Scarica “Le motivazioni per l’indipendenza”
Un articolo pubblicato oggi da Ilvo Diamanti su Repubblica pone in evidenza una questione politica secondo noi di primaria importanza anche per il Veneto. Egli afferma infatti che in Italia sia entrato in crisi in modo forse irreversibile il modello di partito personale, alla Berlusconi, per intenderci. Egli sostiene inoltre che tale crisi coinvolge sicuramente il pdl, ma anche la lega nord, che, in forma diversa, si ritrova perfettamente sotto tale definizione.
La forma-partito è una componente determinante a nostro avviso per la riuscita di un progetto politico. A tal proposito vi sono da sempre diverse idee che si confrontano su quale debba essere la migliore architettura di un’organizzazione, che possa permettere una più alta probabilità di ottenimento degli obiettivi che si propone. Tale dibattito crediamo possa essere utile anche per Veneto Stato che ieri ha visto molti soci dibattere su alcuni punti che riguardano proprio tale ambito.
Gli effetti del disegno di una forma-partito secondo un modello oppure un altro ha effetti incredibili sotto molti punti di vista: dall’organizzazione, al pensiero politico, dalla selezione della classe dirigente alla sua formazione, solo per citarne alcuni. Ma anche aspetti meno immediati e noti, quali l’indipendenza di un partito da organizzazioni esterne, la sua autonomia finanziaria, oppure l’intelligence, o la gestione dell’informazione e della comunicazione, che oggi rivestono un’importanza strategica che spesso sfugge alla consapevolezza dei più.
L’organizzazione di strutture complesse e articolate come è un partito, alla luce di tali aspetti è tutto fuorché una cosa banale. Essa tra l’altro oggi appare ancor più delicata, in quanto sono venute meno le presunte solidità di forme-partito che per oltre un secolo avevano dominato il funzionamento politico di diversi stati.
Esiste un falso mito secondo il quale un partito efficiente è un partito con molte regole e con un’impostazione gerarchica ben definita e rigida. I suoi componenti sanno ciò che devono, o non devono fare e nessuno può scappare dal proprio compito assegnato dagli organi del partito. Lo chiamiamo falso mito, perché in realtà tale è la struttura dei grandi partiti ideologici che sono entrati in una crisi irreversibile a livello mondiale da almeno 25-30 anni. La loro crisi ha determinato quindi la comparsa proprio dei partiti-persona, basati sulla presenza forte di un leader carismatico che sapesse disegnare tutto del partito, dare ordini, imprimere il proprio peso persino sul pensiero politico del partito stesso e in fin dei conti essere la salvezza, ma anche la condanna del partito stesso. Tali partiti hanno funzionato, ma per un periodo brevissimo, dopo la morte dei partiti centralisti e ideologici morti verso la fine degli anni ’80. Se i primi sono durati un secolo, o più, i secondi non sono durati neanche trent’anni, il tempo della durata della vita politica del proprio leader e qui gli esempi sono proprio quelli di Bossi e Berlusconi. Se non addirittura di quella naturale e qui gli esempi che ci vengono in mente sono più tristi, come Jörg Haider e Giorgio Panto. Scomparsi i leader scompaiono i partiti.
Oggi mancano quindi i punti di riferimento per capire quale sia il nuovo trend di funzionamento. Noi riteniamo questa in realtà una grande opportunità per l’indipendentismo veneto, perché ci permette di poter fare nostra una forma-partito innovativa e più adatta a cogliere le sfide del mondo moderno.
La nostra visione è che Veneto Stato debba fare propria in modo consapevole una forma-partito reticolare sociale / neuronale, che funzioni secondo i medesimi principi della rete internet e in particolare delle reti di social network.
Tali organizzazioni stanno dimostrando la loro superiorità evolutiva oggi in ogni ambito in cui appaiono. Per fare un piccolo esempio, è notizia dell’altro giorno che la Apple, ad esempio, ha più liquidità del governo americano!
Noi indipendentisti veneti non possiamo e non dobbiamo ignorare tali aspetti, per non correre il rischio di diventare dei piccoli dinosauri politici in brevissimo tempo.
Noi crediamo che il futuro politico del Veneto e la possibilità che otteniamo la nostra indipendenza dipende dalla nostra capacità di “contaminare” i nostri concittadini con il nostro pensiero politico.
Per poterlo fare dobbiamo scordarci per sempre i comitati centrali di partito e lasciarli a fare la polvere nei musei della politica del novecento.
Da un punto di vista pratico, per riuscirci, a nostro avviso, dobbiamo organizzarci in piccoli gruppi ben coordinati e composti da persone che siano state opportunamente formate. Tali gruppi periodicamente si devono ritrovare in assemblee di aree più estese per amalgamarsi l’uno con l’altro e allinearsi, ma poi nell’attività quotidiana dovranno essere in grado di essere indipendenti nella propria attività, salvo confrontarsi con chi è stato delegato a salvaguardare la linea politica del partito per i consigli sulle decisioni più spinose (il minor consiglio e il segretario). Ogni attività va però comunicata per permettere al partito-rete di avere il pieno quadro informativo delle attività in corso ed eventualmente di prendere decisioni in merito.
