Oggi è stata per le finanze che alimentano l’economia italiana un’altra brutta giornata. Lo schiaffo più morale che sostanziale ricevuto da Deutsch Bank il cui managment ha deciso di ridurre la sua esposizione dei titoli di stato italiani riducendo il suo portafoglio da 8 miliardi a meno di un miliardo, è stato seguito da una giornata convulsa in borsa e dal nuovo record della differenza tra il valore di acquisto dei buoni di stato tedeschi e quelli italiani (a sfavore di questi ultimi). Una mossa questa che dovrebbe essere letta come un indicatore molto serio di come si stia orientando almeno una parte dell’opinione leader della Germania sulla questione del sostegno alle economie colabrodo dei paesi del sud Europa in mano ad ladroni in doppio petto. Patetico a questo riguardo il commento di Romano Prodi, che avrebbe stigmatizzato la scelta di Deutsche Bank lamentando “la fine di ogni legame di solidarietà” (sic), si proprio colui che all’epoca dell’adesione dell’Italia all’euro, fortemente osteggiata da una bella fetta della politica tedesca dell’epoca, dichiarò in televisione “gli faremo vedere i sorci verdi”.
Beh, questa volta più che un sorcio dovrà ingoiare un rospo.
Ma non deve stupire una dichiarazione tanto idiota (quella dei legami di solidarietà) in bocca a un politico italiano, perché per loro la solidarietà consiste nel dovere di chi produce reddito di farsi derubare per i loro comodi.
I segnali ci sono, e stasera noto per la prima volta una vaga preoccupazione nella giornalista di RaiNews24 mentre commentava la situazione italiana, a margine di quella americana dove il braccio di ferro tra il presidente Obama, con i Democratici, e i Repubblicani sull’innalzamento legale del tetto di spesa sembra esasperarsi (è notizia di poco fa che il voto è stato posticipato) inducendo l’idea che un default tecnico degli USA possa diventare ineluttabile.
Una situazione che mette in allarme gli americani, al punto che un gelataio fuori della casa bianca offriva gelato gratis a tutti, tutti meno i membri del Congresso i quali rischiano il linciaggio popolare se arrivano all’estremo.
Merita spiegare cos’è un default, tecnico o sostanziale che sia. Si tratta in poche parole dell’arbitraria e unilaterale decisione del governo di uno stato di non riconoscere pienamente i suoi debiti ma solo di una quota in difetto. Nel caso USA si tratterebbe di una decisione, come se uno dicesse che non vuole pagare i suoi debiti, anche se i soldi ce li ha. Nel caso Grecia invece è proprio perché i soldi sono spariti tutti.
La spiegazione è molto “alla Piero Angela” ma aiuta a farsi un’idea per chi di economia non sa nulla.
Dunque la destabilizzazione è nell’aria. Sappiate che è una cosa nota e prevista ancora da Gennaio di quest’anno, poiché le scadenze erano note a priori, e forse a priori erano noti pure i piani per fare lo sgambeto ad Obama. E l’Italia è essa stessa nell’occhio di questo ciclone finanziario, e pure in questo caso forse alcuni hanno pianificato da tempo il da farsi, perché non ci si sbarazza di 7 miliardi di euro così tanto perché uno batte una cifra errata sul terminale (la pantomima accaduta a BNP Paribas non ce la beviamo più).
E pure i refrattari giornalisti RAI, che solitamente vedono gli eventi arrivare con un ritardo biblico visto che per loro Roma è umbilicus mundi, sembrano iniziare a sentire l’odore del sangue.
Perché e sangue quello che potremmo vedere scorrere se il trend non muta, forse anche quello nostro. E in tutto questo marasma, quando tutta la classe produttiva italiana si riunisce e manda una lettera senza precedenti alla presidenza del consiglio invocando un “atto di discontinuità” nella politica economica del paese, quando già ancor prima da piccola industria vicentina si legge una lettera in cui “un default non sarebbe accettabile e porterebbe a rivedere quel patto che ci ha uniti all’Italia”, quando tutta la politica e soprattutto la politica che a chiacchiere doveva fare gli interessi del nord ma nei fatti ha tradito, scricchiola e mostra le crepe, quando l’elettorato si sente disorientato, l’unico faro che esiste in Veneto cosa fa? Manda rumori di litigi incomprensibili.
