Lo devo dire. Mario Monti non sarà il salvatore della patria ma solo un timido e canuto traghettatore che come Caronte porterà i cittadini imbarcati su questa chiatta maleodorante che si chiama stato Italia da una sponda all’altra, dal preambolo dell’inferno, alla pena conclamata.
Ci porterà dalla sciagura di un autunno predefault, alla primavera elettorale, attraversando il fiume Acheronte, questa volta placido e gelido, soporifero nei consumi e agghiacciante nelle prospettive.
Lo sa bene lui che l’Italia è un paese irriformabile. Ci si sarebbe aspettati, ci sarebbe voluta, una riforma scioccante, una deflagrazione da 100-150 per non dire 200 miliardi di euro di riforma da basare su specialmente su una rivoluzione del sistema da far passare in special modo attraverso le forche caudine della riduzione della spesa pubblica per liberare risorse per gli investimenti in innovazione .
Invece è arrivata un compitino, un pensierino , l’unico che poteva fare, 24 miliardi di euro che servono a malapena a pagare l’aumento di esborso legato all’esplodere degli interessi sul debito pubblico.
Tasse sulla casa, sapendo che l’edilizia è la primaria attività per far ripartire la crescita.
Tasse sui capitali, con conseguente fuga degli stessi altrove.
Tasse sulla nautica, una industria primaria già in crisi che porta occupazione e sviluppo.
Francamente niente di nuovo sotto il sole, solo un tirare a campare, triste e mesto.
Continueranno a fare così: un succedersi di governicchi per fare 2-3 manovre all’anno da 25-30 miliardi, per riuscire a tassare e spremere, progressivamente e senza dare troppo nell’occhio, riducendo a tutti il potere d’acquisto e benessere in modo definitivo.
Tasse e solo tasse per tenere i conti sul filo del rasoio entro la “border line” ed evitare il default senza alcuna prospettiva di avere un futuro, ma semplicemente una lenta agonia senza scossoni, nella speranza che succeda qualcosa prima,qualche grosso cambiamento di scenario, a livello mondiale, fosse anche una nuova guerra.
Penso ai prossimi 10 anni ed alla prospettiva personale, mia dei miei famigliari e dei miei amici di arrivare al 2022 attraversando le lente paludi della crescita zero o peggio ancora il grigiore della recessione perenne.
Penso ai giovani che dovrebbero entrare nel mondo del lavoro ora o tra qualche anno spinti dall’entusiasmo e dalla voglia di fare, spenti sul nascere dalla mancanza di prospettiva e penso ai pensionati, ridotti al limite della povertà.
Viviamo in un paese sostanzialmente illiberale, dominato dall’invidia sociale, contrario ed ostile alla cultura d’impresa ed alle opportunità del mercato, dove se ti va male ti sta bene, se ti va bene sei un evasore fiscale.
Da quando è crollato il comunismo e da quando i paesi emergenti, con un costo del lavoro molto più basso, sono entrati nel mercato globale, i nostri posti di lavori manifatturieri si sono trasferiti altrove, non c’è niente da fare, la globalizzazione è questa e dunque si deve cambiare marcia e fare cose diverse.
E la nostra popolazione è invecchiata, complice la denatalità.
Non parlerei necessarianente di crisi, ma di un sistema di stato che deve evolversi molto più rapidamente verso nuovi scenari, internazionalizzarsi ossessivamente, intermedializzarsi, e che, ovviamente, non può essere condotto nei passaggi chiave, da una classe dirigente novecentesca.
Si vuole la crescita? Meno tasse, meno spesa pubblica e più investimenti, non c’è altro modo, e più cultura di impresa, scuole per l’impresa e detassazione permanente degli utili reinvestiti.
Dove puntare e dove spendere? Massicciamente nelle nuove tecnologie, nella ricerca, per esempio la NgN, la rete per supportare la migrazione delle imprese verso il clouding.
Se invecchia la popolazione, l’unico modo per crescere è quello di aumentare la produttività con l’avanzare delle nuove tecnologie, invadendo con nuove piattaforme e strumenti il mondo del lavoro, rendendo disponibili delle nuove condizioni al contorno favorevoli al miglioramento della produttività, che significa lavorare meno ma per fare di più, fare cose nuove, sempre tre passi avanti.
Ve lo immaginate un mondo oggi senza ADSL? Impossibile. Eppure dieci anni orsono non esisteva diffusamente, ma non potremmo farne a meno. Ciò nonostante questa rete è già vecchia, funziona già male e ne serve subito una nuova e molto più potente.
Lo scenario geopolitico dove giocare una partita di questo tipo non può certo essere l’Italia, irriformabile per definizione, granitica, oligarchica, vecchia, spenta, inutile.
Non volevo dire che sono un indipendentista veneto , ma la risposta è venuta da sola.
Gianluca Panto
If you liked my post, feel free to subscribe to my rss feeds