Le argomentazioni portate dal Prof. Avv. Mario Bertolissi per sostenere come non sia possibile per la Regione Veneto indire il referendum volto ad ottenere l’indipendenza sono assolutamente pregevoli ma non condivisibili nella loro totalità.
L’illustre Collega non manca di evidenziare come la questione vada ad incidere anche su un aspetto estremamente delicato, quello della libertà di manifestazione del pensiero tutelata dall’art. 21 della Costituzione, chiedendosi :“per quale ragione mai dovrebbe essere vietato chiedere che la cittadinanza dica come la pensa? Non ha a che fare con la libertà di manifestazione del pensiero, parte integrante della libertà politica?”
La risposta a tale domanda è scontata e ad essa si deve aggiungere un’ulteriore argomentazione fondata sull’art. 50 della Costituzione: “tutti i cittadini possono rivolgere petizioni alle Camere per chiedere provvedimenti legislativi o esporre comuni necessità”.
I cittadini possono quindi esprimere il loro pensiero e proporre alle Camere di adottare provvedimenti legislativi; per quale ragione non sarebbe possibile indire un referendum consultivo attraverso il quale raccogliere il libero pensiero (in senso favorevole o meno all’indipendenza) della maggioranza dei Veneti e tradurlo – eventualmente – in una conseguente petizione alle Camere affinché modifichino la Costituzione stessa?
Il Prof. Avv. Bertolissi non manca di ricordare come l’art. 5 della Costituzione stabilisca che la Repubblica è una e indivisibile, formula adottata al termine di un lungo dibattito che nei lavori preparatori ha portato ad escludere altre soluzioni quali, ad esempio, quella federalista.
Il richiamo è scontato ma la norma va letta alla luce di altre norme di grado eguale se non superiore.
Invero “l’ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute” (art. 10 della Costituzione) e, tra esse, l’Italia ha recepito anche il Patto di New York, fatto proprio con legge 881 del 1977, che all’art. 1 recita “Tutti i popoli hanno il diritto di autodeterminazione. In virtù di questo diritto, essi decidono liberamente del loro statuto politico e perseguono liberamente il loro sviluppo economico, sociale e culturale”.
Tale principio vale, ovviamente, per i popoli che ancora non sono indipendenti, altrimenti sarebbe privo di senso.
Tanto vale a confutare la tesi del Collega in ordine al fatto che la sovranità appartiene al popolo italiano, non a quello veneto, o lombardo, o siciliano.
Premesso che quello Veneto (a differenza di altri) è un Popolo perché lo dice la coscienza, lo conferma la storia e lo ribadisce la legge italiana (art. 2 L. 340/1971), il principio di autodeterminazione va letto nel senso di garantire ai popoli che non godono dell’indipendenza il diritto di decidere al proposito; il popolo veneto, non altri, deve poter decidere della propria autodeterminazione.
La Corte internazionale di Giustizia, ancora nel 1995, ha chiarito che “il principio del diritto dei popoli all’autodeterminazione, riconosciuto dalla Carta delle Nazioni Unite e nella giurisprudenza della corte, costituisce uno dei principi essenziali del diritto internazionale contemporaneo”. Il 22/7/2010 ha ribadito che “uno dei principali sviluppi intervenuti nel diritto internazionale a partire dalla seconda metà del ventesimo secolo è rappresentato dall’emergere di un diritto all’autodeterminazione spettante ai popoli di territori non autonomi”.
Dunque, in base al nostro ordinamento, un popolo ha diritto alla propria autodeterminazione, per dirla in parole chiare: alla propria indipendenza.
La Corte di Cassazione, con la nota sentenza 11163/2011, ha chiarito come alla luce dei principi costituzionali italiani, espressi dagli art. 10, comma 1 e 11 Cost., e dei principi generali del diritto internazionale, vanno tutelati valori e di diritti fondamentali, la cui tutela è affidata a norme inderogabili, poste al vertice dell’ordinamento internazionale e prevalenti su ogni altra norma, sia di carattere convenzionale che consuetudinario.
Ricordo peraltro che l’art. 5 della Costituzione era in vigore anche allorché (01 ottobre 1975) Mariano Rumor sottoscriveva insieme ai plenipotenziari della Repubblica federativa jugoslava il Trattato di Osimo, con il quel venivano cedute definitivamente l’Istria e la Dalmazia italiane (più precisamente, venete) che fino a quel momento erano amministrate in via provvisoria dalla Jugoslavia di Tito.
Troppe volte, le norme si “interpretano” in base alle convenienze politiche del momento…
Alla luce di queste scarne osservazioni, risulta come la questione del referendum per l’indipendenza del Veneto sia di natura prettamente politica, non sussistendo in realtà ostacoli che il nostro ordinamento possa validamente opporre alle norme di diritto internazionale che la stessa Italia ha riconosciuto.
Avvocato Luca Azzano Cantarutti
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