di alberto bisin, michele boldrin e sandro brusco
Il dibattito di politica economica italiano non sembra essere mai sazio di idee nefaste. In questi giorni si fa un gran parlare di una patrimoniale straordinaria con l’obiettivo di ridurre il debito pubblico. Proviamo a spiegare perché si tratta di una idea assurda e inefficace, usando un po’ di economia ma senza esagerare, che quando le idee sono così assurde spesso basta il buon senso.
Le origini della discussione
L’idea dell’imposta patrimoniale è venuta a mezzo mondo, durante gli ultimi anni, a volte come spauracchio o minaccia, a volte come supposta soluzione dei nostri problemi di finanza pubblica. L’attuale dibattito, comunque, parte da un discorso fatto da Giuliano Amato in dicembre, a cui fanno seguito un vasto numero di commenti più o meno positivi e quasi tutti di sinistra. Camusso, De Benedetti, Piercarlo Padoan, sono tutti a favore di una patrimoniale per ridurre lo stock in essere del debito – problema che ossessiona tutti: persinoGiannino ha la sua versione … mentre Della Vedova propone dismissioni patrimoniali pubbliche, sempre allo stesso fine – sino al culmine del discorso di Veltroni a Torino, dove la patrimoniale viene presentata come ingrediente essenziale di una miracolosa manovra di finanza pubblica.
Pietro Ichino (who should know better, si dice qui da noi) arriva in aiuto a Veltroni – a gamba tesa però – roba da rosso diretto. Prima ci spiega che ci dobbiamo fidare, che questa volta dopo la patrimoniale arrivano i tagli; e poi ci dice che invece delle nuove promesse di liberalismo di Berlusconi no che non ci dobbiamo fidare, perché lui non ha la reputazione, non ha mai fatto nulla di liberista. Nessuno qui si fida del liberismo di Berlusconi, proprio no. Ma della capacità del PD di tagliare la spesa dopo una bella patrimoniale (che ritarderebbe la necessità di tagliare la spesa) noi non abbiamo visto alcun segnale. Alcuno. Mai. E poi mai.
Continuiamo comunque. A dare un tono “tecnico” all’intera cosa, arriva infine, un’intervista sul Corriere della Sera di tal Pellegrino Capaldo, il quale si diletta a darci una magistrale lezione di finanza, pubblica e non. Tralasciamo le ironie sui tecnicismi di Capaldo. Troppo facili e fanno comunque parte del lungo volume “elites italiote” che i nostri lettori oramai conoscono molto bene. Capaldo, come Amato ed altri, è solo un altro esemplare di quella nociva specie.
Ma veniamo alle questioni di fondo.
Siamo veramente a rischio di bancarotta sul debito pubblico? E, che ci siamo o no, come possiamo evitare di finirci a rischio di bancarotta?
Cosa bisogna fare
Il debito è quello che gli economisti chiamano una variabile stock, cioè è il risultato dell’accumulazione passata di deficit (variabile flusso). Il rischio di default sul debito si ha quando i mercati finanziari (i “bond vigilantes” ) prevedono un debito che cresce senza controllo, ossia tale che il debitore, con i flussi di reddito a sua disposizione, non riesce a pagare gli interessi e, quindi, non trova nessuno disposto a rifinanziargli il capitale a tassi consistenti con la capacità suddetta di pagare interessi. Notate che il ragionamento appena fatto ha un aspetto “circolare”, che è importante. Oltre ad un ovvio aspetto dinamico: se al momento lo stock te l’hanno finanziato e gli interessi riesci a pagarli, non è lo stock la causa della crisi. È il flusso atteso, ossia le variazioni dello stock, che crea tensione ed ansia. Prendere nota, che ci ritorniamo sopra.
Quindi, perché vi sia rischio di default sono necessari aspettative di sostenuti deficit futuri, qualunque sia lo stock in percentuale al PIL. Qui, per capire che lo stock conta relativamente poco, tenete in mente l’Argentina del 2000 o l’Irlanda e la Spagna del 2010, da un lato (hanno stock inferiori al nostro) e Giappone, dall’altro (che ha uno stock quasi doppio, sempre in % del PIL). Più che il livello attuale del debito, quindi, le aspettative sui deficit futuri sono la variabile cruciale, quella che ci salva o ci rovina. Non è che l’attuale livello del debito non conti, naturalmente; quale dinamica dei deficit futuri sia sufficiente a mettere un paese a rischio default dipende da quanto debito sia già stato accumulato e quindi da quanti interessi vanno pagati. Per questo l’Italia ha poco margine. Ma la questione cruciale resta comunque se il paese è in grado di pareggiare il bilancio nel futuro, più che quanto debito si è accumulato fino ad adesso.
