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Il potere d’acquisto nelle regioni italiane

di Lodovico Pizzati

Tratto da noiseFromAmerika

Quando si paragona il potere d’acquisto del reddito pro capite di paesi diversi occorre tener conto del tasso di cambio e del diverso livello generale dei prezzi in ciascun paese. Quando guardiamo alle differenti regioni di un singolo paese, un ulteriore elemento entra in gioco: la redistribuzione del reddito che avviene tramite tassazione e spesa pubblica. Cosa succede al potere d’acquisto nelle diverse regioni italiane quando entrambi questi elementi sono presi in considerazione?

Per comparare a livello internazionale il potere d’acquisto di due paesi occorre tenere conto sia del tasso di cambio sia del diverso livello dei prezzi nei due paesi. Quanto può comprare una sterlina guadagnata in Gran Bretagna rispetto ad uno yen guadagnato in Giappone dipende quindi dal cambio tra sterlina e yen e dai prezzi dei beni di consumo in Gran Bretagna e in Giappone.

Il cambio di valuta sparisce come fattore se i paesi utilizzano la stessa moneta, come nel caso dei paesi dell’area euro, ma il livello dei prezzi rimane rilevante. Un euro guadagnato in Finlandia non ha lo stesso potere d’acquisto di un euro guadagnato in Portogallo. I beni di consumo possono avere prezzi ben diversi anche all’interno della stessa area monetaria. Finlandesi e portoghesi vivono in mercati distanti ed eterogenei, e per paragonare il potere d’acquisto del loro reddito è fondamentale considerare i prezzi dei rispettivi beni di consumo.

Anche all’interno di diversi stati, specie i più ampi, esiste una notevole diversità, e se si vuole paragonare il reddito di regioni all’interno di uno stato serve applicare lo stesso ragionamento del potere d’acquisto. Eurostat rende disponibili dati sui PIL regionali, e da la possibilità di visualizzarli sia in euro correnti che rielaborati per parità di potere d’acquisto. Con mia grande sorpresa ho notato che i prezzi utilizzati per rielaborare i PIL regionali, sono i prezzi nazionali. In sostanza, se si vuole paragonare il PIL veneto con quello bavarese, Eurostat fornisce una rielaborazione tenendo conto dei prezzi medi in Italia e in Germania. Ma se si vuole paragonare il PIL veneto con quello siciliano, non sono facilmente disponibili indici di prezzi regionali.

L’Istat cataloga l’andamento dei prezzi sia per regione che per provincia, ma sono disponibili solo come indici di inflazione. In altre parole è possibile conoscere l’inflazione mensile in Veneto e in Sicilia negli ultimi 15 anni, ma non ho trovato immediatamente disponibile la differenza di prezzo tra un paniere siciliano e un paniere veneto. Sappiamo di quanto aumentano i prezzi a Vicenza e Messina, ma non sappiamo se comprare un litro di latte, mezzo chilo di pane, due etti di formaggio, un paio di scarpe e un materasso oggi costa di più a Vicenza o a Messina.

I dati grezzi per fare questo calcolo esistono certamente, ma disponibile su internet ho trovato solo questo studio del 2009 fatto dalla Banca d’Italia basandosi su dati dell’ISTAT, del Ministero dello Sviluppo Economico, e della Banca d’Italia stessa. La tavola A2 dello studio mette in risalto la divergenza di prezzi tra regioni secondo diverse stime. Tutte le diverse stime presenti nella tabella, che si basano su metodologie diverse, concludono che al Nord i prezzi sono mediamente più alti del 25%-30% rispetto al Sud.

Dunque, se questa è la differenza di prezzi dei beni di consumo in varie regioni, qual è il PIL regionale normalizzato per parità di potere d’acquisto? Per avere un paragone interregionale accurato del PIL pro capite non basta basarsi sulla differenza di prezzi, ma bisogna tenere conto di un secondo fattore, forse ancora più importante.

Quando si paragona il reddito medio tra vari paesi si utilizza come statistica il reddito lordo, o il Prodotto Interno Lordo (PIL). Non ha importanza guardare al reddito netto, disponibile dopo le tasse, perché a livello aggregato le entrate fiscali vengono redistribuite come spesa pubblica. Gli irlandesi avranno anche un reddito netto ben superiore a quello svedese, perché in Irlanda la pressione fiscale è notevolmente più bassa della socialdemocratica Svezia. Ma a livello aggregato gli svedesi ricevono indietro le loro tasse sotto forma di servizio pubblico. Per questo è più attendibile paragonare il PIL, oppure il redditi lordo, perché indirettamente include anche i servizi pubblici che un cittadino riceve.

