di Fabio Calzavara
Introduzione
La rivoluzione francese del 1789 fu un avvenimento violento e sanguinario senza precedenti, venne causata, oltre che dalle dissipazioni del Re Luigi XVI, della sua Corte e della burocrazia statale, dall’enorme debito per le ingenti spese di guerra contratto con i grandi banchieri (i Rothschild tra questi) i quali, infatti, la istigarono assieme alle elites “Illuministe” di nobili e borghesi, bramosi di nuovi poteri e rendite.
Lo storico accademico di Francia, Pierre Chaunu, la defini’ une vera “peste nera” europea. Vedi sua intervista su:
http://www.mariadinazareth.it/Martiri/martiri%20in%20vandea2.htm
Il periodo del Terrore francese fu la fucina della nuova classe dirigente giacobina ed i valori neo-liberali furono imposti ovunque sulla punta delle baionette con drastici cambiamenti degli assetti, politici, religiosi, economici e territoriali in tutta Europa.
Alfiere di tale cambiamento, il generale massone Napoleone Bonaparte, invase e distrusse proditoriamente con false motivazioni antichi Stati (come la millenaria Repubblica Veneta) e ne creo’ di nuovi (come il Regno d’Italia), sul modello centralista francese e di stampo nepotista, sconvolgendo vita, tradizioni e commerci del tempo, facendo pagare lacrime e sangue ai Popoli sottomessi le pretese “liberte’, egalite’, fratenite’”.
La Francia giacobina e la Gran Bretagna protestante furono determinanti nel processo di unificazione del nuovo Stato italiano per un loro preciso obbiettivo politico-economico, promosso e gestito dalla Massoneria, volto alla conquista militare di nuovi “mercati” e territori di influenza (vedasi questione della diffamazione del massone William Ewart Gladstone, primo ministro britannico nei confronti del Regno di Napoli e Sicilia: http://it.wikipedia.org/wiki/William_Ewart_Gladstone#Gladstone_e_l.27Italia )
Su questo punto, storici e scrittori di fama osservano che soprattutto l’Inghilterra era la potenza europea maggiormente interessata ai giochi di potere nel Mediterraneo e quindi favorevole alla la creazione di un nuovo Stato che ampliasse i suoi commerci e facesse da cuscinetto agli espansionismi francese ed austriaco.
Le origini del “risorgimento”
La successiva conquista militare savoiarda degli Stati indipendenti preunitari promosse quel filone letterario e politico che si sviluppò nei primi decenni del XIX secolo, il cosiddetto “risorgimento italiano”.
Difatti, gia’ all’indomani dell’unità statuale, la classe dirigente neo-italica fece rappresentare ciò che accadde come il risultato di una adesione “spontanea” del Popolo ed obbligo’ tale insegnamento nelle scuole del Regno; in tal modo varie generazioni di Cittadini hanno imparato il “risorgimento” come avrebbe dovuto essere invece di come è stato.
Possiamo infatti dire che il “risorgimento italiano” come lo conosciamo oggi sia nato in … tipografia: editti, proclami, giornali, riviste, manifesti e volantini non facevano che appellarsi ad una presunta volonta’ di popolo, in realta’ mai avvenuta.
Anche in questo caso la Storia venne scritta dai vincitori, nonostante fatti ed avvenimenti documentati, riportati di seguito, smentissero clamorosamente l’epopea descrittaci.
Documenti alla mano, il presunto supporto popolare fu praticamente nullo, non ci furono sollevazioni ne’ rivolte in nome di tali ideali, solo atti di violenza e terrorismo compiuti o finanziati dai massoni carbonari per attaccare le Istituzioni e sobillare la popolazione.
Vista l’assenza di partecipazione popolare si arrivo’ perfino a ingaggiare galeotti e disoccupati per inscenare proteste denominate “spontanee”.
In realta’ i veri interessati a cambiamenti furono le classi dei nobili e dei banchieri assieme ai grandi commercianti preoccupati di aumentare i loro traffici e soddisfare le loro ambizioni.
