Oggi sono stato alla manifestazione organizzata da Veneto Stato, in Vicenza, in qualità di documentarista.
La manifestazione voleva essere in solidarietà a coloro che tanti danni hanno subito a causa dell’alluvione avvenuta dieci giorni fa, e per ribadire la necessità sempre più evidente di arrangiarsi a casa propria con l’indipendenza politica (ed economica). Invero i messaggi lanciati dai vari relatori sono stati spesso poco chiari, e troppo polarizzata la presenza di bandiere di VS dando la connotazione di una manifestazione puramente partitica. Questo forse ha contribuito, io azzardo, per un buon 50% di rejezione di interesse da parte della popolazione. Un’occasione perduta mi pare.
Già perché stando a debita distanza ho potuto cogliere le espressioni dei passanti, alcuni sollecitati con delle domande (“oh, ma par carità ca no te me filmi ca no vojo nar in tv”) a volte rifiutate con sdegno come se fossi il solito accattone di monetine dai carrelli del supermercato.
Diciamolo, questa gente mi stà un po’ sui coglioni. La loro sfera di privacy assume livelli sbalorditivi di intolleranza. A volte penso che essa si manifesti in fondo come un boomerang e ci sarebbe da ridersela a pensare che poi loro sono il parco buoi che viene munto fino a spremerne le cartilagini.
Ed i commenti uditi da questi passanti comprendevano questo misto di superficiale valutazione di ciò che assistevano con irrisione, che contrastava in modo spettacolare con l’entusiasmo devo dire inusuale dei partecipanti alla manifestazione.
Alcune persone, occorre dire, si fermavano a riflettere, alcuni non sorvolavano allegramente.
I negozianti sembravano i più sensibili e interessati. A loro quel messaggio “VENETO-STATO-INDIPENDENTE”, gridato a squarciagola dai manifestanti, bastava.
Altri, moltissimi, invece passavano a testa bassa, come se questo fosse un taboo, come in quei film dove il parroco del paese lancia i suoi strali contro la “malafemmina” per cui guai a solo guardarla! (Povere donne, sempre loro sono il “male”).
Altri ancora proprio se la ridevano. D’altra parte come biasimarli, quando c’è gente che urla “Viva San Marco!” se non addirittura “…quando nel 1797…” “Ah! Ah! Ah! Si, come no, questi sono ancora nel 1700,” uno urlò, dimenticando che 1797 in realtà è praticamente dire 1800, ma ecco, in fondo la sostanza non cambia. I nostalgici esprimono questa visione nei contemporanei, che se li vedono in un onirico carnevale di Venezia, di maschere e vestiti elaborati.
Un’altra passando dice all’amica: “ben valà, coesti i me fa pecà seto? ma-ma-ma te pensito?” Già, mi chiedevo proprio a cosa pensava. Seriamente.
E un’altra ancora “…par fortuna ca i xe in pochi…”, “ma sa vorli sti quà?”, “si el veneto indipendente, e dopo sa faxemo nantri?”
Molti poi i vecchi, tremolanti nel loro passo malfermo, resistenti e simbolo di questa società morente e decadente, confusi da questo urlare che disturba la loro quiete …eterna.
Lo so che con questo articolo farò molto male a molti entusiasti, e so che le valanghe cominciano con una palla di neve, ma qui credo ce ne voglia a diventare una valanga.
Perché spendersi per questa gente? Io non sono in grado di capirlo. Sono troppo egoista. Io li lascerei nel loro brodo, che poi abbiamo visto sono bravissimi a spalare via in fretta, anche senza soldi.
Io credo che abbia fatto molto bene il mio omonimo, seppure nemmeno parente, a evadere i suoi 12 milioni di euro di IVA. La logica non fa una grinza. Hai un sistema corrotto che indulge nella concussione ed è dunque facilmente corruttibile, che mano a mano che si sale di livello diventa sempre più faccendiere, e dall’altra parte una mandria di struzzobuoi che con la testa infilata nella sabbia, ma ormai questa è diventata merda, espongono per bene le mammelle per farsi mungere e il culo pure per divertirsi.
