La passività dei politici veneti ha aperto le casse degli enti locali al furto statale
Vi sono notizie che paiono tanti incredibili quanto assurda la mancanza di reazione e di indignazione popolare al loro divenire realtà, che supera la più macabra fantasia, parafrasando Pirandello. Come altrimenti descrivere la notizia ormai consumata del decreto sulle liberalizzazioni (articolo 35) che, “ai fini della tutela dell’unità economica (sic!) della Repubblica e del coordinamento della finanza pubblica”, ha sospeso il regime di tesoreria unica.
In termini pratici significa che i surplus di regioni ed enti locali vadano assorbiti direttamente dalla tesoreria statale, con aumento degli interessi per riavere i fondi necessari per le spese locali e ovviamente l’aumento del rischio di indisponibilità di liquidità dato il grave stato in cui versano i conti statali.
Io stesso ho proposto che gli enti locali optassero per l’internazionalizzare della tesoreria, sconfiggendo il complesso del provincialismo italiano che vorrebbe farci secedere dal mondo civile e stipulando apposite convenzioni con banche di altri paesi dell’Unione Europea. Vedo che lo stesso governatore del Veneto ha manifestato l’intenzione di copiare tale proposta, con un grave ritardo che ha significato la perdita di oltre 4 milioni di euro per le casse regionali.
Ma la cosa decisamente più grave è stata l’incredibile passività dimostrata dagli attuali rappresentati istituzionali veneti, nessuno escluso e ad iniziare dal governatore della regione Veneto. Costoro, probabilmente mal consigliati, hanno fatto solo uno sterile esercizio di proteste, conferenze stampe e sterili lettere di diffida agli istituti di credito che si sono trovati a dover scegliere se porsi al di fuori della legge, oppure di mettere a rischio il loro rapporto contrattuale con l’ente con cui avevano stipulato una convenzione per svolgere il servizio di tesoreria.
La grave lacuna e colpa dimostrata dai legislatori veneti è stata proprio l’assoluta omissione delle funzioni sovrane legislative ed esecutive per il cui compimento avevano ricevuto un preciso mandato dagli elettori veneti.
Nessun ente locale veneto, che sia dato sapere, ha promosso alcuna delibera, legge regionale, o atto normativo che contrastasse una norma dello stato che era con tutta evidenza illegittima.
La colpa politica più grande ovviamente è quella del governatore, della giunta e del consiglio regionale che hanno tradito il mandato ricevuto dagli elettori veneti, lasciando aperte le porte della casa regionale e permettendo al ladrocinio governativo di aver luogo senza alcuna opposizione, come pure era nelle loro facoltà fare. Nessun partito presente in regione, nessun politico si è alzato in piedi per proporre l’unico atto che si doveva fare, come ha ben messo in evidenza Ivone Cacciavillani nel suo fondo pubblicato sul Corriere del Veneto il 3 marzo, approvando una legge regionale, che in quanto cronologicamente posteriore, anche se di rango inferiore (regionale vs decreto legge), avrebbe permesso di aprire un conflitto legislativo, qualora lo stato avesse avuto l’impudenza di impugnare la legge regionale, da dirimersi in sede di Corte costituzionale.
Invece no, la classe dirigente veneta si è solo messa a belare più forte, per dare maggiore risalto alla propria condizione di sudditanza o connivenza con lo stato centralista indebitato e morente.
In tale contesto appare grossolana e ingiustificabile anche l’azione dei consulenti strapagati che spianano la strada agli attuali gestori del potere politico in Veneto, lega in primis.
A cominciare proprio dal prof. Luca Antonini, ordinario di Diritto costituzionale all’Università degli Studi di Padova, che ha svolto un ruolo fondamentale fin dalla concezione del cosiddetto federalismo fiscale abortito dal ministero Calderoli e che ha ricevuto il mandato di trovare tra le pieghe delle proprietà statali e delle funzioni statali ciò che è, più o meno immediatamente, alienabile a favore delle Regioni. Visto il ruolo di suggeritore che pare svolgere e per quanto il suo rapporto con la lega possa non essere organico, ma diciamo istituzionale e probabilmente politicamente mercenario, alla luce del grave danno che tutti i cittadini veneti stanno subendo a causa della passività inebetita della regione e degli enti locali veneti, qualcuno farebbe bene a farlo cadere dal piedistallo dorato su cui si è inalberato sfruttando l’assoluta inconsapevolezza dell’attuale classe dirigente del Veneto, il cui peso è divenuto oramai insostenibile per il Popolo Veneto.
Diamo finalmente lo spazio che si merita all’unica alternativa politica concreta che oggi esiste nelle Terre di San Marco e che è data da Veneto Stato e dalla formidabile classe dirigente che sta nascendo grazie all’opera instancabile di Lodovico Pizzati, Alessia Bellon e dei loro collaboratori.
Gianluca Busato
Candidato sindaco di Silea
Veneto Stato
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