E’ notizia di questi giorni che il governo ha ottenuto la fiducia sul provvedimento afferente la semplificazione delle imposte per chi percepisce redditi da affitto.
Benché l’intellighenzia leghista abbia pubblicamente lodato tale iniziativa e nonostante i telegiornali amici del governo abbiano mostrato i deputati della LN sbandierare le bandiere regionali (nazionali è un termine errato e inadatto a regioni quali Lombardia ed Emilia Romagna) come tifosi allo stadio, è parso subito ai giornali di riferimento nell’ambito economico (“Il Sole24Ore” e “ItaliaOggi” in particolare) che questa riforma non porterà vantaggi per i ceti medio-bassi mentre risulterà una manna per i proprietari di molti appartamenti ad uso abitativo, i c.d. Palazzinari.
Su Italia Oggi in particolare sono riportati due schemi che riportano i punti salienti della normativa che, se tutto va come deve andare, avrà forza di legge da settimana prossima. Per chi non potesse recuperare tale testata, in buona sostanza si spiega come, per chi dichiari più di 16’000 euro/anno, a livello di IRPEF convenga adottare il nuovo modello di tassazione (19 e 21% sul 100% a seconda se il contratto è concordato/agevolato o libero), tale nuova modulazione risulti conveniente. Ad usum dephini si ricorda che ad oggi la tassazione al livello di IRPEF più basso risulta essere il 23% del 85% dell’affitto percepito.
In sostanza, dato 100 il canone di affitto annuale, la situazione per chi affitta l’appartamento che fu della nonna si trova a pagare col vecchio sistema 21 euro, col nuovo 19, di IRPEF. Si faccia ben attenzione ad un dato però. Se prima l’affitto per una tipologia di abitazione di ‘x’ metri quadri era 100, col nuovo metodo è difficile che chi vi voglia affittare proponga 100, ciò in virtù del blocco della possibilità di aumenti proporzionali degli affitti al 75% dell’indice d’inflazione FOI, rilasciato dall’ISTAT su base annua. Sebbene paia a primo avviso quindi una buona notizia, l’ANCI (link http://archivio-radiocor.ilsole24ore.com/articolo-906519/federalismo-anci-cedolare-secca/) stessa fa sapere che ci si potrà aspettare che i proprietari degli immobili per difendersi da eventuali variazioni inflazionistiche aumentino i canoni di locazione iniziali incorporando in essi le loro aspettative inflattive, il ché per gli affittuari, spesso mono-reddito è una pessima notizia.
In attesa che un decreto del direttore dell’Agenzia delle Entrate ci illumini ulteriormente anche in materia di operatività, va detto che nel caso si tratti di affittare pertinenze, queste perderanno ai fini IRPEF tale status: dette in soldoni, dovrete pagare la cedolare, anche se con l’ICI, abrogata da questo governo, tali pertinenze erano esenti. Sono fuori dalla portata di applicazione di tale norma i casi in cui si dia in locazione per oggetto sociale (ovvero società di gestione immobiliare), si diano in locazione capannoni o locali a uso commerciale. Un regalo a chi ha redditi elevati di suo e qualche appartamento sfitto. Oltre a tutto ciò i nostri ‘cari’ governanti, ci regaleranno l’IMU (Imposta Municipale Unica), che a differenza del nome non è un animale, ma una nuova ICI, l’applicazione sembra non risulterà simpatica a molti: per dirne una già le associazioni degli industriali scalpitano.
A decorrere dal 2014 sembra infatti che i proprietari di immobili, titolari di diritti reali quali: usufrutto, abitazione, enfiteusi, superficie e che questi riguardino fabbricati e terreni a qualsiasi uso e destinazione, compresi quelli strumentali o il cui scambio formi l’oggetto di attività d’impresa (esclusi gli immobili di categoria a/1-8-9, ebbene, questi si troveranno a dover pagare base del 76 per mille che però, i comuni potranno aumentare).