Tale “risorgimento” prese quindi avvio sull’onda del nuovo pensiero politico giacobino e fu guidato dal Gran Oriente di Francia e dalla Gran Loggia d’Inghilterra) nonche’ perseguito dalle sue logge coperte (i carbonari).
Propaganda e terrorismo “risorgimentali”
Per supportare il progetto espansionista del piccolo Regno piemontese, prima di tutto fu concertata dai governi inglese (Palmerston) e francese (Napoleone III) una incessante propaganda denigratoria tramite articoli sulla stampa asservita che denunciavano il malgoverno e sottolineavano i difetti, quasi sempre falsificati, del Regno di Napoli e Sicilia e dello Stato della Chiesa, auspicando un intevento internazionale che riportasse “democrazia e liberta’” alle popolazioni “oppresse”.
Compiacenti giornali “italiani”, supportati dai massoni, riportavano ampliando le accuse ed i commenti inglesi e francesi, incuranti perfino delle smentite e delle querele fatte dai governi di Napoli e Roma.
Un esempio tra i tanti: i massoni denunciavano che negli Stati “italiani” esisteva una sanguinosa repressione politica e sociale e le condanne a morte erano ormai senza controllo… invece sia nel Regno di Napoli che nello Stato della Chiesa non venivano eseguite condanne a morte da alcuni anni, al contrario di Gran Bretagna e specialmente in Francia dove la ghigliottina continuava tristemente a funzionare ogni giorno.
Nel Regno dei savoia addirittura le condanne a morte erano superiori alla Francia stessa, addirittura di ben 8 volte, come denunciato dal Deputato piemontese Brofferio nel 1856.
In questo modo il Regno sabaudo ebbe il sostegno internazionale per intervenire militarmente contro altri Stati molto piu’ democratici.
La “liberazione a scopo umanitario” ebbe inizio con operazioni di terrorismo e provocazioni armate: da un lato il massone Joseph Marie Garibaldi’, pilotato dal Gran Oriente di Francia, che assieme ad altri mercenari ed avventurieri ebbe il compito di attaccare di sorpresa vari Stati preunitari con lo scopo di rovesciare i governi legalmente in carica, dall’altra il massone Giuseppe Mazzini, guidato dalla Gran Loggia di Londra che fu incaricato di promuovere gruppi eversivi, organizzare attentati ad obbiettivi militari e civili, assassini di personalita’ pubbliche, nonche’ attuare sommosse e tumulti nelle varie capitali da conquistare “alla causa italiana”.
Oltre ai famosi massoni di origine francese, Vittorio Emanele II (il nobile), Cavour (il governante), Garibaldi (il mercenario) e Mazzini (‘ideologo), merita l’attenzione anche un loro precursore, il concittadino francese Gioacchino Murat, ex albergatore divenuto rivoluzionario al seguito di Bonaparte poi marito di sua sorella, govenatore di Parigi, quindi generale e feldmaresciallo di Francia, insediato sul trono di Napoli da Napoleone.
Il Murat divenne famoso (e deriso dai suoi sudditi) per il suo “Proclama di Rimini”, l’appello con il quale, il 30 marzo 1815, dopo aver dichiarato guerra all’Austria, si rivolse agli italiani, incitandoli alla rivolta contro l’OCCUPANTE STRANIERO (lui, francese imposto con la forza!), presentandosi quindi come alfiere dell’indipendenza italiana, nel tentativo di trovare alleati nella sua disperata battaglia per conservare il trono.
Molto efficace, anche se attuata con metodi di sconvolgente crudeltà, la repressione del brigantaggio affidata ai generali francesi Andrè Massena prima e Charles Antoine Manhès.
La conquista sabauda
E’ inoppugnabile che l’unione degli Stati preunitari fu una conquista militare; il pomposo titolo, attributogli piu’ tardi, di “guerre d’indipendenza” e’ falso e deviante: in realta’ i Savoia tolsero l’indipendenza ai Popoli conquistati e li posero sotto il loro pesante dominio centralista ed assolutista.
Da segnalare che i filosofi cattolici Vincenzo Gioberti (piemontese) ed Antonio Rosmini (trentino), pur favorevoli all’unita’ italiana, auspicavano una confederazione degli Stati sotto la presidenza del Papa o della stessa dinastia sabauda.
