Mercoledì scorso ho partecipato come relatore alla presentazione di Veneto Stato a Santa Maria di Sala (VE). Ho notato con piacere che non è solo nel trevigiano che si registrano serate indipendentiste con ben oltre un centinaio di persone. Da questo autunno in provincia di Treviso è ormai diventata la norma avere oltre il centinaio di partecipanti (Quinto di Treviso, Lovadina, Montebelluna) e ho sempre pensato fossero i frutti di una primavera di attività intensa. Vedendo perlomeno 130 persone a Santa Maria di Sala ho avuto la lieta sorpresa che la voglia d’indipendenza si sta propagando in grandi numeri anche in altre provincie.
Ora però è anche giunto il momento di cambiare marcia sui contenuti della presentazione. Come per molte altre serate mi era stato chiesto di presentare le ragioni economiche dell’indipendenza (più tardi pubblicheremo anche il video), ma con mia sorpresa le domande dal pubblico puntavano ad altro. In sintesi era come sentirsi dire “queste cose le sappiamo già, non siamo qui per essere convinti dei vantaggi di avere una repubblica veneta completamente indipendente, siamo qui per altro.” Insomma, ormai alle serate indipendentiste non arrivano persone ignare o dubbiose, ma arrivano veneti informati, e molti di loro nelle discussioni post presentazione mi dicevano quasi annoiati che si sono già letti tutto sul sito, conoscono il programma, il curriculum degli esponenti, hanno già visto i video di altre presentazioni. Ci sono centinaia di persone non ancora iscritte, e solo simpatizzanti, che già hanno assorbito le ragioni e le motivazioni per aspirare ad una veneta indipendenza. Ma allora di cosa c’è sete, di cosa sentono il bisogno di sentir approfondito?
Nella nostra vita quotidiana subiamo diverse ingiustizie dallo stato italiano, sia fiscali che burocratiche, ma anche in termini di sicurezza, di efficienza legale e di tanto altro. Ai veneti non occorre sapere che lo stato italiano e la partitocrazia italo-padana fanno schifo, perché ci arrivano da soli accendendo il telegiornale. E per le migliaia di simpatizzanti che partecipano ai nostri eventi non occorre nemmeno essere convinti che abbiamo il potenziale di fare di meglio se indipendenti, perché questo lo sanno già. Quello che bisogna elaborare è che tipo di stato vogliamo e proponiamo. Non basta dire intanto arriviamo all’indipendenza e poi vedremo perché così non ci sbilanciamo. No, un programma politico indipendentista deve anche pensare e presentare in dettaglio cosa cambierà e come. Questo deve diventare parte integrante di una linea politica. Vogliamo uno stato che rispetti il singolo cittadino e che lo faccia sentire veramente sovrano, e non succube di uno stato che gli impone certe cose. Vogliamo uno stato dove percepiamo la polizia al nostro servizio, non una società dove ci si fa i fari per segnalare ad altri cittadini che le forze dell’ordine “foreste” sono dietro l’angolo.
Alcuni esempi illustrati a Santa Maria di Sala mi hanno stupito. Un commerciante segnala la terza rapina avvenuta nella sua bottega e le forze dell’ordine gli rispondono che sanno chi è stato ma che se lo prendono dopo questa banda gli farà ulteriori rapine per ripicca. Questo tipo di esempi abbondano, e potendo molti licenzierebbero in tronco chi gli risponde così. Il problema però non è tanto una scarsa formazione del personale o la mancanza di risorse per compiere il proprio dovere. È anche questo, certo, ma la soluzione a certi problemi può essere semplice se da subito impostiamo il nostro stato in maniera di dare il potere decisionale, la sovranità, direttamente in mano ai cittadini. Per fare un esempio negli Stati Uniti lo sceriffo di una contea, o il capo della polizia di una città, non devono la loro posizione a qualche generale o politico al di sopra di loro. Queste sono posizioni elette direttamente dalla cittadinanza locale. Il capo della polizia di un paese deve riferire direttamente alla cittadinanza, e se una comunità percepisce un livello di crimine fuori controllo licenziano il capo della polizia che si è rivelato inadatto e eleggeranno un nuovo candidato più determinato nel risolvere questi problemi. In un sistema dove le risorse fiscali rimangono in paese, i cittadini possono anche decidere di concentrare più risorse per la sicurezza se questa viene considerata una priorità, e tutto questo senza dover mandare politici in un parlamento distante per poi non concludere niente.
Difatti non deve essere solo un sindaco ad essere eletto, e sempre negli Stati Uniti anche i giudici vengono eletti dalla popolazione. Dobbiamo liberarci della mentalità che non si può lasciare queste decisioni “importanti” in mano alla gente. In America non c’è l’obbligo di essere laureati in giurisprudenza per essere giudici (e nella loro storia esistono casi esemplari di giudici rinomati che appunto non erano avvocati), però i cittadini hanno sempre la maturità di scegliere per questi incarichi persone preparate e affidabili. In questo esercizio di democrazia diretta alla fine i giudici eletti sono quasi sempre gente del mestiere, ma anche in questo caso sanno che devono la loro posizione ai cittadini stessi, e non è una coincidenza che la giustizia là è pi efficiente e comporta un costo molto inferiore.