E quindi, NON CI SONO SCORCIATOIE. Il rientro dal rischio default sul debito richiede il pareggio del bilancio. E il pareggio del bilancio richiede minore spesa pubblica e/o maggiori tasse. E possibilmente il pareggio va ottenuto senza gravi danni in termini di crescita perché solo la crescita del PIL, a valore nominale costante dello stock di debito, può rendere il rapporto fra i due “piccolo” nel lungo periodo. Pareggio di bilancio e crescita, dunque, sono le UNICHE due soluzioni vere ai problemi del debito.
Altro che balle. Come quelle di Berlusconi, che nella sua lettera al Corriere farfuglia e cincischia di una ripresa della crescita, solo per scadere nel ridicolo più penoso affermando che tale crescita si può ottenere con una modifica dell’articolo 41 della costituzione (!) e grazie agli ”effetti positivi, di autonomia e libertà, della grande riforma federalista”. Fenomenale, il potere delle idee: dichiariamo nella costituzione che siamo liberali e i fiori liberali fioriranno, gli imprenditori saranno liberi e felici di intraprendere e tutto profumerà di rose selvatiche, anche la munnezza di Napoli. Se ci fosse bisogno di una prova che Berlusconi e il suo governo non sanno nemmeno da dove cominciare per favorire la crescita, questo suo delirante intervento la fornirebbe. Ma i fatti hanno già parlato, e comunque Michele si è già preso altrove la briga di sbeffeggiare il sultano.
Prima di lanciarsi in improbabili proiezioni di un paese che cresce al tre-quattro per cento, Berlusconi o chi per lui faccia la prima cosa ovvia e chiara da fare. Inizi a mettere in ordine i conti pubblici. Quelli ordinari, quelli di tutti i giorni. Assicuri che le entrate ordinarie siano maggiori o uguali alle uscite ordinarie.
Perché un’imposta straordinaria è inutile e assurda
Minore spesa e/o maggiori tasse, dicevamo. La patrimoniale fa parte delle seconde, ovviamente. Ma ci sono tasse e tasse. La patrimoniale che oggi viene proposta è un’imposta straordinaria e in questo sta una buona parte della sua inutilità e assurdità. Ci spieghiamo.
I nostri politici, come i politici di tanti altri paesi, sono abituati a considerarsi meglio degli altri. L’analisi economica li considera invece come attori economici al pari degli altri, con i propri obiettivi personali da raggiungere. Gli obiettivi personali sono quelli di tutti, accrescere il proprio benessere perseguendo maggiore ricchezza e potere. È solo quando il contesto istituzionale pone limiti chiari al loro operato che i politici favoriscono anche il bene pubblico.
Quando valutiamo una particolare politica pubblica, in questo caso una politica di riduzione del debito, la domanda da porsi è: come cambiano gli incentivi dei politici? Questa non è solo la domanda che si pone qualche economista fuori dalla realtà. Questa è la domanda che si pongono gli investitori quando devono prestare allo stato i propri soldi in cambio della promessa di rivederli tra dieci anni. Come cambiano gli incentivi dei politici? Il provvedimento rende più o meno probabile che i politici mettano il bilancio pubblico su un sentiero che porta alla solvibilità e che mi aiuterà a recuperare il capitale?
Una volta chiarito che questa è la domanda, diventa immediatamente chiaro perché la patrimoniale straordinaria è un’idea inutile e assurda; macché: DELIRANTE. A fronte di una improvvisa pioggia di denari che entrano nelle casse pubbliche, come pensate reagiranno i nostri politici? Non c’è bisogno che lo spieghiamo vero? Voltremont, abbiamo abbondamente documentato, non è mai stato timido quando si è trattato di aumentare la spesa primaria. E Voltremont è uno dei migliori – o almeno ha la reputazione di esserlo e non abbiamo ragione di credere che non sia vero. Avete presente le storie degli aristocratici incapaci a fannulloni che si sono rovinati perché, per pagare i debiti, anziché lavorare si son messi a vendere il patrimonio un po’ alla volta? Ecco, la patrimoniale è esattamente la stessa cosa – infatti, quel genio del Capaldo e, prima di lui, il Mangiamorte per eccellenza, tal Fortis, proprio così l’hanno spiegata! – e porterebbe ad esattamente le stesse conseguenze.
