Finalmente siamo arrivati alla cruna dell’ago. La proposta di referendum per l’indipendenza è sul tavolo, la discussione animata, le travisazioni (suppongo intenzionali) all’ordine del giorno, ma il punto chiave è che il passaggio per quella cruna è stato impedito da un fronte, quello in cui si schierano i gerontogiuristi italiani che restano fossilizzati ad una concezione italocentrica, mentre un secondo fronte espresso per mezzo della voce di Barroso si schiera su una posizione opposta.
Ma per chi per molto tempo ha discusso di queste cose teorizzandole, è un po’ il momento della verità. Anche là due fronti, quello che è convinto della fattibilità del referendum e chi invece sostiene il contrario (usando spesso gli stessi argomenti usati dai giuristi italocentrici delle sedi istituzionali italiane).
Per comprendere meglio la cosa bisognerebbe allargare l’orizzonte al piano europeo. La EU dovendo confrontarsi con la realtà di almeno due paesi
che intendono rivendicare l’indipendenza ha dovuto assumere una posizione, e a questo punto paese più o paese meno cambia poco, che siano solo Scozia e Catalunya o anche Veneto …o altri paesi.
Per la verità la discussione sulla materia legalitaria è sempre stata una cosa ristretta a pochi, la maggior parte delle persone non ci pensa, semplicemente si allinea con i convinti o con i dubbiosi che dicono “magari” (scusa buona per non fare niente), ma è nondimeno una discussione che ha un suo peso.
Il peso è prima di tutto politico. Esso infatti rappresenta un deterrente per scoraggiare iniziative indipendentiste, contando sul fatto che in questo modo sia difficile ottenere una massa critica di persone favorevoli al progetto. Ma ha anche una base razionale se si considera che i rappresentanti eletti in Veneto sono si rappresentanti politici della popolazione, ma nominati ad un ruolo meramente amministrativo e dipendente dallo stato centrale. Perciò non è peregrino dire che un referendum realizzato dall’ente regione sarebbe impossibile da attuare, ma al tempo stesso se ciò si verifica implica la conferma della condizione dell’esistenza di un popolo senza rappresentanza politica reale, perché essa è soggiogata ad un controllo esterno, come in una colonia. Ciò apre la via all’autogestione, e alla rielezione di una rappresentanza politica di un popolo. E questo è il momento, questo è il famoso passaggio per quella cruna dell’ago.
Perché agli accaniti dei sofismi legali occorre porre una domanda precisa: volete voi ammettere l’esistenza di schiavi? Perché negare ad un popolo il suo diritto di autodeterminarsi invocando insulsi quanto capziosi cavilli, è semplicemente pretendere che un popolo sia reso schiavo inibendone il diritto di determinare il suo destino.
Non esiste contratto da cui non si possa recedere in alcun modo, tantomeno un contratto che non si è mai sottoscritto.
Claudio Hutte
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Ho letto ora questo articolo di Hutte , interessante la sua disanima , mette in chiaro un passaggio che potrebbe benissimo diventare un ostacolo al percorso referendario “veloce” (passatemi il termine) , in ogni caso è il peso politico che farà la differenza e non è da escludere che l’attuale rappresentanza Veneta sia in grado di sopperire a questa lacuna chiamata “cruna dell’ago” , nel caso avverso una nuova classe politica titolare di un mandato chiaro ed esplicito eserciterà il diritto all’autodeterminazione ! Concludo : gli ultimi sondaggi anche se non scientifici dimostrano un chiaro desiderio di indipendenza , manca solo organizzare il consenso , per quel che mi è dato comprendere posso affermare che questo ultimo aspetto nella situazione contingente può benissimo mancare … l’evento si può materializzare anche senza la comprensione dei più !