Veneto Stato, quel partito a cui molti guardano con speranza, a cui molti hanno dedicato energia, per maldestra gestione della giusta dialettica che dovrebbe esistere tra i soci, scatena ad opera dei suoi vertici un polverone che sembra incrinare un difficile equilibrio tra diverse posizioni sempre esistite e che sempre esisteranno.
per ragioni tuttaltro che futili ma mal gestite quello che doveva essere un onesto dibattito tra le parti, ed anche una opportunità di crescita non solo per i soci ma anche per i molti che seguono esternamente questo movimento, si è trasformata in una occasione perduta e in una sorgente di veleni alimentati da insulse volontà di controllo da parte di una o l’altra fazione.
Perché è bene sapere che Veneto Stato nasce dalla fusione non solo di due partiti (più pezzi del PNE e della Liga Veneta Repubblica), ma è fondamentalmente formato da due fazioni rivali: i liberaldemocratici e i nazionaldirigisti. I nomi lo ho coniati per l’occasione, ma sono perfetti, fidatevi. Ma in pratica tutti vogliono l’indipendenza, e condividono molti valori, dove le differenze seppure taglienti sono piuttosto limitate.
La radice di queste fazioni è racchiusa in poche persone, che fatalmente sono quelle più capaci e che quindi si trovano al vertice, con cariche o all’opposizione ma comunque al vertice. E questi pur di contrastarsi arrivano a scannarsi, alla faccia che uno dei due gruppi, i nazionaldirigisti, alimenti il fuoco per il voler inserire nello statuto la frase “la causa è prima degli interessi personali”, bel paradosso no?
Lo so, molti di voi leggendo questo si sentiranno cadere le braccia, e penseranno “dalla padella alla brace”, perché queste cose sembrano le stesse che si vedono nel parlamento italiano, no?
Beh, vi do un paio di notizie. Io seguo la politica di altri paesi, in particolare USA e Svizzera (per quest’ultima sono una specie di simpatizzante di un partito che gentilmente mi tiene informato di tutto quello che accade nelle Alpi ad ovest di dove siamo noi), ebbene sappiate che anche là, e in genere in tutto il mondo, accadono furiosi scontri tra le diverse fazioni politiche. La reale differenza con l’Italia è che l’informazione data ai cittadini è più franca e diretta, mentre in Italia i politici si mandano i messaggi in codice, usando i giornalisti come loro galoppini, perché alla fine è un gioco tra di loro, dove i cittadini sono ignorati.
La seconda notizia è che Veneto Stato è un partito decisamente giovane.
Sicuramente vitale. Assistere al dibattito e allo scontro tra gli stessi soci, per quanto strano possa apparire, è segno di salute. Soprattutto se questo conduce a una migliore comprensione degli altri e quindi a un migliore affiatamento successivo. I partiti dove tutto sembra perfetto, dove tutto è immobile, sono quelli che si giocano la partita da soli e invariabilmente tradiscono chi aveva dato loro fiducia.
Tutto bene allora? Non del tutto. Può andar bene se l’esperienza consente di maturare, ma può andare male, davvero male se non si capisce che il primo obiettivo è concentrarsi pragmaticamente su un obiettivo, perché in Veneto non ci sono alternative.
Se dovesse accadere un disastro finanziario non c’è un solo politico regionale in grado di reggere l’impatto perché sono tutti burattini con i fili nelle sedi dei loro partiti che sono a Roma o a Milano, non certo in Veneto.
Ma anche Veneto Stato non è maturo, diciamolo. Anche li occorre una crescita che potrà avvenire con un dibattito, consci che tale dibattito sarà duro e dovrà essere franco, senza dimenticare la funzione olistica che Veneto Stato ha ed avrà sempre più mano a mano che si aggregeranno altre simpatie e sostegno.
Claudio G.
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