Un bell’esempio di quello che succederebbe se una patrimoniale alleggerisse il vincolo del debito pubblico è presto fatto. Dopo l’avvento dell’euro i tassi sul debito pubblico italiano sono notevolmente diminuiti. Non è una patrimoniale ma ha di fatto avuto lo stesso effetto: alleggerire il vincolo del debito pubblico, riducendone il costo per interessi. Il costo del servizio del debito è inferiore, la finanza pubblica risparmia, e il rientro dal debito è notevolmente facilitato: basta non far nulla. Cosa è successo, invece? È stato tutto un neutralizzare i risparmi derivanti dalla riduzione dei tassi di interesse mediante aumenti della spesa. Altro che non far nulla. Un calo secco del debito pubblico mediante patrimoniale straordinaria fornirà semplicemente maggiore margine di manovra per il populismo reazionario del nostro signore oscuro o per quello rivoluzionario di Vendola.
Alcuni, tipo Veltroni e Pietro Ichino, pensano di pararsi le chiappe dicendo che la patrimoniale va accompagnata ad altre misure di carattere strutturale, che aiutino la crescita e pareggino il bilancio. Beh, se veramente si riesce a ridurre la spesa pubblica arrivando al pareggio del bilancio e ad attuare misure liberalizzatrici e di riduzione del carico fiscale che portino alla ripresa della crescita ALLORA la patrimoniale è inutile. È solo se non si crede di essere in grado di fare le necessarie riforme strutturali che bisogna mettere il tampone.
Minore spesa o maggiori tasse?
La questione quindi è sempre la stessa. C’è spazio per ridurre la spesa? Non dovremmo invece fare l’opposto, aumentare le tasse ed estendere il welfare ai precari e a “tutti coloro che non arrivano alla fine del mese”? Perché non possiamo anche noi fare come in Svezia?
Perché già facciamo come in Svezia. Non ve ne siete accorti? Paghiamo per lo stesso welfare svedese, anche un po’ di più. Se poi non riceviamo le stesse prestazioni è mica colpa di nessuno (per quelli con il senso dell’ironia artrofizzato: il “colpa di nessuno” è ironico). La Tavola sotto viene dall’Economist ed è stata compilata da KPMG. Include tasse sul reddito e contributi alle pensioni.
Siamo ben sopra alla Svezia. Allora delle due l’una. O il nostro sistema di welfare è superiore a quello della Svezia, oppure c’è un casino di grasso che cola e che si può tagliare, nella spesa pubblica italiana. Chiunque non dico abbia visitato la Svezia ma anche solo ne abbia sentito parlare una volta mezzo addormentato davanti alla televisione sa che la loro rete di protezione sociale è ben superiore alla nostra. E allora, signori cari, c’è ben più spazio sul lato dei tagli che non da quello di nuove tasse.
Maggiori tasse riducono l’attività economica – da dove crediamo che venga il nostro 1% scarso da 15 anni e oltre se non dal combinato di tasse altissime e settore pubblico che spreca senza produrre nulla di utile? Se è vero, come è vero, che cola il grasso ed il settore pubblico le risorse le spreca, allora è ovvio cosa sia l’uno-due che occorre mettere in atto. Uno: la spesa si può ridurre senza grossi effetti sull’attività economica ma con positivi effetti sul deficit e, quindi, sui tassi ed il costo del debito. Tagliare la spesa pubblica che non sia funzionale alla crescita e che non offra effettiva sicurezza sociale avrebbe, anche, dei chiari effetti redistributivi: dai rentier (ovunque essi siano) ai ceti produttivi. Niente di male a nostro avviso. Due: le maledette “riforme strutturali” che oramai non riusciamo neanche più ad elencare tanto rituale e vuota è diventata la litania in questa Italia sgovernata. Ma non ci sono alternative: solo questo uno-due risolve il problema del debito e, paradossalmente, rende possibile aumenti futuri della spesa pubblica per “fare come in Svezia”. Tutto il resto è aria fritta.