Questo non è altrettanto vero se vogliamo paragonare i PIL tra regioni di uno stesso stato. Le regioni non sono stati indipendenti che reinvestono autonomamente le proprie risorse fiscali sotto forma di servizi pubblici solo nel proprio territorio. Specie in stati centralisti come quello italiano, il residuo fiscale può essere notevolmente negativo in alcune regioni, e positivo in altre. Dopo i prezzi, il residuo fiscale è il secondo fattore da considerare se vogliamo paragonare il reddito medio tra regioni.

Un paragone serio del potere d’acquisto regionale deve tener conto sia delle notevoli differenze in residuo fiscale che dei diversi poteri d’acquisto dovuti ad un costo della vita molto eterogeneo all’interno dello stato italiano. In quanto segue presento i PIL pro capite regionali tenendo conto di entrambi questi fattori, sia la differenza regionale di prezzi che la differenza in residuo fiscale.

Prima di tutto, ecco la distribuzione regionale della pressione fiscale procapite.

Nota: Dati 2007 forniti dai Conti Pubblici Territoriali del Ministero del Tesoro italiano, suddivisi per popolazione regionale (dati Istat presi da quiqui)

Ho utilizzato il totale di entrate fiscali (irpef, iva, irap, bollo auto…) diviso per la popolazione residente per sottolineare lo stereotipo del ricco Nord e del povero Sud. Certo che chi paga le tasse a Napoli le paga in percentuale tanto quanto in qualsiasi altra parte dello stato italiano, ma utilizzando la cifra aggregata risalta che ci sono meno tasse pagate al Sud rispetto al Nord. In parte questo è dovuto ad una distribuzione geografica del reddito lordo (più poveri al Sud che al Nord), ma come già documentato questo è accentuato da una più elevata evasione fiscale al Sud. Il fattore geografico viene evidenziato colorando le regioni settentrionali di verde, quelle centrali di bianco, e quelle meridionali di rosso.

Questo secondo grafico presenta i PIL pro capite regionali, che hanno una distribuzione regionale meno accentuata rispetto alle tasse. Ciò è appunto dovuto alla distribuzione geografica del sommerso.

Nota: Dati 2007 forniti da ISTAT

I dati su questo PIL regionale pro capite rappresentano il reddito lordo medio in ogni regione. Se fossero degli stati indipendenti quanto viene prelevato da questo lordo viene restituito in servizi pubblici, perciò il PIL procapite diventa una decente approssimazione del benessere medio. Questo non è vero per le regioni all’interno di uno stato, soprattutto se molto centralista come l’Italia. Se da un reddito lordo vengono sottratte più tasse di quanto si riceve indietro in servizi pubblici, è chiaro che questo influenza il livello medio di benessere. Quindi, per valutare l’effettivo potere d’acquisto regionale, bisogna aggiustare i valori di PIL pro capite per i rispettivi residui fiscali regionali (la differenza tra tasse e servizi pubblici).

La seguente tabella sottrae dai dati sul Pil pro capite di Istat il residuo fiscale di ogni regione, calcolato dai Conti Pubblici Territoriali del Ministero del Tesoro.

2007 Pil pro capite Residuo Fiscale Pil pro capite (conciliato con residuo fiscale)
Valdaosta 32283 8313 40596
TrentinoAA 30705 1392 32097
FriuliVG 27696 2189 29886
Lazio 28764 64 28828
EmiliaRom 30050 -2479 27571
Lombardia 31228 -3996 27233
Liguria 25547 1390 26937
Toscana 26853 -620 26232
Veneto 28350 -2568 25781
Piemonte 27160 -1432 25728
Marche 25031 -86 24945
Umbria 22971 1635 24606
Sardegna 20206 3733 23939
Molise 19680 3004 22684
Abruzzo 20951 1342 22293
Basilicata 18484 3044 21528
Sicilia 16937 3821 20757
Calabria 16685 3630 20315
Puglia 16912 2506 19417
Campania 16658 2023 18681

Nota: Dati 2007 da ISTAT CPT

La distribuzione è ancora più livellata quando teniamo conto anche del residuo fiscale. Il contribuente veneto riceve indietro meno spesa pubblica di quanto paga di tasse, e il contribuente siciliano riceve più spesa pubblica di quanto paga di tasse. Naturalmente stiamo parlando di medie regionali, e non si sostiene affatto che questa redistribuzione interregionale di risorse influenzi la distribuzione dei redditi intraregionale.

Nota: Dati 2007 da ISTAT CPT

Ora, dopo aver ridimensionato i PIL pro capite per la diversa pressione fiscale resta da pareggiare il potere d’acquisto, dato che il costo della vita varia notevolmente lungo questo stato eterogeneo e bislungo. Come anticipato, uno studiodella Banca d’Italia calcola una differenza di prezzi tra Nord e Sud del 25%-30%. La seguente tabella riporta i panieri regionali calcolati nella colonna 6 della tabella A2 del paper della Banca d’Italia (utilizzando i divari dei prezzi elaborati dall’Istat per le maggiori categorie di spesa, e l’indagine sui bilanci delle famiglie della Banca d’Italia per affitti effettivi e imputati).