E’ vero che riguardo all’IRPEF, verranno sostituite le addizionali regionali con quelle municipali, ma nell’attuale situazione economica di profonda crisi, ciò potrebbe risultare devastante, soprattutto per i piccoli artigiani, cardine del tessuto produttivo delle nostre terre. Si intenda comunque che per gli immobili locati tale aliquota è ridotta alla metà. Proprio un bel regalo!
Ora, chi sarà avvantaggiato da tali modificazioni fiscali? Saranno i grandi centri, ove sindaco e giunta sono ombre lontane dai cittadini, a pagare o i piccoli centri? I comuni saranno sicuramente più invogliati ad aumentare l’imposizione fiscale ai fini di garantire servizi ai cittadini, considerando poi che a Roma chiuderanno i rubinetti aperti illo tempore, per sostituire le entrate dell’ ICI. Ricapitolando quale potrebbe essere lo scenario futuribile per una famiglia monoreddito di tre persone che affittano un appartamento ereditato.
Ponendo sempre che il canone d’affitto sia 100, che fossero nella fascia IRPEF più bassa e che l’imposta di registro fosse divisa equamente avremmo:
- Col metodo in uso fin’oggi:
23% di 85 = 19,55 +1 = 20,55
- Col metodo di nuova concezione, (ponendo che chi dia in affitto sia un anima pia e non voglia rivalersi per il blocco degli aumenti)
21% di 100 = 21
Dov’è il risparmio per i redditi bassi?
Certo, prossimamente leggerete sui giornali di quanto bene farà ai comuni la compartecipazione all’IVA, dei benefici derivanti sui trasferimenti del 21% e rotti (21, 7 fino al 2012, dopo 21, 6) dei frutti della cedolare secca, il “fondo sperimentale di equilibrio”…ecc..ecc.., ma questo a che comuni gioverà? Gioverà più ai comuni grossi o a qualche comune dell’Altopiano di Asiago? Più a Roma o più a Cadoneghe? Più a Milano o più a Sonico? Meditate gente, meditate!
In questi giorni poi la tv di quella che vien spacciata essere la sesta-settima potenza del mondo si sbizzarrisce a spiegare alla casalinga di Mestre (tanto per cambiare) come arrivare a fine mese, dichiarando quanto sono belle le polizze online, quanto bene si mangia col discount e quant’altro. Ma perché invece non ci si focalizza sul vero problema? Una tassazione da paese scandinavo con servizi da Etiopia. Uno stato che ha 900 e passa parlamentari divisi in due camere equipollenti mentre in Inghilterra i parlamentari eletti son circa 600 e i Lords,che tra l’altro non ricevono stipendi, non si occupano di tutte le medesime materie (ad esempio non trattano la tassazione). La soluzione sapete bene quale sia, avere uno stato leggero, giusto e davvero federale all’interno, ove sia il comune senza ulteriori imposizioni a ricevere direttamente (perché cosi non sarà neanche con la nuova riforma, ma sarà una ripartizione da Roma) i fondi dai cittadini che lo abitano e cosi salendo in alto: ad ogni erogatore di servizi la sua entrata, indipendente e commisurata alla spesa cui deve far fronte. Questo in Italia non è possibile, pertanto che spero che un giorno avremo uno stato strutturato sul modello del governo della Serenissima, dove le imposte sian modulate sulle quadre se non sui territori, dove se vi sono eventi catastrofici, lo Stato centrale non abbandona il cittadino al suo destino, come recentemente successo, ma gli viene incontro, non con l’assistenzialismo, ma con azioni concrete. Dove le provincie , che in Italia sono un inutile doppione delle regioni, dall’ ‘odore Napoleonico’, siano meramente enti di cooeridnamento tra territori limitrofi (Val Trompia e Franciacorta, piuttosto che Riviera del Garda e Verona o Venezia e Dogado) uno stato, insomma dove la gente torni ad aver voglia di investire e dove la comunità sia davvero la base per qualsiasi discorso amministrativo.
WSM
Hauner Davide
Veneto Stato Brescia
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