Secondo me Andrea Ghiotto è un genio. E sia chiaro che non intendo con questo fare apologia di reato: sapete, in questa farsa di paese vale molto la forma, sia mai che io la infranga che poi rischio di non riuscire a farla franca magari un giorno infrangendola nella sostanza!
Perché qui c’è un invito a nozze a fare i mascalzoni.
E la colpa non è dei mascalzoni.
Claudio G.
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Caro Claudio,
prima di vedere la tua firma sul fondo dell’articolo, sapevo già che ne eri stato tu l’estensore. Vi si riconosceva distintamente il tuo spirito anarco-libertarian, decisamente incazzato col mondo dopo l’ahinoi modesto risultato elettorale di marzo.
Hai ragioni da vendere, ma mi permetto di farti un’osservazione, dato che io stesso sono uno strenuo fautore del mercato.
Tu critichi il popolo bue (e pure struzzo, e anche un po’ stronzo, in verità) che se la ride, si nasconde, ignora, fugge. E non è che siano falsità, tutt’altro. Ma pensiamo a una cosa: costoro non sono forse, semplicemente, persone la cui visione del mondo sovverte diametralmente il celebre motto di Don Milani, trasformandolo in un “sortirne da soli è la politica”?
Cosa voglio dire?
Voglio dire che, per quanto antipatici e, per molti aspetti, stolti, poiché nel gioco del dare-avere finiscono per perderci nella partita truccata gestita dallo Stato-baro, essi comunque riescono a garantirsi tuttora uno dei livelli di benessere fra i più elevati al mondo, una qualità della vita da far invidia a miliardi di persone, compresi i neoborghesi cinesi che respirano carbone puro (altro che CO2) e quando si crea una coda possono restarci per una settimana…
Insomma, i veneti saranno pronti a secedere o quando il loro benessere diffuso sarà veramente in pericolo serio e strutturale, oppure quando ci sarà un soggetto politico capace di dimostrarsi più forte degli altri e possibilmente anche abbastanza “attraente”. Un po’ cool, se mi passi il termine.
Sulla prima condizione, ci sarebbe in verità da non augurarsela, ma bisogna osservare che i numeri macroeconomici non dicono niente di buono per lo Stato italiano, quindi, chissà…
Sulla seconda, per quanto tu abbia amesso in luce alcuni tipici tic ideologici del venetismo (le nostalgie del passato, ad esempio), ti assicuro che la vostra situazione, vista dalla sonnecchiante Lombardia, è mille volte più entusiasmante di qualsiasi altra. Voi siete sulla buona strada per diventare “i tipi giusti”, se mi passi lo slang giovanilistico.
Se solo posso permettermi un consiglio, ma so che dirò cose che già sapete e già fate da tempo, puntate soprattutto sul consolidamento dell’organizzazione e sulla continua diffusione del messaggio indipendentista, in ogni salsa, con ogni mezzo, in ogni ambiente. Ci vogliono pazienza e costanza, doti che, da Veneti doc, non vi mancano.
E’ come un’impresa, Claudio.
Anche a Ford avevano detto che sarebbe durato poco, e non penso che in quel momento provasse sentimenti di sfiducia nei suoi (dis)simili molto diversi dai tuoi.
Un caro saluto separatista lombardo,
Enrico Cernuschi
me fa piaxèr (despiaxèr in fondo) ca te ghe dito ste robe ca le xe coele ca dixevo tenpo indrio. coiè coando scoltando coà e là no gavevo mia na bona inpresion de partiotixmo veneto ma pitosto tajian.
però gò scoltà isteso coalchiduni ca me dixeva che le robe no le xe cofà dixevo mi… e gò continuà a seprar so na desmisiada veneta specie dopo l’aluvion.
acoa… solo che acoa, ma no fora dai fiumi, in tela suca.
a te si sta precixo precixo de la me sensasion ca cato de sto popolo (incluxa la reasion).
a venesia i se dixe “magnacapèe”.