Panieri Regionali
Lombardia 114.4
Liguria 112.8
TrentinoAA 112.6
Lazio 111.9
Toscana 111.3
EmiliaRom 109
FriuliVG 107.8
Umbria 106.5
Valdaosta 106.5
Piemonte 105.1
Veneto 101.3
Marche 97
Abruzzo 92.7
Sicilia 92.6
Puglia 91.8
Campania 91.1
Sardegna 90.7
Calabria 85.2
Basilicata 85
Molise 84.9

Nota: Tratto da Colonna 6 della Tavola A2 di L.Cannari e G.Iuzzolino, “Consumer Price Levels in Northern and Southern Italy”, Bank of Italy Occasional Paper n.49, July 10, 2009

Il seguente grafico raffigura il PIL pro capite regionale, ridimensionato dalle differenze in residuo fiscale e moltiplicato per (il costo de) i diversi panieri per calcolare il potere d’acquisto regionale.

Nota: Dati 2007 adeguati con pesi del paniere Istatprezzi forniti da studio Banca d’Italia

Il grafico mostra come la distribuzione del PIL pro capite tra regioni, non è poi così disuguale una volta tenuto conto della redistribuzione fiscale e delle differenze nel costo della vita. Il punto di questo articolo non è fare una graduatoria precisa perché ci sono alcuni punti deboli nei dati:

I) La differenza tra panieri regionali si basa su delle stime dei prezzi, ma volendo l’Istat ha a disposizione dati ben più dettagliati.

II) La differenza tra residui fiscali si basa su dati ufficiali del ministero del tesoro (il database Conti Pubblici Territoriali) che per quanto ufficiale non è molto attendibile. Non solo i residui variano abbondantemente di anno in anno, ma anche per lo stesso anno (il 2007) ho notato dati diversi da quando l’ho consultato un anno fa (il residuo siciliano era +10 mld e ora è +20 mld; e il residuo veneto era -20 mld e ora è -13 mld, sempre per il 2007).

III) Esistono senzaltro alcune anomalie:

A) Per la Regione Lazio (già discusso qui).

B) Probabilmente per la Val d’Aosta non è detto che tutto questo surplus fiscale arrivi come spesa pubblica per i valdostani, ed essendo loro in pochi (127 mila), questo potrebbe distorcere il loro reddito medio.

C) Regioni con capoluoghi importanti, tipo Roma, Milano e Torino, possono contenere redditi aziendali di attività economica che ha luogo in altre regioni.

Tenendo conto di questi punti sopra elencati non è importante evidenziare che, date queste cifre per il 2007, toscani e lombardi risultano più poveri di calabresi, abruzzesi e lucani. O che, salvo gli statuti speciali alpini, in Molise si ha il reddito medio con più potere di consumo che altrove. La classifica può cambiare di anno in anno, o raffinando la qualità dei dati o semplicemente perché i redditi regionali sono molto più livellati di quanto possa apparire. Questo è il punto da sottolineare: tenendo conto di residuo fiscale e del costo della vita, non esiste più una divisione geografica tra Nord e Sud, e i colori bianco rosso e verde delle regioni sono ben mischiati. Utilizzando diverse stime della Banca d’Italia la classifica può cambiare, ma appunto perché la distribuzione del reddito medio risulta molto piatta. Per evidenziarlo riporto  nella seguente tabella gli stessi valori come reddito mensile

PIL pro capite mensile
Valdaosta 3177
TrentinoAA 2375
FriuliVG 2310
Molise 2227
Sardegna 2200
Lazio 2147
Marche 2143
Veneto 2121
Basilicata 2111
EmiliaRom 2108
Piemonte 2040
Abruzzo 2004
Liguria 1990
Calabria 1987
Lombardia 1984
Toscana 1964
Umbria 1925
Sicilia 1868
Puglia 1763
Campania 1709

Nota: Reddito mensile lordo adeguato a residuo fiscale e potere d’acquisto.

Non so se in Molise si vive meglio che in Lombardia, ma con uno stipendio medio a Campobasso pare che si possa fare più acquisti che con uno stipendio medio bresciano. Secondo questo esempio mediamente ti ritrovi con 243 euro in più al mese, che sono 8 euro al giorno. L’esatta differenza numerica senzaltro non è precisa, e tantomeno la classifica, ma di sicuro lo stereotipo del ricco Nord e povero Sud non è vero.

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