Vi furono poi molti illustri personaggi dell’epoca totalmente contrari alla costituzione di uno Stato centralista: ad esempio il veneto Nicolò Tommaseo ed il lombardo Carlo Cattaneo, federalisti radicali e contrari alla monarchia.
Come sottacere poi degli accordi tra massoni e governo piemontese con la malavita organizzata locale (Mafia in sicilia, Ndrangheta in Calabria e Camorra in Campania) che permisero al buon Garibaldi di conquistare facilmente il Regno di Napoli e di Sicilia?
E come ignorare che dopo la conquista mafiosi e cammorristi, come premio, ebbero accesso negli uffici pubblici, nelle amministrazioni di Province e Comuni, nelle imprese statali e private, nelle banche e perfino nella polizia e carabinieri?
Forse anche per questo le annessioni non furono per nulla sostenute dalle masse popolari, anzi, vi furono resistenze attive e passive alla conquista italiana da parte di contadini e operai, testimoniate dagli stessi unificatori nelle loro memorie (es. Garibaldi, Cavour, D’Azeglio, Abba.).
Peraltro, successivamente, nel nuovo regno vi fu un crescendo di manifestazioni e reazioni anti-italiane dovute al grave e rapido peggioramento delle condizioni di vita e sociali.
Le insurrezioni popolari furono causate, oltre al raddoppiamento di leggi, tasse, obblighi ed il prolungamento del servizio di leva obbligatorio, anche per la soppressione degli ordini religiosi, la confisca dei beni ecclesiastici e la chiusura di chiese, monasteri e conventi.
Queste scelte, decise dal massone liberista conte Camillo Benso di Cavour distrusse la rete di supporto sociale, di previdenza, istruzione ed assistenza medica delle classi popolari portando all’esasperazione i cittadini non abbienti.
(da notare la similitudine di tale situazione con quella creata piu’ tardi dalla rivoluzione comunista bolshevika in Russia, pure questa finanziata da grandi banchieri affiliati alla massoneria, questo fa pensare che spesso politiche di destra e di sinistra abbiano come mandanti gli stessi gruppi di interesse, i medesimi registi e siano eguali negli effetti negativi sulla popolazione).
Nel 1861 la repressione violenta decisa dai governanti torinesi contro gli episodi di ribellone provoco’ un crescendo di episodi di insorgenza, sino a giungere nell’ex Regno delle Due Sicilie ad una vera e propria “guerra civile”, vilmente definita (e passata alla Storia ufficiale) come “Brigantaggio meridionale”.
Nel 1866, l’Impero austriaco fu’ costretto a cedere il Lombardo e la Venezia a causa della disfatta del suo esercito battuto dai Prussiani nella battaglia di Koenigsgraez il 3 Luglio (a Sadowa, in Boemia), questo nonostante il Regno d’Italia (entrato “prontamente” in guerra contro l’Austria dopo la loro sconfitta militare) fosse stato sonoramente battuto sia per terra (Custoza, 22-27 Luglio) che per mare (Lissa, 20 Luglio) dalle truppe austro-venete.
Per questo l’Austria, non volendo darla direttamente a chi aveva sconfitto, cedette segretamente la Venezia alla Francia, a sua volta d’accordo di passarla agli italiani con la clausola “vessatoria” di tenere un plebiscito sull’annessione.
Plebiscito tenutosi il 21 e 22 Ottobre dello stesso anno, vistosamente plagiato dagli italiani che diede l’incredibile risultato del 99.99% di voti favorevoli all’annessione.
Un primato storico mai piu’ eguagliato da nessun’altra dittatura, neppure da quelle comuniste di Stalin, Mao Tze-tung e Pol Pot (vedi l’ottima descrizione fatta da Ettore Beggiato nel suo libro “La Grande Truffa, il Plebiscito di annessione del Veneto all’Italia, Ed.Universitaria Venezia, 2007)
D’altronde come credere che le Popolazioni venete fossero felici di perdere le loro indipendenza (con l’Austria-Ungheria avevano un loro Stato autonomo, il Lombardo-Veneto) e finire nel nulla del Regno italico? (Le regioni furono create solo nel 1970, ben 104 anni dopo).