E anticipiamo Veltroni e i suoi amici, la cui prossima proposta è senza dubbio una grande caccia agli evasori: anzitutto, non sono abbastanza e, secondo, le tasse riducono l’attività economica anche quando le pagano gli evasori. Questo non per dire che la lotta all’evasione non sia cosa buona; è ottima. Ma è importante abbassare le tasse a chi le paga mentre le si alzano a chi non paga. È sempre lo stesso discorso, se le tasse degli evasori vanno ad aumentare la spesa pubblica, magari assieme ai proventi della patrimoniale, al paese non servono, vista la scarsa produttività della nostra spesa. Perdippiù, questo conto l’abbiamo fatto svariate volte e ci siamo stancati di ripeterlo: ogni realistica e seria politica di lotta all’evasione (a livelli svedesi, tanto per rimanere in scandinavia) non genererebbe risorse sufficienti a ridurre il deficit senza tagliare la spesa. Su questo tema il PD, l’IdV e la stampa di sinistra continuano a produrre propaganda veramente dannosa che alimenta sciocche illusioni nel loro elettorato. Dovrebbero smetterla, fanno solo danno!
Incidentalmente, buona parte delle considerazioni che si applicano alla patrimoniale straordinaria si applicano ugualmente alla dismissione di beni pubblici. Non è che questa non sia una buona idea, non fa necessariamente male ridurre il debito o rendere più produttivi immobili e altri attivi che ora vengono sotto-utilizzati nel settore pubblico. Ma un’entrata una tantum e non può risolvere il problema se al tempo stesso non si raddrizza il bilancio. La chiave resta sempre e comunque la riduzione della spesa. Senza quella, gli effetti della dismissione saranno temporanei e tra 4-5 anni saremo punto e a capo. Meglio, anzi necessario ed u rgente, iniziare dalla cura vera, non dai palliativi. Son vent’anni che il paese si alimenta di cerotti temporanei e le condizioni dell’infermo peggiorano continuamente.
Chi colpisce la patrimoniale straordinaria?
Ma i super-ricchi no? Quel 10% di infami che si sono appropriati, chissà con quali subdoli mezzi, del 47% della ricchezza, no? E chi sono poi questi infami che vanno perseguitati, munti, tosati, affinché i nostri politici possano continuare a spendere e spandere? La risposta più semplice è: sei tu che leggi, magari con qualche anno in più sulle spalle. Com’è possibile? Non è solo il 10% più ricco? È possibile. Ma è un discorso un po’ più lungo, che facciamo in un altro post. Non solo è possibile, ma spiega anche bene perché una tale tassa viene vista così male dal ceto medio, che non è (informiamo Veltroni) composto principalmente da ricchi ereditieri.
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in Svezia infatti sono in 9 milioni… e non 60!
WSM
Sono favorevole alla patrimoniale per l’Italia ma contrario per il Veneto in quanto il nostro avanzo fiscale è già abnorme.
Loro invece la devono usare per ritardare lo scatafascio e a nessuno fa comodo che un altro pig si aggiunga al club di quelli già esistenti.
Naturalmente , poichè non ha senso risparmiare una risorsa finita, credo che nel frattempo dovranno adottare misure strutturali, per esempio scervellarsi, inventarsi qualsoa ed infine mettersi a lavorare.
Non è facile ma si può fare .
Lavorare diventa una risorsa infinita, lavori oggi, lavori domani e finalmente hai qualcosa di tuo da dove pescare permanentemente , purchè tu lo faccia in modalità razionata, un tanto alla volta e senza superare le tue possibilità.
Lo so lavorare stanca . E beh, ci sono anche gli effetti collaterali, in ogni cura .
Marcantonio, scusa ma per quale ragione io dovrei comprare debito pubblico italiano se il rischio di mancare la promessa di pagare l’interesse (e in conseguenza il valore del titolo stesso) cade? Come ben spiegato nell’articolo le maggiori entrate straordinarie non sono idonee a coprire questo rischio. I titoli di stato che devono essere coperti sono quelli a 5 anni, ed una misura straordinaria (specie una come quella trattata) si polverizza nell’arco di 5 anni.
Ci sarebbero un’altro paio di considerazioni da fare (sempre a detrazione della ipotesi di tasse straordinarie di questo tipo e portata) che ulteriormente inficiano le possibilità di un aumento del PIL che è quello che in realtà serve per ridurre il rischio di default, ma sarebbe lunga da dire qui.
Invece mi chiedo, come fare a difendersi da iniziative tanto folli? Idee?