ciao claudio,trovo interessante queo che te ghe scritto.In effetti la gente al nostro passaggio reagiva in maniera diversa. Me gà impressionà però tre tosi sui 20 anni fermi su un muretto che co’ naltri non c’entrava gnente che dopo qualche minuto che gerimo fermi proprio davanti a lori dopo un po’de esitasion i ga tacà sbeccare anca lori ” veneto- stato- indipendente” come se fosse stà na liberasion poderlo dire. Certo da contraltare na signora ansiana me ga dito ” ma sio matti co’ tutti morti che ga fatto Garibaldi!”. Al to commento te voio rispondere cosi..” Noi portiamo ad un popolo un messaggio di speranza e libertà che si chiama indipendenza.Ne farà quel che vorrà, ma noi non glil ‘abbiamo certo negato.” Mi personalmente fasso quel poco che riesso a fare par me fioi el resto conta poco. Ciao.
deso n’autocritica:
sigar “veneto indipendente” no fa pì de massa perchè conta coel ca se trasmete. e coel ca cato mi xe fato in na maniera “poitega” cofà ti dtxevi ti.
me go da ripeter so sto ponto: si el veneto stato el vol essar on partio, andatà incontro senpre a ste robe.
on movimento xe diverso in te la so strutura.
Grazie a tutti per i commenti, ed in particolare ad Enrico.
Leggento proprio il tuo commento, Enrico, ho percepito l’idea che sia opportuno chiarire una cosa.
Primo, io non ho più ruoli nel nuovo partito, per motivi personali e per essere neutrale essendo che ho avviato l’iniziativa della tv sperimentale via internet.
Secondo, anche questo stesso blog è diventato uno strumento di informazione e discussione aperto e libero. Ne è la prova la mia presenza che non risparmia critiche.
Quindi i messaggi di organizzazione saranno da indirizzare al/ai movimenti e partito/partiti che gestiscono ed organizzano questa cosa.
Per il resto, io accetto la realtà: se intorno vedi il deserto non puoi illuderti di essere nella foresta.
Allo stesso modo, non puoi incazzarti dell’esistenza di predatori se la savana è popolata di tante ineluttabili prede.
Caro Claudio,
anche se non ho il piacere di conoscerti di persona, conosco abbastanza le tue vicissitudini all’interno del PNV, per averle seguite “in diretta” dalle primarie -in cui ti votai :)-, alla vittoria, alla rinuncia al ruolo di candidato principale nel ticket con Panto, alla delusione elettorale delle Regionali e al ritiro dalle posizioni direttive del partito.
Ma, credimi, non era poi così sbagliato il mio rivolgermi con qualche consiglio a te come se tu fossi ancora un responsabile del PNV o, meglio, di VenetoStato. Infatti io penso che chi ha avuto un ruolo primario nella fondazione del PNV e tuttora è attivo nella galassia del nuovo indipendentismo veneto, faccia parte di un grande movimento che ha una missione condivisa, al di là delle forme e degli incarichi ricoperti. E comunque il mio consiglio voleva essere rivolto anche a tutti gli altri, a tutti voi che, in una veste o nell’altra, in un partito o in un’altra entità, siete artefici oggi di questa rivoluzione indipendentista veneta che dalla Lombardia guardiamo con grande attenzione e, ti dirò, con una certa invidia. Perchè, nonostante tutto, voi agite in un contesto più favorevole, più fertile. Forse, in una parola, più pronto.
Tu dici che è un deserto, ma io ti dico che così non appare visto da fuori, forse con uno sguardo più da osservatore che non da attore (in senso politico).
E in ogni caso permettimi di dirti che gli Israeliani hanno dimostrato che il deserto può essere reso fertile (e anche gli abitanti di Las Vegas, seppur con qualche differenza…); e la storia umana è fatta di prede che ad un certo punto preferiscono diventare cacciatori o, almeno, uomini un po’ più liberi. Bisogna “solo” saper accendere la scintilla.
Ma per far questo bisogna accettare il proprio ruolo di messaggeri, missionari, evangelizzatori, testimoni -la sostanza è sempre la stessa-. E credo che se tu sei qua a filmare, documentare, scrivere, criticare, incazzarti, significa che non hai smesso di credere. E a me tanto basta per continuare a sperare. Veneto indipendente!
Con amicizia e stima,
Enrico
Sono commosso Enrico.
Ne sono felice e onorato 🙂