Quella che fu la ultramillenaria, gloriosa e benestante Serenissima Repubblica Veneta cadde nel servaggio piu’ bieco e nella miseria piu’ nera, le cerimonie pubbliche furono vietate, fu inasprito il servizio di leva obbligatorio togliendo braccia necessarie alla agricoltura, furono raddoppiate tasse e gabelle e triplicate le forze di polizia rispetto ai precedenti dominatori austriaci, vennero chiuse o trasferite le piu’ importanti attivita’ manifatturiere a favore di altre aree (in primis il triangolo Torino-Genova-Milano) infine l’italica burocrazia improvvisata e incompetente inizio’ l’opera di distruzione sistematica della cultura tradizionale e della buona amministrazione.
Il Popolo Veneto conobbe, per la prima volta nella sua Storia, l’umiliazione di un’emigrazione per fame, interi paesi e villaggi si svuotarono, un vero esodo neppure eguagliato dalle emigrazioni di massa successive la prima e la seconda Guerra mondiale. (Emilio Franzina, “Merica Merica”, Feltrinelli ed.1979).
Conclusioni
Riesaminato il cosiddetto “risorgimento” italiano secondo quanto accaduto realmente e considerati i suoi riflessi negativi e duraturi nel tempo, non si comprende per quali motivi i Veneti ed altri Popoli annessi a questo Stato debbano celebrarlo, a proprie spese, nonche’ festeggiare i 140 e rotti anni dell’unita’ statuale italiana.
Viene a chiedersi cosa ci sia da festeggiare, forse la perdita dell’indipendenza ed il passaggio da una monarchia straniera tollerante ed organizzata ad un’altra ancora piu’ straniera, retrograda ed inefficente?
Oppure la distruzione del nostro tessuto produttivo, la disoccupazione, la fame, la pellagra, l’emigrazione biblica causate da tale annessione?
Forse la colonizzazione forzosa culturale, linguistica ed economica imposta dai monarchici savoiardi (poi continuata dai fascisti e quindi dai repubblicani Italiani)?
Oppure l’opprimente burocrazia dei nuovi “liberatori”, l’arrivo della Mafia e di solerti “gauleiter” e “Quislng” esecutori di ordini biechi e centralisti?
Forse dovremmo festeggiare la moltiplicazione incredibile di leggi e leggine, regolamenti e obblighi, tasse e contributi, emolumenti e balzelli di ogni ordine e tipo applicati dopo la nostra annessione al Regno d’Italia?
Oppure il terribile peggioramento della giustizia processuale e della pessima amministrazione causate dai nuovi inesperti ed impreparati foresti?
Forse la grave crisi economica e finanziaria causata dagli enormi debiti fatti dai Savoia per pagare le guerre di conquista delle Venezie e pagata col sudore e col sangue dai nostri padri?
Molto meglio ricordare il buon governo della Serenissima Repubblica Veneta e trarne utili spunti per il nostro futuro.