Ciao Claudio,
vorrei ripondere al tuo quesito finale, che ritengo essere il punto centrale della questione: cosa fare? (come avrebbe detto Lenin, e in effetti i comunisti hanno sempre dimostrato di essere maestri in tema di azione politica diretta volta al predominio rispetto all’avversario…)
Io la vedo così: è necessario propagandare al maggior numero di persone, con ogni mezzo disponibile, nel modo più diretto e anche terrorizzante (in effetti la sola idea della patrimoniale mi suscita orrore, terrore e ribrezzo) il rischio che questa mostruosità divenga legge. Mi rendo conto che i mezzi di noi tutti sono poca cosa, ma solo in apparenza: basterebbero 100 volantinatori, ciascuno con 1.000 volantini, ed ecco che in un territorio ampio verrebbero diffuse ben 100.000 fotocopie di un eventuale comunicato di allerta ai cittadini. Praticamente la tiratura di un giornale di buone dimensioni.
Questa è la mia idea.
Claudio,hai ragione i titoli di stato hanno un rischio elevato in relazione all’interesse distribuito.
Ma questo debito IN iTALIA è garantito da una fidejiussione, i tuoi risparmi.
Se non pagano loro , i soldi li prendono da te, magari non tutti ma quella aliquota necessaria a ridurre il rischio e pagare meno interessi.
Questo non succede altrove ma in Italia si, è uno stato anomalo , e quando tu dici ” per quale ragione ..” dici quello che dovrebbe essere ma non quello che è.
La patrimoniale non serve farla, basta minacciarla.
Questa minaccia è sufficente a ricordare a tutti che questa fidejiussione esiste , eccome se esiste.
E così tutti , anche dall’estero continuano a coprare il debito, nonostante interessi bassetti.
Però ti dico una cosa , tra Dicembre e Gennaio i BOT decennali sono calati del 5%, una cosa mai vista.
Evidentemente sono in corso “alleggerimenti” delle posizioni da parte di investitori internazionali.
E il mio consulente bancario mi ha convocato, preavvisandomi di una situazione complicata ..
analixi interesante. Te anunci che te tarTASI par manipolar le expectations del marca’ obligasionario e cusi te tien el spread baso.
Ma sta volta no ghe bastara’ mia…
ciao claudio:
“Invece mi chiedo, come fare a difendersi da iniziative tanto folli? Idee?”
davanti a la prepotensa e magnarie de chi che ne goerna mi no vedo solusion ca sbaterli fora de forsa (parchè i xe lori ca co la forsa no i mola).
catar deplomasie oneste co i marajioni no se rislove gnente.
forsi le se tutela (scanpa) mejio le rejion autonome parchè le gà anca lore on fià de potere (varda caso belun el vol destacarse dai poareti).
par mi l’unico modo el xe on rebalton, anca se dai veneti coesto nol vegnarà mai. i pensa che co le parole se pol rivar a solusion. ma le parole se pol uxar solo se se gà on potere in man… nialtri no gavemo manco el popolo.
intanto xe pasà 150 ani “co le parole”.
forsi el rebalton el vegnarà da foresti (la corda xe massa tirà)… ma spero ca el vegna in presa parchè pì se la tira longa pì caxin ghe sarà.
@Marcantonio:
cito:
“Ma questo debito IN iTALIA è garantito da una fidejiussione, i tuoi risparmi. Se non pagano loro , i soldi li prendono da te, “…
Primo, “loro” non pagano mai, sono sempre e soltanto i cittadini sudditi che pagano.
Secondo, forse non mi sono espresso bene, ma il senso del mio commento precedente *implicava* proprio questa considerazione, e cioè il fatto che il debito sia garantito da questa sorta di fifejussione.
Quando suggerivo la domanda retorica del chi mai si comprerà un debito pubblico quando esso non potrà fruttare l’interesse e il valore del capitale investito, intendevo implicitamente proprio il fatto che se tu fai una tassa patrimoniale straordinaria vai ad erodere proprio quella base patrimoniale che è a garanzia dei titoli!
In altre parole se uno stato per *finanziare* il suo debito pubblico mi và a vendere la gioielleria con la quale mi garantiva, cosa pensi che io investitore faccia? Che comperi di nuovo questo debito? Ho sulla fronte scritto “giocondo”?
E’ come se tu avessi un mutuo in banca, e invece di pagare il mutuo paghi gli interessi del mutuo con altri prestiti, che hai incidentalmente accumulato negli anni (e quindi hai ingigantito il tuo debito). Ora la banca stringe la corda, dice che non ti vuole più prestare soldi per pagare gli interessi del tuo debito (Si, confermo, la notizia del mancato collocamento dei titoli è cosa avvenuta, ma il rischio grosso è per Aprile-Giugno) …e delle tue spese correnti! Tu prometti che ti fai pignorare l’argenteria? Ma con cosa garantirai il prestito per pagare interessi e spese che hai aumentato, se proprio ciò che davi in garanzia ora lo vendi?