In sintesi, nella mia visione di come deve essere strutturato un Veneto indipendente basta impostarlo con alcune regole di base e il resto viene da se. Non dobbiamo nemmeno inventarci molto perché tante cose possiamo o riscoprirle dal sistema che era quello della Repubblica Veneta, oppure impararlo da altri stati che già applicano un sistema vincente come nel caso della Svizzera. A mio avviso un Veneto indipendente dovrebbe essere una confederazione di provincie come appunto la Svizzera, dove nulla viene imposto dall’alto. I vantaggi di un sistema confederato non sono solo le risorse fiscali che rimangono nei comuni e nelle provincie, anziché venire concentrati in una capitale centralista (che sia Roma o Venezia). Ma i vantaggi sono anche l’efficienza che si crea quando ogni provincia o comune può decidere il proprio livello di tassazione e “competere” con i comuni e le provincie limitrofe.
Queste sono solo alcune brevi riflessioni dopo la serata a Santa Maria di Sala, e di sicuro i contenuti di un’attività politica indipendentista dovranno senzaltro concentrarsi su che tipo di stato vogliamo impostare, coinvolgendo persone preparate per diversi settori. Non si può rimanere vaghi o limitarsi solo a ragionamenti di contabilità o identitari. Bisogna avere il coraggio di saper vedere e descrivere come vogliamo venga impostata la nostra società.
Lodovico Pizzati
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a gò piaxer che finalmente scumisia vegner fora xente che no mete al sentro de la venetia l’economia.
defati l’economia la sarà, ma la xe xà, solo el rexultà de tuta la vita venetiana (cofà scrivevo indrio).
“Ma allora di cosa c’è sete, di cosa sentono il bisogno di sentir approfondito?”
par mi, i venetiani i vol sperimentarse diretamente. i vol che l’indipendensa no la sipia on slogan, on sigo inte le manifestasion… i vol che la ghe pasa inte le man.
vojo far n’exenpio (ocio che xe solo n’exenpio):
la serenisima la gaveva on gran laorio de comercianti xo inte l’est che inportava merci.
ancùo no penso che ghe sipia tanto da inportar da coele parti, ma se invese se tratase de esportar?
farse na clientela foravia? (no ste vardar l’argomento che no gò pratica, vardè el struco).
ciò, ma se entra in funsion a regime savì che flota se dovarìa ver? e coanto laoro par verla? ve ricordela coalcossa?
no xe che i veneti i se sentaria pì coinvolti se ghe fuse proposte conpagne?…
demodo che i se tien inpegnai co creatività? (cioè volontà propia).
soravia creo che ancùo sofrimo de masa laoradori dipendenti: superpoly, mega market, iperspar, grande fabriche…
e tuti i artexani? i picoi comercianti? i negosi?
l’anemo e la creatività del popolo i xe sta igài inte i “iper mega super”.
l’omo el VOL sentirse partesipe.
ben pizzati, ti gà oservà na dimanda del popolo.
el popolo gà dito: VIALTRI voì far la repiovega, NIALTRI che posto gavaremo? (par altro, vol dir anca che ve si fati cognoser).
la poitega ramai i la cognose tuti… fumo e gnente rosto.
xà inte la repiogeva i doxi e el goerno i vardava a la Vita de venesia (e la vita la xera el struco de el popolo).
la maniera de xestir la Vita la vegneva col tenpo (cioè dopo ver capio al mejo la Vita).
coela “maniera” ancùo la ciamemo poitega, co la difarensa che ancùo la metemo vanti de capir la Vita… par comandarla.
(na vera e propia bestema che gnanca mosconi).
coesto el xe el me parer.
pizzati, la me gà piaso la to oservasion.
“VIALTRI voì far la repiovega, NIALTRI che posto gavaremo?”
In questa frase, che prendo dal commento di Vianelo, c’è secondo me un paradigma che deve essere capovolto. Le repubbliche dove, non dico neanche la democrazia e la volontà popolare che sanno di asettico e stantio, ma dico le persone come individuo, ecco le repubbcliche dove le persone come individuo hanno un ruolo sono quelle repubbliche che non sono nate seguendo quel paradigma, ma uno opposto: NANTRI femo la repiovega!
Io credo serva un grande lavoro di evoluzione mentale, e non ho nemmeno idea di quanto tempo occorra e se mai sia possibile, trasformare i “dipendenti” in “imprenditori” della propria vita e della propria comunità.