Riveste quindi una grande importanza il processo di formazione politica che ogni socio deve fare proprio. Per questo, come coordinatore di area ho iniziato un percorso sperimentale di formazione all’interno di Veneto Stato dei soci dell’area di Treviso sud, al fine di rendere autosufficiente ogni socio e in grado di essere un ganglio vitale del partito per la stragrande maggioranza delle attività politiche quotidiane. Tale esperimento è aperto anche ad altri coordinatori di area della provincia e, previo consenso del coordinatore provinciale di Treviso, ad altri coordinatori provinciali del partito.
Allo scopo ho inoltre predisposto una rivisitazione aggiornata di un documento programmatico composto da interventi di molti veneti che in corso di questi anni hanno creato una vera e propria enciclopedia dell’ìndipendentismo veneto moderno.
Esso è liberamente scaricabile e riproducibile sotto ogni forma.
Gianluca Busato
Veneto Stato Treviso sud
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Non condivido il contenuto di questo articolo perché mi sembra che faccia delle grossolane confusioni.
Inizialmente sembra che Gianluca propenda per un partito senza tante regole in cui ognuno possa portare il suo contributo occupandosi dei più svariati argomenti. I dati che porta a suffragio di questa tesi però sono incongruenti.
Anzitutto Veneto Stato non ha “degli obiettivi” ma UN obiettivo: l’indipendenza del Veneto. È già abbastanza, il resto si vedrà dopo.
Quanto al modo per arrivarci, chi ha detto che “un partito con molte regole e con un’impostazione gerarchica ben definita” sia un “falso mito”?
I “grandi partiti ideologici” sono andati in crisi perché è andata in crisi la loro ideologia, non per la loro organizzazione interna!
Il PCI ha chiuso perché la sua proposta politica si è dimostrata fallimentare, non per come era organizzato. DC e PSI hanno chiuso per lo stesso motivo, in più, ad un certo punto, si sono trovati con la maggior parte dei loro dirigenti in galera.
Mi sembra poi un errore affermare che il “disegno di una forma-partito secondo un modello oppure un altro ha effetti incredibili sotto molti punti di vista: dall’organizzazione, al pensiero politico, …”. A mio avviso il “pensiero politico” deve precedere il “disegno della forma-partito”, non esserne una conseguenza; sempreché non si voglia una forma-partito che permetta di cambiare pensiero politico.
Quanto poi alla “forma-partito reticolare … che funzioni secondo i medesimi principi della rete internet” non sono aprioristicamente contrario, però faccio notare che internet, per poter funzionare, ha delle regole precisissime, non vedo quindi la differenza con i vituperati partiti ideologici “con molte regole e con un’impostazione gerarchica ben definita”. (L’esempio della Apple e del governo americano non ha nulla a che vedere con il funzionamento di un partito) Se poi si aggiunge che: “dobbiamo organizzarci in piccoli gruppi ben coordinati e composti da persone che siano state opportunamente formate”, che “tali gruppi periodicamente si devono ritrovare in assemblee di aree più estese per amalgamarsi l’uno con l’altro e allinearsi” “salvo confrontarsi con chi è stato delegato a salvaguardare la linea politica del partito” e che “ogni attività va però comunicata per permettere al partito-rete di avere il pieno quadro informativo delle attività in corso ed eventualmente di prendere decisioni in merito”, chiedo in che cosa consista la differenza tra la forma-partito dei “comitati centrali” e la nuova forma-partito reticolare. Quella proposta mi sembra quindi, più che un nuovo e più moderno tipo di organizzazione, la stessa organizzazione dei “dinosauri”. È quindi evidente una dicotomia tra le premesse e le conclusioni.
Perché possa raggiungere il suo obiettivo, io auspico un partito in cui ogni componente sappia ciò che deve o non deve fare e in cui nessuno esca dal compito assegnatogli dagli organi statutari; soprattutto auspico un partito in cui ognuno, prima di agire pensi: “quello che sto per fare sarà utile o dannoso al mio partito?”.
Che S. Marco ci protegga sempre.
Piergiuliano Beltrame
Ciao Piergiuliano,
Alcuni dei tuoi appunti sono perfettamente condivisibili, ma non li ritengo in contrasto con il contenuto dell’articolo. Per quanto riguarda Veneto Stato, ė ovvio che esso ha un solo obiettivo, ma l’inizio dell’articolo parlava di partiti in senso generale, mentre solo in seguito passava a parlare di VS.
