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Il Veneto dei protezionismi

parrucchieraOggi scrivo uno di quegli articoli che attirerà su di me il disgusto di molti lettori, perché sembrerà che io prenda le parti dei cinesi (in Veneto). In realtà non prendo le loro parti, non almeno per quello che riguarda pratiche fraudolente, il lavoro nero e lo sfruttamento dei minori, e anche se occorre tenere a mente che loro provengono da *quel tipo* di cultura, qui le regole devono essere le nostre, non le loro. Ma adesso mettete il paracolpi, perché vado giù duro.

Il grido di allarme si alza anche a Vicenza, dopo Padova e Venezia. Cose da fare rizzare i capelli! E tutti i peli della barba. Sono proprio loro, i parrucchieri e barbieri quelli a cui il pelo di mestiere si è alzato. Come i gatti, quando vedono un cane, a Vicenza, che di gatti se ne intendono, si sono tutti irrigiditi di fronte all’ondata di botteghe da barbiere e parrucchiere cinesi che stanno spuntando per la città.

L’urlo di allarme, usa la parola d’ordine “concorrenza sleale” perché, ciò, sti qua i riva co el preso metà e anca manco de coel de tabela!
Ahhhh, la tabella. Il cartello. Guai a uscire dalla “tabella”, si dai, diamo il contentino di far credere in un po’ di concorrenza, ma non esageriamo. E a farsi portavoce della protesta e di severe iniziative è nientemeno che l’associazione artigiani, che da grido d’allarme sembra decisa a scendere sul piede di guerra.

Ma quali sono le “colpe” di questi cinesi? Fanno il prezzo metà (se non meno) di quello del vicino. La domanda degli operatori è ovviamente “come faranno a starci dentro”? Il fatto è che fino a quando i prezzi sono controllati e regolamentati da una corporazione, non ci sarà mai nulla di nuovo. Impossibile sperimentare nuove opzioni, impossibile considerare ottimizzazioni, impossibile ipotizzare un prezzo migliore.

Così funzionava in Unione Sovietica. Impossibile pensare di avere un servizio decente o di trovare ogni giorno il prodotto desiderato nel luogo deputato a commerciare quel prodotto. Tutto era regolamentato e nessuno aveva interesse a migliorare, poiché far bene o infischiarsene rendeva lo stesso e mancava qualsiasi incentivo.

Io trovo abbastanza ridicolo che si invochi la “concorrenza sleale”. Sleale è la concorrenza quando essa froda, ruba. Non quando lavora meglio e a minor prezzo. E fino a che la prova contraria non viene esibita, tutte le illazioni contro questi operatori cinesi restano da dimostrare. Che usino “manodopera in nero” (perché i parrucchieri veneti non ne fanno uso, mai mai mai?), sfruttano i minori, o usano prodotti cinesi scadenti, restano illazioni passibili pure di denuncia per diffamazione e danneggiamento di immagine commerciale fino a quando non siano provate.

Fino ad allora io posso solo pensare che 1) sono più efficienti e quindi costano meno; 2) se ne fregano degli studi di settore che, gira che ti rigira alla fine pretendono un ricarico minimo (in pratica i prezzi sono alti per imposizione di stato). In questo secondo caso hanno tutta la mia comprensione 🙂

Poi, l’ultima scusa di quelle menzionate, l’uso di prodotti cinesi “scadenti” -così si legge dalla stampa-, sarebbe comica se non fosse patetica. Il fatto è che dire “prodotto scadente” è diverso di dire apertamente “prodotto dannoso”, ma la differenza davanti al giudice è fondamentale per vedersi accusati di ingiustificato procurato allarme.

Ma ammettiamo che usino prodotti scadenti. Coloranti che scolorano in fretta, shampoo puzzolenti, e mettiamoci pure servizio cattivo.  Il prezzo sarà proporzionale al servizio (ovviamente), ma raccoglierà anche quella clientela che prima comunque non spendeva di più, magari arrangiandosi a casa, oppure saltando un mese. Insomma, ogni prodotto ha il suo cliente tipo, e se nessuno offriva taglio di capelli a basso prezzo (con poche pretese) oggi la nicchia è stata  coperta.

E’ altrimenti ridicolo rallegrarsi di poter visitare luoghi altrimenti impossibili per le proprie tasche, usando i voli low cost, e poi non essere coerenti e riconoscere la nicchia di mercato di coloro che scelgono il taglio low cost.

Poi, se davvero ci sono frodi, quello è un’altro discorso, ma deve essere provato, anche perché la questione assumerebbe contorni penali. Perché ripeto, la concorrenza è sleale solo e solo se commette frode. Il resto della concorrenza cosidetta “sleale” è tale solo nella testa di chi è incapace di fare di meglio.

La realtà è che il Veneto, come il resto dell’Italia, vive dei protezionismi, da quelli blindati e di casta dei notai, fino a quelli del capello, passando per tassisti e baristi.

D’altra parte non c’è da stupirsi che siano stati dei cinesi a coprire quel buco di mercato. Essi sono una delle comunità più attive, vivaci e commercialmente perspicaci, ma soprattutto hanno una sana rejezione all’inquadramento feudale che vige qui da noi. Un Veneto avrebbe mai aperto un taglio low cost infischiandosene delle tabelle?

In questo paese nostalgico vale di più la benevolenza del “collega” (o dei capi della corporazione) che del cliente!

E il cliente, ricordatelo, prima o poi siete sempre voi.

Claudio G.

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