Fabio Calzavara
Bibliografia di riferimento critico alle ricostruzioni agiografiche “risorgimentali”:
Primi tra tutti ed in piena contraddizione col loro operato, Giuseppe Garibaldi e Giusppe Mazzini si lamentarono dell’assenza della partecipazione popolare all’unita’ italiana e scrissero aspre polemiche contro le riforme centraliste del Regno italiano (lettere e memorie degli autori, vari editori)
– Carlo Cattaneo, in “L’ordinamento del Regno -I Danni del Centralismo e i Vantaggi del Federalismo” (Prefazione a ”Il Politecnico” vol IX, luglio 1860), tra l’altro: “Quando ingenti forze e ingenti ricchezze e onoranze stanno raccolte in pugno d’un’autorità centrale, è troppo facile costruire o acquistare la maggioranza d’un unico parlamento. La libertà non è più che un nome: tutto si fa come tra padroni e servi”;
– Piero Gobetti, “Risorgimento senza eroi” (1926) in tale raccolta di saggi critica la classe dirigente liberale. Secondo Gobetti, socialista, il Risorgimento fu opera di una minoranza che rinunciò ad attuare una profonda rivoluzione sociale e culturale. Da questa “rivoluzione fallita” nacque uno Stato incapace di venire incontro alle esigenze delle popolazioni;
– Alfredo Oriani, di cui ricordiamo le aspre critiche in “La lotta politica italiana” ,1892 (altre sue successive opere furono curate da Benito Mussolini);
– Antonio Gramsci, nei “Quaderni del carcere”, pubblicati postumi solo dopo il 1947, descrive il Risorgimento come una “rivoluzione passiva”, subita dalla classe sociale più povera e maggioritaria della popolazione, quella contadina;
– Carlo Alianello, (La conquista del Sud, Rusconi Editore, 1972), pag. 207: «l’Italia, dove per sostenere quanto gli usurpatori hanno denominato liberalismo, si stanno sbarbicando dalle radici tutti i diritti manomettendo quanto vi ha di più santo e di sacro sulla terra…Italia,Italia! Dove sono devastati i campi, incenerite le città, fucilati a centinaia i difensori della loro indipendenza »;
– G. Tomasi di Lampedusa (“Il Gattopardo”, edizione originale Feltrinelli, 1958) Nel suo celebre romanzo esprime la visione politica e la situazione storica della sua Sicilia del 1860: «Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi», poi fa aggiungere: «e dopo sarà diverso, ma peggiore».;
– Carlo Alianello, “La Conquista del Sud “ (1972); esprime un duro atto di accusa verso gli ideatori dell’unificazione e verso le politiche totalmente estranee del nuovo Stato italiano;
– Denis Mack Smith, (La Storia manipolata. Bari, Laterza, 1998); lo storico ed accademico inglese autore anche delle apprezzate opere “schiette” sui Savoia, Garibaldi, Cavour ed altri;
– Martin Clark, docente inglese di storia politica all’università di Edimburgo,”Il Risorgimento italiano : una storia ancora controversa”, Milano, BUR, 2001;
– Nicola Zitara, (“L’unità d’Italia. Nascita di una colonia”, Quale cultura, 1984); anche secondo lo scrittore calabrese l’Italia è il frutto di un’operazione di conquista militare ed economica operata dai piemontesi a danno del Sud, nei confronti del quale si è messo in atto un macchinoso complotto, con la complicità della massoneria e dell’Inghilterra.
– Antonio Ciano, (“I Savoia e il massacro del Sud” , Roma, Grandmelò 1996); critica ferocemente le icone dei massoni Giuseppe Garibaldi, Nino Bixio ed altri, accusati in buona sostanza di essere i responsabili della distruzione del Mezzogiorno e denuncia le iniquita’ della “legge Pica”;
– Lorenzo Del Boca, (“Indietro Savoia : storia controcorrente del Risorgimento”, Casale Monferrato, Piemme, 2003); ineguagliabile critico del periodo risorgimentale e postunitario;
– Gigi Di Fiore, (Controstoria dell’ unita d’Italia : fatti e misfatti del Risorgimento, Milano, Rizzoli, 2007);
– Francesco Pappalardo, )”Il brigantaggio postunitario. Il Mezzogiorno fra Resistenza e reazione, D’Ettoris, 2004);
– Antonio Pagano, (“Due sicilie, 1830 / 1880”, Vicenza, Capone Editore, 2002); l’autore accusa la violazione del Diritto Internazionale nella la formazione del neo Stato unitario attraverso l’invasione di Stati indipendenti senza dichiarazione di guerra;