In riferimento all’articolo, aggiungo anche che tra le righe leggo un passaggio, forse maturato dalla spinta di alcuni non so, che mette a nudo l’altra faccia di Veneto Stato, quella che ha si un’idea di come vuole il Veneto dopo l’indipendenza, ma che non corrisponde affatto all’idea che traspira Lodovico nel suo scritto.
“soravia creo che ancùo sofrimo de masa laoradori dipendenti: superpoly, mega market, iperspar, grande fabriche…
e tuti i artexani? i picoi comercianti? i negosi?
l’anemo e la creatività del popolo i xe sta igài inte i “iper mega super”.
l’omo el VOL sentirse partesipe.”
“Io credo serva un grande lavoro di evoluzione mentale, e non ho nemmeno idea di quanto tempo occorra e se mai sia possibile, trasformare i “dipendenti” in “imprenditori” della propria vita e della propria comunità.”
Vorrei aggiungere un capitolo a queste giuste affermazioni entrando nel pratico…
Forse considerato futile da tanti ma…
Non dimentichiamo che nel passato gloriosio di Venezia essa brillava anche per l´arte.
O meglio un artigianato a livello estremamente alto…Canaletto,Caravaggio,Veronese,Giorgione,Tintoretto,Tiepolo…che hanno fatto scuola mondiale.
E orde di foresti venivano in Venetia a studiare…
Architettura?Cosa é successo all´architettura Veneta?Da esempio per il mondo ai condomini?
Spesso si é parlato di Slovenia come esempio da seguire…fate una ricerca di quanto spende all´anno e quanto investe il ministero della Cultura Sloveno…per l´arte d´avanguardia ad esempio,facendo sí che Liubliana si riempia di ventenni da tutto il mondo pieni di iniziative e non di turisti da Disneyland (vedi Praga o ahinoi Venexia).
Ho partecipato a un progetto musicale con dei ragazzi Sloveni,un tour in Sudafrica…Hanno raccolto 5000€ dalle loro massime istituzioni…l´hanno dopo sono andati altri Sloveni con 8000€,poi ancora per 8000€,ed ora impazza in sudafrica la Balkanology…feste con musica Balkan…esportazione di cultura…affidata ai giovani visto che l´80% dei Sudafricani non sa cosa sia la Slovenia…
Per noi oltre ai soliti stereotipi che tutti sappiamo sugli italici,se ne era aggiunto un altro un pó piú nostrano…la Beretta!
Altro esempio sono un gruppo di artisti mediatici Italiani che grazie al ministero dela cultura Sloveno portano avanti la loro arte…invendibile,ma di concetto.
Si é parlato di assicurazione sanitaria privata o comunque sul modello tedesco.
Non dimentichiamo che Künstlerkasse prevede un prezzo di favore per Giornalisti,Ballerini,Attori di teatro,Musicisti e pittori d´arte applicata.
Certo se ci fosse in questo stato Itaglianotto,gli 11000 forestali della Calabria diventerebbero tutti artisti,non c´é bisogno nemmeno di gettare soldi al vento per mantenere intere orchestre di Classica a sfavore di un contadino o un artigiano in difficoltá…
Ma non dimentichiamo questo “ramo produttivo e creativo” che é identificativo ed espressione del pensiero contemporaneo di un popolo,tanto quanto lo é il tondino a Brescia o il vetro a murano.
Non bisogna cadere nell´errore Italiano di dimenticarsi che il diritto di voto comincia dai 18 anni.
Claudio dice:
“Io credo serva un grande lavoro di evoluzione mentale, e non ho nemmeno idea di quanto tempo occorra e se mai sia possibile, trasformare i “dipendenti” in “imprenditori” della propria vita e della propria comunità.”
E’ proprio l’ostacolo più grande, il salto da fare, comprendere che ognuno è artefice del cambiamento che non dipende dai vertici, che sono meri rappresentanti che devo rendere conto. Ogni atto quotidiano visto in questa logica, ed ogni presa di posizione contribuiscono alla causa e contribuiscono a creare la vera unione di intenti, che è quella di raggiungere un obiettivo comune, ognuno esprimendo la propria particolare individualità
Claudio G says:
novembre 18, 2011 alle 11:13 pm
“VIALTRI voì far la repiovega, NIALTRI che posto gavaremo?”
… le repubbcliche dove le persone come individuo hanno un ruolo sono quelle repubbliche che non sono nate seguendo quel paradigma, ma uno opposto: NANTRI femo la repiovega!
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a te gà fato on comento precixo precixo.
xera coesto che voevo intendar. i se mete senpre ale dipendense.
visto che fa domande, VS deso el pol molarse xo on fià de responsabilità che se gà tolto in pì.
come ti dixi , la xe longa vanti che i realixa na libartà de “inprenditor de la propia vita”.
però, co la partesipasion che gà notà pizzati, se xe drio movar coalcossa?