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La Lega emula Veneto Stato

Domenica scorsa, in motonave verso il Lido, sono passato di fronte alla manifestazione leghista. Sono rimasto sorpreso dal gruppo striminzito che occupava appena 200 metri di spazio di fronte al palco dove Bossi parlava. Le bandiere padane che sventolavano erano inferiori al totale di parlamentari, consiglieri regionali e consiglieri provinciali eletti sotto il simbolo leghista. Il disperato messaggio lanciato dal leader padano invece non era per niente imprevedibile, e tra le righe di un ammuffito richiamo secessionista si leggeva chiaramente la consapevolezza di aver completamente perso il Veneto, da sempre il suo più grande bacino di voti. Seduto comodamente a Roma da ormai un quarto di secolo, Bossi ha definitivamente smesso di illudere i veneti con promesse autonomiste, devolutioniste, e federaliste variopinte da un fumogeno di aggettivi. Ora è costretto a rincorrere le idee di chi, nel panorama politico veneto, ha saputo indicare un percorso chiaro e diretto per ottenere quella tanto invocata giustizia fiscale che da ormai più di 30 anni l’elettorato veneto pretende. Non a caso Veneto Stato è decuplicato in un solo anno di intensa attività nel territorio, grazie ad una crescita dovuta in parte ad un massiccio travaso della militanza leghista. Con ampolle celtiche la dirigenza leghista dimostra di non essere a contatto con la realtà e le problematiche di un territorio afflitto da una profonda crisi economica. Sabato scorso numerosi ex-leghisti veneti hanno aderito alla manifestazione di Veneto Stato ad Arzignano in difesa del nostro settore produttivo, mentre a dieci chilometri di distanza i padani andavano giulivi in bicicletta a Montecchio Maggiore. Oggi stiamo assistendo ad un tentativo in extremis di copiare Veneto Stato invocando la secessione della “Padania.” Il percorso indipendentista di Veneto Stato è certamente più ambizioso di qualsiasi proposta leghista degli ultimi vent’anni, ma è vincente perché non richiede una presenza nel parlamento italiano, ma secondo un diritto pre costituzionale tutelato dalle Nazioni Unite richiede solo una maggioranza democratica di veneti. Proponendo vie referendarie per una mal definita “Padania” si annacquano le possibilità di indipendenza per il Veneto includendo nel voto l’opinione di emiliani, marchigiani, umbri e toscani, sempre che i confini di questa Padania non siano scivolati più a Sud. Se l’indipendenza fosse veramente l’intenzione della Lega, il partito di Bossi avrebbe già i numeri per farlo qui in Veneto. Il governatore Zaia può annunciare le intenzioni di un referendum con monitoraggio internazionale già da oggi, seguendo lo stesso iter del Sud del Sudan quest’anno, del Montenegro nel 2006 e della Scozia nel 2015. Invece si propone di farlo per una mai esistita Padania, per tergiversare e tentare di frenare la crescita dirompente di Veneto Stato.

Lodovico Pizzati
Segretario – Veneto Stato

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