– G. D’Anna, (“Tesi, antitesi. romanticismo-futurismo”, , Messina-Firenze, 1974); a pag.810: «Il processo di unificazione politica della penisola come il frutto di una possente e unanimistica spinta di popolo è un mito postumo… un tentativo dei ceti colti di operare finalmente una sutura con i ceti subalterni, imponendo loro la propria egemonia politica», da Mario Isnenghi, L’unità italiana, in AA.VV;
– Angela Pellicciari, (“La Storia del Risorgimento”), l’affermata storica, oltre a documentare numerosi episodi critici su violenza e degrado risorgimentali, descrive la questione dei cosiddetti “plebisciti farsa”, con i quali fu legittimata l’annessione degli Stati preunitari. Le modalità di svolgimento di tali plebisciti pubblici è messa gravemente sotto accusa per l’assoluta mancanza di imparzialità e regolarita’;
– Ercole Sori, “L’emigrazione italiana dall’Unità alla seconda guerra mondiale”, Bologna, Il Mulino, 1979); “Leggi e circolari repressive nella seconda meta’ dell’800 non scalfirono ne’ inibirono il femomeno (l’emigrazione di massa), e poi la stessa Legge del 1901 ispirata a tutela e protezione dell’espatriante risulto’ impotente ed inefficace”
– Maurizio Blondet, (“Senza verita’ niente risorgimento”, edizioni Effedieffe, Aprile 2010); “Da centocinquant’anni questo peccato originale, anzichè essere discusso e servire a un severo esame di coscienza nazionale, viene nascosto, e verniciato in similoro con la ripugnante tronfia retorica risorgimentale emanata direttamente dalle logge”;
– Massimo D’Azeglio, nobile marchese, massone, politico, primo ministro del Regno piemontese, genero di Alessandro Manzoni, conosciuto alle dame di corte di allora come “sporcaciun”, meglio noto per il celebre detto “Abbiamo fatto l’Italia. Ora si tratta di fare gli italiani”.
F.C. 21 Settembre 2010.
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Tutto tristemente vero… WSM
Bentornato Calzavara !
Un pò lungo per un bolg il tuo articolo, un pò tecnico.
Ma non importa, bene anzi meglio. E grazie.
Adesso stampo sottolineo con l’evidenzatore , chioso e mando a memoria i punti salienti.
Ci tengo a sapere perchè noi non cantiamo l’inno d’Idaglia.
Sarebbe un bel articolo se non fosse che in alcuni punti ci sono delle affermazioni inutilmente capziose. Mi riferisco all’accostamento tra la parola “liberale” e i nomi di personaggi che di liberale non avevano niente, perdendo a mio parere l’occasione di sottolineare come la mistificazione (l’uso di una terminologia impropria) sia una costante nel tempo, tanto quanto oggi il “popolo delle libertà” non ha nulla di liberale, ma semmai è una congrega di fascisti.
Allora veniva usata la terminologia “liberare” come dopo venne usata quella di “guerre di indipendenza” per meschini fini di distorcere la realtà, e costruirne una fasulla da dare a bere ai posteri (oltre che ai loro contemporanei).
Possiamo forse dire che Cavour era un liberale? Uno che per la brama di decidere lui su tutti arriva a mettere una sua spia alle costole dello stesso Re.
Di parole tutti si riempiono la bocca, ma sono i fatti che poi parlano. Le testimonianze della ex polizziotto e spia Curletti avevano chiarito bene come ragionava quella gente.
Ma questo vale anche per la rivoluzione francese. E’ difficile con il senno di poi giudicare eventi accaduti sotto la spinta di una popolazione inferocita. E badate bene che una popolazione non si muove solo perché ci sono dei sobbillatori, devono esserci delle ragioni di fondo pre-esistenti affinché si possano muovere delle masse. La sobbillazione è semplicemente una spintarella a muovere quello che altrimenti si sarebbe potuto muovere lo stesso. La sobbillazione semmai funge da guida e dirige gli eventi sfruttando la forza popolare come un contadino usa i buoi per arare.
A volte i buoi diventano tanto furiosi che neppure il contadino sa più contenere. Quella fu la situazione in cui tutti, giudici e giudicati, nonostante tutto, furono travolti nel periodo del terrore.
Lo stesso avvenne in Russia, con la rivoluzione bolshevica (le stesse dinamiche di contrapposizione peraltro con i menshevichi).
Possiamo parlare di “valori liberali” in quelle condizioni? Andiamo, siamo seri, quella era una situazione da lifeboat!