E’ chiaro?
@Vianelo: ricodati della legge di Fonzie: se non hai mai picchiato qualcuno, difficilmente le tue minacce saranno considerate. Ma poi qui non c’è alcun Fonzie, abbiamo un mucchio di muli pronti a brontolare e lavorare come muli.
Se pensi di risolvere un problema che scoppierà a breve tempo (mesi, pochi), sei proprio fuori strada.
Stesso discorso vale per Ale, si bella idea quella che hai tu, ma con il tempo che l’hai realizzata qui ti hanno già strappato le mutande!
No, dear sirs, we need an other exit strategy, a fast exit strategy. Il tempo delle discussioni è finito.
Vianelo dice che l’impulso arriverebbe da fuori. Non solo ciò è tutto da verificare, ma se anche accadesse otterrai muli dispersi, ma sempre muli sono. Ma il fatto più importante è che tu, io, Marcantonio, Ale… finiremo nella polvere. Forse non si capisce la serietà della situazione.
Io non credo proprio che con una patrimoniale questi riescano a reggere, anzi, come ho detto sopra non farà che accelerare -non diminuire- il trend, inducendo tutti a finire con un misero pugno di mosche!
Quanto avevo chiesto a conclusione del mio commento era una idea su una via di emergenza. Qui non è più tempo di battaglie politiche. Quando suggerivo la necessità di difendere la propria ricchezza ancora due anni fa, e di nuovo quando ho aperto il blog http://ourfreestate.blogspot.com/ io temevo l’arrivo di questi giorni. Non so se “questi giorni” siano tra due mesi o fra dieci mesi, ma non vedo molto orizzonte. Io vedo un Titanic impennato pronto a spezzarsi da un momento all’altro.
@ claudio
forsi no me so sipegà o forsi ti gà remarcà coel ca dixevo mi inte nantra maniera.
no cognosso fonzi ma gò sentio ca el jiera in tv.
comunque xe proprio come ti dixi:
“se non hai mai picchiato qualcuno, difficilmente le tue minacce saranno considerate”.
la storia la ne insegna coesto no solo intel pasà ma anca deso.
no poso parlar de mi solo parchè l’indipendensa cogna farla tuti i veneti tacà, e fin che se tien frenà na intension arxenandola in tute le so pusibili espersion, lasando solo el dialogo libaro (inte sto caxo), l’itajia la cata on veneto fiapo (e la se strusa le man).
i ne gà ciapà co la forsa, e nialtri pensemo de vegnerghene fora dala porta granda, beli beli, co coalche fraxeta o referendum?
i ne gà ciapà co intrighi internasionali, i ne gà ciavà istria e dalmasia senpre co coei acordi (i mericani co i xe rivà a libararne fin trieste i segà blocà par spetar ca i slavi i se tolesse coele tere apunto par acordi co i inglexi), e speremo anca ca el mondo el ne lassa destacarse par coalche firma rancurada intel picolo popolo veneto?
credemo incora ca xe stada na “vojia” savoiarda far l’itajia?
acordi internasionai a parte, vojio dir, ma no me riferiso a ti ca me par ca ti sipi de sto parer, venesia no la voleva far goere parchè la saveva che ala longa anca i vinsidori i ghe ne pardeva. però co ghe jiera da defendar la propria indipendensa no la ghe pensava do volte a ciapar el baston in man.
lo so, el xe bruto da dir. però staltri i gaveva tema de venesia anca par la so forsa de difexa.
xusto xusto nase caxini anca da le bande de l’egito… e se sà ca na s-ciantisa coa e nantra là le pol infogar el pajiaro e coel pajiaro tacar staltri visini. (coesto xe coel ca intendevo co rebaltoni foresti).
co le brute o co le bele se dovemo tor la libartà.
par le “bele” (far deso on referendum par mi xe darse la sapa soi pìe, i veneti i votarà l’itajia. forsi lega, ma senpre itajia xe) me par ca na drita podaria essar:
-ciaparse on fià ala volta la gestion de picoi teritori -essar de exenpio de na società libara e xusta (cusì la xente la pol tocar co man la serietà de goerno)
-pò rendarli libari (i popoli veneti de sti teritori i sarà pì desposti a far coadrato).
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