L’assalto alla baracca italiana è ormai in corso da due giorni, pur interrotti dal week end dei pompieri incapaci della Consob e delle varie istituzioni trikolori che hanno cercato affannosamente in questi giorni di spegnere l’incendio finanziario con i loro cucchiaini d’acqua.
I dilettanti allo sbaraglio dimostrano tutta la loro impotenza di fronte alla forza della natura, che in questo caso si chiama mercato globale.
Qual è la vera ragione dell’evento di questi giorni che rischia di far passare in secondo piano la crisi greca?
Forse forse qualcuno non ha più creduto ai conti portati avanti dall’Italia, questa è l’amara realtà. A New York, a Hong Kong, a Tokyo, a Rio, a Londra, a Parigi, a Francoforte sono nati dubbi seri sulla veridicità dello stato dei conti pubblici dichiarati dal governo italiano e in particolare dall’ormai sempre più silenzioso e cupo ministro del tesoro Giulio Tremonti.
Non è quindi la crisi giudiziaria del suo delfino arrestato per corruzione né la sfiducia politica del suo stesso governo e in primis del premier italiano il problema all’esame dell’establishment finanziario internazionale.
Non è nemmeno lo stress test bancario in programma il prossimo 15 luglio, se non come cartina di tornasole di un lenzuolo dell’ipocrisia e della falsità che via XX Settembre ha dipinto di bugie tristi per nascondere il reale stato dell’economia di uno stato fallito.
Nessuno ha il coraggio di dirlo, nessuno ha la forza di ammetterlo: Tremonti ha nascosto al mondo che i conti pubblici italiani non reggono. Ha fatto come e forse peggio dei greci, quando risultò chiaro che avevano fatte carte false, addirittura corrompendo i loro istituti di statistica. Nel caso dell’Italia ancora non sappiamo di preciso cosa e quanto Tremonti ha nascosto, ma i rumors sono diventati ormai urla nelle sale di contrattazione: la baracca Italia imbarca acqua. E oggi i titoli pubblici italiani, con uno spread che ha toccato il record di 300 punti base tra btp a 10 anni a bund tedeschi, sono il nuovo aids terribile che sta contaminando l’economia mondiale e di cui tutti si vogliono sbarazzare.
Ecco quindi che oggi i giornali finanziari internazionali hanno iniziato a cambiare la parola d’ordine.
Fino a ieri era, sempre sussurrata in camera caritatis, dove si riuniscono i potenti, che l’Italia era “too big to fail”: troppo grande per fallire, in quanto nessuno avrebbe potuto salvarla e quindi non sarebbe mai caduta.
Oggi il nuovo paradigma ha fatto la sua comparsa e non più come indiscrezione sussurrata, ma negli editoriali dei principali quotidiani d’affari del mondo: “too big to save”. L’Italia è troppo grande per salvarsi, in realtà.
Già, perché nel frattempo in realtà, l’Italia è fallita: 150 bastano e avanzano.
Ora tra le macerie tricolori fumanti, niente e nessuno potrà fermare il Veneto Stato che avanza.
Gianluca Busato
Press News Veneto
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