Ma c’è altro da dire. Cito:
“assieme alle elites “Illuministe” di nobili e borghesi, bramosi di nuovi poteri e rendite.”
Erano messi male, chi in Europa del ‘700 non aveva brame di nuovi poteri e rendite specie se in bolletta? Questo succede ancora oggi, figuriamoci allora.
I Veneziani lo avevano fatto molto tempo prima.
I Veneziani del tempo per molti erano i “banchieri ebrei” di oggi, che taluni definiscono con il colorito di: “maledetti bastardi che con il danaro corrompono e destabilizzano per ottenere condizioni a loro favorevoli”.
In conclusione, io trovo giuso ed è bene fare chiarezza e dire come stanno (e sono andate) veramente le cose, ma si commette lo stesso sbaglio di chi alterò la storia se non si fornisce un quadro equilibrato degli eventi, astenendosi dal guarnire i fatti con considerazioni discutibili, oltre che la necessaria comprensione delle dinamiche che condussero a tali eventi.
Sminuire e stigmatizzare quello che fu la rivoluzione francese facendolo sembrare come fosse solo un’opera di una banda di giacobini, è da rigettare, perché essa nacque dall’esigenza, nuova a quel tempo, del primato della ragione sulla irrazionalità e l’arbitrio, che portò a non accettare l’esistenza di un monarca assoluto. E’ indubbio che fu una operazione condotta da elites, sicuramente finanziata dalla massoneria francese con l’aiuto di quella inglese (al tempo non erano ancora divise) poiché alla base della massoneria vi era la fratellanza per un mutuo sostegno a fini caritatevoli nella comunità in cui operava, ma è altrettanto indubbio che attingesse dal concetto di razionalità che inevitabilmente portava a considerazioni basilari sui diritti della persona. La frase di Voltaire “non sono d’accordo con quello che dici, ma darei la vita per lasciartelo dire” è emblematica per capire che giunti a un punto di riconoscimento di tali diritti non era possibile arbitrariamente modularli senza cadere nella contraddizione di diventare irrazionali. Questo fu il seme, una specie di virus informatico mentale, che portò a osservare ed avere riguardo delle istanze della popolazione attraverso tale evoluzione di pensiero filosofico che poteva dunque anche essere contro chi con il potere sopprimeva questi diritti.
La rivoluzione francese è infatti la pietra angolare della nostra civiltà, il punto di svolta che ci porta verso una nuova visione delle cose, liberi di pensare, anche contro i dogmi di sovrani e clericali, fornendo a ciascun uomo gli eguali diritti degli altri.
Non fu perfetta, ovvio, ma fu un primo passo verso il riconoscimento dei diritti che ogni umano ha nel non essere sottomesso ad un altro umano.
Ricercando i fatti avvenuti si viene a scoprire che in realtà esistevano dei moti o almeno dei pensieri interni che potevano dare spazio a questa rivoluzione anche nelle Venezie. Erano ovviamente pilotate da nobili e intellettuali, cioè da chi sapeva leggere e scrivere, almeno. Questo è ovvio.
Probabilmente furono loro a premere affinché la Serenissima non opponesse resistenza ai francesi, e furono le stesse categorie in seguito a fare e disfare alleanze segrete dividendosi tra chi voleva l’indipendenza dall’Austria, chi credeva nella necessità di federarsi con gli altri popoli, chi pensava che il Re avrebbe sistemato tutto (un po’ come chi oggi crede che Bossi sistemerà tutto), con atti a volte truffaldini di cui forse nemmeno loro immaginavano la portata, come l’entusiasta, incoscente tanto quanto arrogante condotta tenuta da Edoardo De Betta che consegnò nelle mani del commissario dei Savoia le Venezie.
Dunque se si cerca di far luce su una storia, questa và fatta fornendo tutte le facce della vicenda e non esaltandone talune e tralasciandone delle altre.
Ciò ci suggerisce che vi furono distinte situazioni tra il periodo dei moti del 1848-49 e le guerre di annessione del 1860-66. Diverse le alleanze, diversi i sentimenti, diverse le fazioni e le correnti.
