Devo ammettere che il dibattito sul nuovo Statuto della Regione Veneto non mi appassiona granché. Non ha il fascino del dibattito intellettuale che ci potrebbe essere se si trattasse di redigere la Costituzione del Veneto Stato indipendente. In questo caso stiamo parlando di un documento di importanza e peso decisamente minore alla costituzione dello stato italiano; io lo vedo semplicemente come un documento transitorio e interno allo stato italiano. Dovarìa ciavarmene calcosa? Tutte le polemiche montate e montanti su chi è veneto e chi no, se prima i veneti o prima i padani, mi lasciano freddo perché sono funzionali semplicemente alle schermaglie della politichetta italo-veneto.
Cosa ben diversa è fare un discorso serio sul concetto di cittadinanza, in prospetttiva anche della nascita della nostra Venetia indipendente. Personalmente reputo più “simpatico” lo ius soli, ossia l’acquisire automaticamente la cittadinanza in quanto nato in quel territorio, ma mi rendo conto che questo sistema è più adatto in Stati ampli e nati attraverso l’immigrazione come gli USA. Io tendo a separare il concetto di cittadinanza formale con quello di appartenenza concreta. Mi guardo in giro e vedo molto veneti più italianisti degli italiani, molti self-hating veneti che si vergognano della loro provenienza. Sono veneti questi? Sì, formalmente sono veneti e in quanto persone di cittadinanza italiana residenti in Veneto potranno votare (per avere tutti i crismi internazionali) al referendum per l’indipendenza della Venetia. Li reputo veneti? Sì, formalmente e basta; dei veneti masochisti che preferiscono lo stato italiano alla Venetia indipendente. A quanto pare c’è un’epidemia di sindrome di Stoccolma.
Resto dell’idea che Veneto è chi il Veneto fa e mi riempio di gioia quando vedo, come alla riunione di ieri sera, una ragazza di origine pugliese che abita qui da due anni che ha deciso di supportare la nostra, la sua, causa. Il fatto è che basare il concetto di cittadinanza su teorie genetiche e/o etniche è un vicolo cieco, oltre che totalmente anti-scientifico e anti-storico. Quello che conta è l’appartenere a un comune sentire, riconoscere una storia, sentire propria una cultura e una terra. Ecco perché penso che le polemiche della politichetta italo-veneta siano inutili e fondate sul nulla, sul chiacchericcio: o veneti di “stirpe” o veneti per residenza. No, io mi tiro fuori. La mia nonna materna è di Foligno. Si è trasferita qui dopo la guerra e parla in veneto meglio di me. Non è veneta solo perché ha la residenza a Legnago, lei è veneta perché si sente veneta e fa la veneta.
Penso che fare un serio lavoro tra i “foresti” sia una delle cose più proficue. Avvicinare chi ha scelto di fare del Veneto la sua nuova casa per me è essenziale. Aprirci a questi nuovi veneti e far loro conoscere la nostra causa, la nostra terra, la nostra cultura. C’è tantissimo da fare tra i veneti che fanno gli italiani e c’è tantissimo da fare con le persone provenienti da tutto il mondo che pensano di essere in Italia. La cittadinanza deve essere inclusiva e perché sia una cittadinanza veneta dobbiamo essere bravi noi a far veicolare il nostro messaggio consapevoli della forza delle nostre idee, della storia che abbiamo dietro e del futuro che ci aspetta davanti.
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Luca, sto toco che te ghe’ scrito a xe na maraveja.
E si Bravo , cogna intasarlo inte’a memoria co tachen coe confarense.
Deso dixine de chaltro “toco” , intendo de sta “pujiese” , xela na maravejia anca ela ? 😉
mi fa piacere leggere questo punto di vista.
la serenissima infatti è sempre stata un miscuglio di popoli. i veneti locali li avevano accolti e loro si erano ben integrati par amore del popolo e della terra veneta (oltre che del loro lavoro).
ogni uccello vola solo verso il “suo” stormo.