Tólto da CorriereVeneto
Il piccolo imprenditore, l’agricoltore, il bancario: «Via i nostri risparmi da questa Italia al collasso»
CAPODISTRIA (Slovenia) – È partita alle 8,30 di lunedì dal casello di Mira-Oriago la «gita fiscale » in Slovenia, seconda avventura mediatica di Veneto Stato, dopo l’inaugurazione del «monumento all’imprenditore» di qualche tempo fa ad Arzignano. Il tempo di riunire sul pullmino tutti i partecipanti (una trentina) sotto l’occhio attento delle telecamere. Una umanità varia, unita sotto il bandierone del partito venetista da questioni fiscali e politiche. D’altra parte, fisco e politica, combinazione irresistibile, sono stati il propellente per tutte le esperienze autonomiste nostrane: dalla prima Liga Veneta a Progetto Nord Est di Giorgio Panto. A ben vedere, ora una differenza c’è: in gioco, qui, non c’è solo la «rivoluzione della pancia », quella dei leghisti della prima ora; per i membri di Veneto Stato la fine del sistema Italia è inevitabile.
E non è mica una iattura; piuttosto, una grande occasione per togliersi il resto del Paese dai piedi. «Passione e collasso vanno a braccetto – chiarisce l’ideologo Alessio Morosin, avvocato e autonomista storico – perché le rivoluzioni scoppiano quando la pancia è vuota». La crisi, cioè, fa da detonatore. Ed è sempre meglio prendersi per tempo: di qui la trasferta a Capodistria, in Slovenia, per mettere i risparmi al sicuro in un paese che vive i propri anni Sessanta. Per la cronaca, sono una decina i partecipanti alla «gita fiscale» che hanno aperto conti correnti in Istria. Tanto con l’Italia è comunque finita. Non solo per gli slogan o per le carte di identità con il Leone appiccicato, ma perché qui il portafoglio è sotto scacco. «Non ho più fiducia nel nostro sistema – afferma Walter Torresan di Preganziol (Treviso) – può accadere di tutto: il crollo è dietro l’angolo, con il debito pubblico al 120% sul Pil». L’Italia? «Sempre quella di Gelli, Sindona, Calvi – spiega Claudio Rigo di Casier (Treviso) – non mi fido: chi lo sa, magari da un giorno all’altro ci tolgono i soldi dal conto corrente ». E c’è chi al sistema si oppone di persona. Come Angelo De Marchi di Treviso, che le tasse non le paga più «da quando, nel 1996, la Finanza se l’è presa con me. Mi mandino Equitalia, che gli offro un caffè».
E come Giorgio Fidenato di Pordenone, presidente dell’associazione «Agricoltori federati», che ha stabilito, dal 2009, che la figura del sostituto d’imposta va abolita: «Non spetta a noi – spiega – fare gli esattori ». Fra i venetisti accorsi ad aprire un conto corrente in Slovenia anche Stefano di Albignasego (Padova), che di mestiere fa il bancario: «Il rischio di una patrimoniale – afferma – c’è, eccome: tanto vale diversificare». Cioè mettere il capitale un po’ qui e un po’ lì. Unisce tutti la cocente delusione per i partiti di provenienza, Carroccio e Pdl: due volte traditori, per avere ingannato il popolo su federalismo e liberalismo. «Non trovo parole – afferma Gianfranco Favero di Quinto (Treviso), ex pidiellino – per descrivere la mia delusione». Ma perché Veneto Stato dovrebbe riuscire lì dove ha fallito la Lega? «Perché il nostro percorso è diverso – chiosa il segretario Lodovico Pizzati -: allo Stato italiano non chiediamo niente. Come è accaduto nel Sudan del Sud e nel Montenegro, una volta al potere in Regione organizzeremo una consultazione popolare sotto l’egida della comunità internazionale. Certo, servono i numeri: ma in un anno ci siamo moltiplicati».
Marco de’ Francesco
27 settembre 2011
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