@Claudio:
Cavour era uno degli ideologhi del Liberalismo italiano…. e con lui tanti altri italiani liberali che lo supportarono… tra cui alcuni intellettuali “più intellettuali” di lui… Che scrisero pagine e pagine sull’argomento.
Come sempre, come dico io, “tra l’ideologia e il reale c’è di mezzo il mare” 🙂
Caro Claudio propio cuanto che te sostien xe a la base de le nostre sfortune, a partir propio da la rivolusion giacobina liberal, dal marson del Bonaparte e i marsoni taliani a scominsiar dal Cavour No lo dixo sol che mi ma fior fior de Storici e studioxi indipendenti ai cuali me son “ispira’” (vedi la bibliografia de sora)… ti a cuali fato riferimento?
A proposito del Cavour te riporto quanto scrive la Pellicciari:
“Il conte Camillo Benso di Cavour impose il liberismo assoluto su modello inglese. Di suo, era il maggiore azionista della «Società Anonima Molini Anglo-Americani» (sic) di Collegno, il più grande ente privato granario della penisola. Nel 1853, col raccolto scarso e la fame che infuria fra gli strati popolari, mentre i principati «reazionari» vietano l’esportazione dei grani per nutrire le loro popolazioni, il Piemonte la consente, così che i produttori locali realizzano forti profitti dalle espostazioni del prodotto rincarato. Per questo avvengono disordini davanti all’abitazione di Cavour, stroncati dalla polizia e dalla truppa a fucilate”…
Te taco anca un riporto de Maurizio Blondet che te cati sol so sagio che go riporta’ de sora”:
“Cavour possedeva anche una tenuta a Leri: 900 ettari appartenuti all’abbazia di Lucedio, acquistati da suo padre Michele per due lire durante la prima confisca dei beni ecclesiastici, ossia sotto l’occupazione napoleonica”… (Beo farse siori in sto modo!)
E mi ghe xonto: el “nobile” conte marson el jera asionista e “magnaccia” de la Banca d’Italia, la prima banca piemontese PRIVATA a stanpar moneda par conto de lo Stato… savemo ben cuanto che ga roba’ … (alora come anco’)…
E po’, scuxeme, i valori positivi che te fa riferimento i jera ben presenti nte la societa’ veneta da secoli (par cosa creditu che i nostri avi i fuse benestanti e invidiadi par la so eficensa giudisiaria, aministrativa, comerciale, etc.?).
Lasemo perder el discorso dei Venesiani visti come banchieri come ebrei parche’ no merita comenti.
Purtropo capiso che xe el difisile ndar fora da cuel par un verso o staltro la scola taliana ne ga inculca’ e capiso che chi che ga el potere continua a difendar e difondar el so opera’ ma romai, caro Claudio, la verita’ xe salta’ fora e ghemo el dovemo selier da che parte star o co i ideali e principi de bon governo dea nostra Republica Veneta o co cueli che ga vosuo “liberarla” e democatixarla” …e… continuar ntel solco tracia’ che ne xe drio portar, ancora na volta, a la rovina total.
Ostrega… pensava de esar registra’ in automatico, me firmo:
Fabio Calzavara
Ho letto solo oggi questo post, nel corso di ricerche sul Risorgimento Veneto. Non male come fantasia asservita alle proprie idee. Un minimo di maggior obiettività non guasterebbe. Ma d’altra parte da gente contigua a coloro che non riconoscono lo Stato Italiano (o ne denigrano nascita e crescita) ma ne succhiano avidamente risorse “ministeriali”, cosa volete aspettarvi?
Signor De Giuliani, è difficile accogliere il suo sommario giudizio valutando la sua superficialità nello stigmatizzare questo blog (e gli autori degli articoli che sono indipendenti) che con il fatto di “succhiare risorse ministeriali” non centra proprio nulla, ed anzi tende ad esservi ostile.
Lo è ancor più se si considera che lei delle cinque righe che ha usato per scrivere questo commento non ne abbia usata nemmeno una per argomentare almeno minimamente il tema discusso a sostegno di sue ipotesi.
Ritorni quando avrà fatto i suoi compiti per casa.