Quando poi parlo dell’influenza del modello di forma-partito sul pensiero politico mi riferisco alla maggiore possibilità che il pensiero possa fluire in organizzazioni dinamiche rispetto a quanto avvenga in quelle statiche. Il pensiero poi evolve continuamente, andando ad affrontare tematiche che nel tempo hanno la loro vita e che quindi richiedono un’analisi aperta e non chiusa, od aprioristica. Ciò non vuol dire ‘cambiare pensiero’, bensì arricchirlo di argomentazioni, o di aspetti che richiedono nuove elaborazioni alla luce dell’attualità, per esempio.
La differenza tra ‘molte regole’ che semplificano la vita del socio militante, o del coordinatore, ma anche dei dirigenti e la capacità di prendere decisioni in modo responsabile rispetto alla propria sfera d’azione a mio avviso sta proprio nella leva decisionale che deve essere lasciata più in basso possibile, facendo leva sulla formazione e la responsabilizzazione, appunto. A fare da contrappeso alla minore definizione del proprio ruolo dettata da regole rigide sta proprio la maggiore responsabilità che solo un processo di formazione continua e allineamento (garantito da un efficiente sistema informativo) può a mio avviso garantire. Nel caso della presenza di molte regole si ha la vita apparentemente facile (‘eseguo ordini’), nel caso invece della presenza di ‘linee guida’ (cosa diversa dalle regole) si ha maggiore capacità di prendere decisioni.
L’esempio della Apple riguardava invece gli aspetti organizzativi cui é interessato ogni ente/organizzazione, compreso un partito. Per quanto riguarda infine il tuo auspicio finale, che é anche il mio, ritengo che un’organizzazione ‘responsabilizzante’ e orizzontale (sull’esempio delle wireless area network) possa permettere di raggiungerlo molto meglio che non un’organizzazione-moloch verticistica e deresponsabilizzante.
Io credo che Piergiuliano abbia portato un utile contributo, che quanto meno ha stimolato la necessità di un chiarimento.
A me in fondo piacciono le cose concrete, e per essere concreto, senza parlare di terzi ma nello specifico di VS, io direi che l’auspicio si potrebbe sintetizzare in:
– organizzazione con poche chiare regole contenute nello statuto;
– un eventuale regolamento (facilmente aggiustabile) che determina casi specifici e procedure;
– un vertice che deve avere compiti amministrativi ovvero di conduzione il cui operato deve rendere conto all’assemblea dei soci;
– una assemblea dei soci che è sovrana;
– nuclei territoriali autonomi che si relazionano con il vertice amministrativo per coordinarsi su linee guida, ma dove ciascun socio è un micronucleo territoriale poiché ciascun socio diventa così una entità capace di portare il verbo.
Il concetto di responsabilità e libertà operativa mi pare fondamentale, e poi risponde alla domanda “quello che sto per fare sarà utile o dannoso al mio partito?”
Quindi la formazione e preparazione sono importanti per essere in grado di fare le corrette valutazioni del caso.
Poiché la missione “indipendenza” vuol dire tutto ma anche niente, è necessario completarla con argomenti pratici, e pure confrontarsi con temi spinosi. La possibilità di sviluppare incontri e dibattiti serve a sviscerare questi temi. Non sono certo però che contribuisca questo ad avvicinare i soci, a volte si, a volte potrebbe accadere il contrario.
Quindi, non so se questa sia una organizzazione innovativa, vecchia, reticolare, da dinosauri, o altro. Semplicemente a me sembra una organizzazione che può funzionare per le seguenti ragioni:
a) motivazione: se alle persone vengono affidati compiti e consegnata loro fiducia il loro ego viene ricompensato e questo motiva le persone ad impegnarsi. L’impegno è necessario per poter dare la giusta risposta alla domanda “sarà utile o dannoso?”;
b) flessibilità: la facoltà di scegliere tra opzioni favorisce quelle le cui attitudini della persona-socio sono più adatte e quindi maggiormente performanti;
d) economicità: poiché ogni nucleo è responsabile di sé stesso sarà anche responsabile del budget che avrà a disposizione e di riscuotere supporto e finanziamenti con maggiore efficienza, inoltre grazie a motivazione e flessibilità le attitudini dei soci potranno fornire un migliore servizio con la riduzione di costi anche per prestazioni offerte gratuitamente con maggiore entusiasmo;
e) entusiasmo: poter esporre le proprie idee, e vederle ascoltate, generalmente conduce all’entusiasmo perché ci si sente valorizzati;
f) fiducia: poter confrontare le idee, e poter incidere sulle decisioni sulla sovrastruttura amministrativa assicura ai soci che il partito persegua veramente gli obiettivi che si prefigge, tutto ciò induce motivazione (tornare al punto a 🙂 )
C’è anche il rovescio della medaglia. Intanto il già citato rischio di contrasto nel caso di idee che entrano in conflitto, ma anche il rischio di una minore rapidità in certi frangenti, della possibile insorgenza di conflitti (che potranno anche appianarsi con dibattiti, ma che inducono comunque ritardi), e il rischio di azione scoordinata che maggiormente diventa critico qualora si verifichino situazioni estreme.