, dati provenienti dal Dipartimento del Tesoro certificano l’esistenza di ben 61 sedi di rappresentanza all’estero per la terra dei Dogi – circa un terzo delle 178 totali – in luoghi più o meno noti e talvolta apparentemente improponibili.

Di primo acchito pare si tratti di un dato fattuale incontrovertibile, e di uno spreco inconcepibile, dal momento che nessuno può seriamente dubitare della propensione italica allo scialo dei quattrini pubblici. La dovizia di particolari conferisce credibilità, anche in virtù della fonte dichiarata. Dunque, ecco un’altra tacca sull’arma fumante del Grande Giornalista Senza Macchia e Senza Paura. Ed ecco la ripresa della notizia da parte di alcuni altri osservatori – talora un filino grondante di compiacimento – che trovano la possibilità di stigmatizzare l’avversario politico, oppure di vendicare l’onore territoriale a lungo ferito.

Ma la situazione è davvero quella presentata? Non esattamente.

Non senza imbarazzo iniziale, i presunti responsabili hanno immediatamente cercato riscontri e – sorpresa! – quell’indagine che cotanto Cato Censor avrebbe dovuto premurarsi d’eseguire, prima di lanciarsi all’attacco con furore, dichiara una realtà piuttosto differente: le uniche due sedi di rappresentanza sono a Roma ed a Bruxelles. Ma come, e che fine han fatto “i dieci uffici in Cina, l’irrinunciabile ufficetto in Bielorussia, gli appartamenti in Bosnia ed Uzbekistan, i due punti d’appoggio in Canada con i tre in Romania ed i quattro negli Stati Uniti, il pied-à-terre in Vietnam, la tenda (?) negli Emirati Arabi Uniti, il bungalow a Puerto Rico e finanche il consolato in Turchia”?

Tutto sommato, è stato facile svelare l’arcano. Anche ad un dilettante dell’informazione, pur scrupoloso, è bastato spedire un’e-mail o poco più. Ciò che il professionista ha colpevolmente trascurato di fare. Et voilà: si tratta di “antenne” all’interno di strutture internazionali esistenti, nelle quali non v’è traccia di personale stipendiato dalla regione Veneto, né di attrezzature di proprietà della medesima. Succede che la Comunità europea spinga fortemente un programma di collaborazioni transfrontaliere: la rete Enterprise Europe Network – di cui fa parte Eurosportello Veneto – gode perciò di cospicui finanziamenti comunitari. Essa fornisce un supporto informativo agli operatori economici interessati a specifici mercati, e servizi di secondo livello a pagamento.

Simili accordi di collaborazione esistono con altri Paesi, sempre presso le Camere di Commercio all’estero. Per alcuni specifici servizi di base è previsto un contributo a carico della Regione, che indirizza le imprese, le quali poi pagano prestazioni più mirate. La spesa regionale complessiva è ammontata alla stratosferica somma di euro 37.750 per tutto il 2009: suppergiù 640 euro/anno per ognuna di queste faraoniche sedi.

Dove stia, dunque, lo spreco di danaro del contribuente veneto è mistero senza fine bello. Si potrebbe, anzi, sostenere che l’azione di questa regione costuisca merito e non colpa, dal momento che dimostra di essere il territorio italiano che meglio si è inserito nei programmi di collaborazione europea ed internazionale a più ampio raggio.

Si può, certo, discutere dell’opportunità di prevedere tali “sportelli” e del rapporto costi-benefici. È lecito anche non essere d’accordo sulla necessità di mantenere qualunque tipo di operatività lobbistica a Roma e Bruxelles, luoghi delle decisioni. Soprattutto, è irrinunciabile denunziare comportamenti che antepongano le prebende personali all’interesse comune, nella consapevolezza che troppo spesso quella sia l’evidenza dei fatti. Dalla Vetta d’Italia a Lampedusa, pur se – ça va sans dire – non ovunque in egual misura. Ma il rispetto della realtà rimane essenziale.

Qualcuno dirà che, in fin dei conti, l’errore non sia grave. Non è vero. Perché la cosa è deontologicamente censurabile e perché costituisce un ennesimo esempio di quanto sia claudicante la qualità dell’italica informazione. Ed anche perché un simile approccio – al lupo, al lupo! – mina la credibilità: ciò, almeno, dovrebbe importare a chi di quella vive. Dovrebbe, in un luogo differente dallo Stivale.

Altrimenti, in fondo – ma proprio in fondo – vien tristemente da rivalutare l’inverosimile Biscardi. Anch’egli alla ricerca della notizia purchessia.

Con l’indimenticabile grido di battaglia: sgoop!

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