Prima di entrare nel vivo di questo articolo premetto che tutto quanto andrò a dire non deve essere inteso ad oscurare ciò che i sindaci e amministratori locali hanno fatto durante l’alluvione. A simbolo per tutti prendo Achille Variati, che pure ha posizioni filosofico-politiche che non mi sono molto vicine, ma al quale non posso non riconoscere, come ad altri riconosco, gli elogi che si meritano per quanto fatto nei giorni dell’emergenza ed ancora fanno adesso. Ho preso Achille anche perché ha saputo lottare civilmente per il rispetto della volontà popolare nei giorni del referendum autogestito per il Dal Molin. Quell’area che da più parti si ode essere indicata come concorso in causa del disastro accaduto. Ed anche per questo motivo lo prendo come simbolo, di un rispetto dei valori della volontà popolare e della buona amministrazione.
Variati, come il presidente della prov. Vicenza, Attilio Schneck, e tutti gli altri amministratori locali, cioè quelle persone che davvero fanno (o meglio sarebbe, cercano) di fare funzionare le cose, sono in condizioni patetiche.
Le colonie africane sfruttate dalle potenze coloniali dell’ottocento, ci fa notare l’economista Pizzati, erano meno sfruttate di quello che è oggi il Veneto dall’Italia, e a questi signori tocca andare a Roma a far i mendicanti.
Tutta la storia è meglio raccontata qui, in questo articolo che invito a leggere fino in fondo, pubblicato oggi dal Giornale di Vicenza.
La farsa della repubblica delle banane è tutta condensata in quelle righe. Da una parte gli amministratori locali, abbandonati a loro stessi e pure ridicolizzati. Capiamoli, loro sono amministratori locali del Veneto, ai quali quando si dice ti assegno 10, sono convinti che arrivi 10. Non sono di cultura para-libica come lo sono i burocrati dell’Italia bizantina. Bertolaso che fa le promesse e poi sparisce nel nulla è forse il tratto più tragicomico di tutta la vicenda.
E peraltro la sperequazione nella mancata sospensione del pagamento, notare bene, dell’anticipo delle tasse, è stato inibito agli alluvionati, quando altrove e sempre è stato fatto in automatico a tempo di record.
Ma ricordiamoci che a Roma c’è la Lega Nord, ed è proprio la Lega Nord ad avere bocciato la proposta di rinvio del pagamento delle tasse. A Roma c’è anche il signor Galan, padovano ed ex governatore del Veneto che ha preso il posto proprio di Zaia, in un valzer di scambio di ruoli, e Brunetta, veneziano e ministro della funzione pubblica (che non funziona), e Sacconi, ministro del welfare (per chi non sa l’inglese, sarebbe il ministero per sperperare i soldi dei cittadini).
Insomma al governo, a Roma, è seduta la Lega Nord e il PDL, quelli con la maggioranza pure in Regione Veneto.
Questo è il grado di scollamento che se prima esisteva tra Regione e Roma, adesso si è spostato tra la Regione e le amministrazioni locali. Il prossimo passo di questa degenerazione sarà lo scollamento tra i cittadini e le loro amministrazioni locali, ed allora sarà “napoli veneta”.
Come un cancro il sistema governativo italiano stà erodendo tutte le persone che si occupano di governare il territorio, dal centro verso la periferia.
Ma noi non siamo periferia. Noi siamo il centro del Veneto, della Nazione Veneta. Agli amministratori locali è difficile chiedere un qualche cosa che và oltre la loro comprensione, nel senso di capienza. Un amministratore locale in fondo è uno che si occupa del suo paese, ed è giusto che sia così. E’ dunque difficile che egli arrivi a considerare una visione che supera questi confini, non per incapacità, ma per tipicità operativa. Ma questa volta deve essere compiuto uno sforzo.
Non c’è destra, non c’è sinistra. Un esempio ce lo da Antonio Guadagnini, un pioniere, l’uomo che aveva condotto ben 400 sindaci a perorare a Roma la causa di trattenere il 20% dell’IRPEF, ex UDC, quindici giorni fa ha aderito formalmente a Veneto Stato, un partito indipendentista “senza se e senza ma”.
L’idea della “calata a Roma dei sindaci per chiedere i soldi”, come si legge nell’articolo del GdV, alla luce dell’esperienza avuta da Antonio Guadagnini dove i 400 sindaci furono accolti a Roma dalle forze antisommossa, appare grottesca.
Ieri Pietro Collareda, capogruppo del consiglio provinciale nelle fila del PD, ha lanciato l’idea di proseguire in barba ai regolamenti. E per Dio ha ragione! Ed anche Gattolin, del Ppe, che suggerisce azioni ecclatanti fanno trapelare l’idea che ci sia almeno un piccolo slancio.
Tuttavia non credo che questo sia sufficiente, perché è sottomesso all’idea che comunque occorra agitarsi affinché il sovrano consenta qualche briciola di clemenza.
Ma tutti dovrebbero ricordare che in fondo sono soldi nostri! Perché i Veneti dovrebbero privarsi delle loro risorse per darle ad altri, specialmente quando qui si è nel bisogno?
E’ bene essere filantropi, perché il buon costruttore di libertà è colui che la difende ma sa anche mediare laddove il bisogno esiste. Ma essere filantropi con un taglieggiatore si finisce per diventargli complici.
Questa sudditanza deve essere superata altrimenti si resterà piccoli schiavi e ci si meriterà gli insulti che ormai quotidianamente arrivano ai Veneti. I sindaci devono coalizzarsi e fare un fronte unico per staccarsi dall’Italia.
Perché non c’è destra, non c’è sinistra, c’è SOLO il Veneto!
Claudio G.
Nota sul copyright: questo articolo può essere liberamente riprodotto in tutte le forme, provvisto che sia citata la fonte di Press News Veneto.
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