Tratto da IlGazzettino
Quest’anno ricorre l’anniversario dell’unità d’Italia, ma siamo sicuri che la storia che ci viene raccontata a scuola oppure che viene trasmessa su vari documentari in tv corrisponda alla realtà? Io, studente diciassettenne, da qualche anno, per mezzo di ricerche personali, ho iniziato a conoscere ed interessarmi di quella che è stata la gloriosa storia del mio popolo e ho trovato molti punti che, se messi a confronto con quanto mi è stato insegnato fino a questo momento, sono esattamente l’opposto.
Il Presidente Napolitano, l’11 maggio 2010 a Marsala (Sicilia), ha tenuto un discorso riguardante l’unità d’Italia, riporto qui a seguito parte del suddetto discorso: “Si può considerare solo penoso che da qualunque parte, nel sud o nel nord, si balbettino giudizi liquidatori sul conseguimento dell’unità, negando il salto di qualità che l’Italia tutta unendosi fece verso l’ingresso a vele spiegate nell’Europa moderna”.
Già da queste sue prime parole posso notare che il “salto di qualità” sopra citato è praticamente inesistente e vediamo il perché: l’annessione fu fatta tramite un plebiscito truffa le cui votazioni erano previste per il 21 e il 22 ottobre 1866, sottolineo truffa perché portò al voto il Popolo veneto, in un clima di intimidazioni e brogli, due giorni dopo l’effettiva consegna del Veneto all’Italia. Questi dati si possono trovare all’archivio storico di Venezia, perché gli addetti ai seggi non si limitarono a fare le irregolarità, ma le scrissero anche e sono quindi tutt’ora riscontrabili.
Ma quali furono le conseguenze di questo plebiscito? Dal 27 ottobre 1866, data della proclamazione dell’esito del referendum, iniziarono fame e miseria, che portarono qualche anno dopo alla grande emigrazione veneta. Dal 1870 al 1900 emigrarono circa 1.385.000 Veneti, su una popolazione di 2.500.000, oltre il 50% degli abitanti. Per non parlare della 1^ e 2^ guerra mondiale, delle Foibe (la tragedia istro – veneta) e del Vajont, avvenimenti che hanno portato morte, distruzione e miseria nelle nostre terre. Sarebbe questo il salto di qualità di cui parla Napolitano?
Questi sono i fatti realmente accaduti nel nostro Veneto dopo la tanto decantata unità d’Italia. In Veneto, è oltre tutto l’anno sbagliato per commemorare l’unità d’Italia, perché essendo noi stati uniti politicamente all’Italia dal 1866 e non dal 1861 significa che non sono 150 anni di unione, bensì 145.
Ma oltre a motivazioni storiche ne ho anche altre riguardanti l’attualità per cui io da Veneto non festeggerò il 150° anniversario dell’unità. Uno di questi è che le istituzioni italiane fanno di tutto per cancellare la nostra storia millenaria, la nostra identità, la nostra lingua, senza dimenticare il recente accanimento giudiziario contro i Serenissimi (assalto del campanile di San Marco), rei soltanto di aver risvegliato nelle coscienze venete il sacro emblema della nostra vera Patria. Al termine di questa riflessione mi vien spontanea una domanda: ma fin ad ora dal momento dell’unità d’Italia, il Veneto ha avuto 150 anni di cosa?
Veneti: 3000 anni di storia da ricordare, 150 anni da dimenticare.
Stefano Danieli
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Bravo Stefano!
Di anni ne ho un po’ più del doppio, ma per il tuo coraggio e la tua lucidità ti dico: bravo Stefano! Questo è un parlare da persona adulta. Il tuo intervento dimostra che per fortuna non tutti i giovani d’oggi se ne fregano del contesto in cui vivono, pensando solo a come fuggirne in ogni modo (lecito o meno…)
Saluti separatisti lombardi,
Alessandro Storti
Stefano, sentire che un ragazzo di 17 anni si è convinto che le cose non stanno esattamente come gliele raccontano, vuol dire che non uno, non dieci ma cento passi in avanti sono stati fatti per arrivare all’indipendenza…
Grazie e ti aspettiamo presto.
Stefano Venturato
mi ne go 20 e la penso come ti!Bravo toso!!WSM el futuro xe nostro!!
la mejo gioventù si proprio vù..
brao Stefèn!
troverai mille ignoranti intorno a te che ti derideranno e ti inviteranno a vedere le partite dei mondiali…non mollare e spargi il verbo!
Bravo! Hai la mia stima, e nutri la mia speranza che non tutti credano ciecamente alle favolette italiche che vengono raccontate a scuola.