Indipendenza, per non essere cancellati
In questi giorni qui da noi si sta consumando un fenomeno nuovo, è stato superato un punto di non ritorno. Potranno pure cercare di venirci a dire quello che vogliono, potranno pure riempirci le prime pagine dei loro odiosi giornali con storie da bordello, potranno pure prendersela con il cielo e con il tempo, ma tra l’1 e il 2 novembre, tra la festività di Ognissanti e quella dei morti nella coscienza veneta si è insediato un sentimento nuovo. Un sentire profondo, che solo il dolore e il senso di ingiustizia può darti. Un emozione collettiva eppure intima che credo ognuno di noi riesca a fare propria.
La voglio chiamare la nostra catarsi nazionale veneta, così come mai in epoca recente avevamo potuto provare.
Il motivo principale per cui i media italiani stentano ad informarci su cosa è realmente avvenuto è proprio per limitare una nostra presa di coscienza generale che ad essere ferita in questi due giorni è stata la nostra identità veneta.
Già, perché se c’è qualcosa che ci appartiene da più di 3.000 anni è proprio la nostra cultura fluviale. I veneti nascono dai fiumi, sui fiumi, per i fiumi. Chi non è veneto non può capire.
Oggi invece tra le nostre menti si fa capolino il pensiero che il restare schiavi dell’Italia ci sta facendo perdere uno dei capisaldi fondamentali della nostra stessa essenza e cultura di veneti. Una cultura e un’essenza millenarie che non possono essere cancellate da un secolo e mezzo scarso di colonialismo italiano.
I fiumi, la loro pulizia, il viverci accanto, il sentirli amici e fratelli, il sapere cosa ti dicono e come ti plasmano la vita è un qualcosa di più infinitamente profondo delle bugie che ci vengono dette in queste ore. Bugie di italiani e ahimè di veneti incoscienti di essere tali.
Io ho ben vivo il ricordo della mia infanzia accanto al fiume, all’acqua, il pulsare del loro corso vitale. Il rispetto che il fiume ti dà e l’attenzione che pretende da te.
Il fiume è madre, in veneto. La Piave, la Brenta… madre e sorella, fonte di vita e di speranza.
Come possiamo permettere ad altri di rubarci ciò che è nostro da sempre, di sfregiarci nel nostro più intimo sentire, ora?
Non è una questione di soli soldi. È una questione di sopravvivenza. Ecco, l’indipendenza ci serve per esistere, per non essere cancellati!
I pellerossa veneti da questa settimana sentono qualcosa che solo loro possono sentire. E questo ci renderà più liberi e più forti.
Ecco il senso del dolore profondo di queste ore. Ecco il fiorire della nostra speranza, che prende vita dai fiumi veneti.
Gianluca Busato
Press News Veneto
If you liked my post, feel free to subscribe to my rss feeds
Bravo Giane !!!
Articolo fantastico !!!
Se ci fosse un premio per coloro che scrivono articoli su Internet, voterei per fartelo assegnare nei prossimi 100 anni a venire !!!
Da tempo ormai affermo che a mio avviso per accelerare la strada verso l’Indipendenza ci vorrebbe una crisi nera.
Io pensavo ad una crisi economica che facesse fare un balzo indietro ai veneti almeno di un centinaio d’anni… mi sbagliavo di brutto.
La crisi deve toccare l’intimo della nostra identità. Offendere la nostra identità. Doveva essere un attacco alla nostra identità.
E i fiumi, le balie identitarie dei veneti, ce lo stanno ricordando.
Come dici tu, è questo sentimento che solo noi possiamo sentire e comprendere che è stato violato, offeso, calpestato.
I fiumi veneti, straripati nei giorni scorsi, sono un po’ come il ceffone che la madre dà al figlio quando proprio non ne può più.
Speriamo che sia un ceffone così forte da non passare innoservato, che svegli menti e cuori veneti.
Andrea