Tradimenti e retroscena nel centrodestra che ha sacrificato il capoluogo della Marca, alla vigilia dell’approvazione della legge referendaria
Passate le elezioni, passato ieri il primo giorno di mercato senza Gentilini, da oggi ufficialmente Treviso è entrata nella normalità della sua nuova fase storica. Da oggi ufficialmente Treviso è diventata “comunista”.
Il suo nuovo sindaco non è un pericoloso mangiabambini, intendiamoci, ma un uomo di apparato sicuramente. Una persona moderata, ma sempre di apparato.
Come ha fatto quindi Giovanni Manildo a sbancare Treviso, trasformandola da città simbolo della conservazione e della moderazione a “città liberata” come cantavano i suoi seguaci forse più illusi dopo la vittoria elettorale di lunedì?
Gran parte del merito va sicuramente alla sua abilità nell’essere riuscito a tenere unite in coalizione componenti tra loro molto distanti, mentre altrettanto non si può dire dei suoi avversari.
La figura di straordinario impatto mediatico di Giancarlo Gentilini ha coperto le ragioni vere della sconfitta elettorale della coalizione della lega e del pdl. Queste ragioni vanno trovate nella divisione della coalizione che ha attraversato lo stesso pdl dilaniato ancor più della lega da una lotta interna di potere, tanto che la potente corrente che fa capo a Maurizio Sacconi ha apertamente appoggiato un altro candidato sindaco, senza nemmeno apparentarsi per il ballottaggio allo sceriffo e oggi anticipa la resa dei conti in un’intervista sui giornali locali.
Cosa c’è in ballo per spiegare una scelta apparentemente suicida?
Probabilmente qualcuno ritiene che la fase storica odierna sia per certi versi simile a quella del 1993-94. Anche nel 1993 il centro-sinistra vinse in molte città, apparentemente conquistando una posizione che pareva inattaccabile. In realtà che si trattasse di vittoria di Pirro lo si capì l’anno successivo, con il trionfo del centro-destra guidato allora da Berlusconi.
Oggi il senso della pugnalata alle spalle che spiega la sconfitta di Treviso va cercata proprio in questa battaglia tutta interna al centro-destra e in particolare nel partito di Berlusconi. Riteniamo però che qualche calcolo sia stato fatto in modo sbagliato.
Un modello di questo tipo mal si adatta a un periodo che pare più vicino al dopoguerra che ad altro, per la gravità della crisi socio-economica che stiamo attraversando. Il calo nell’ultimo anno della produzione industriale del 4,6% e del pil del 2,4% proprio in Veneto e a Treviso si manifesta nelle forme più dure, testimoniate da una catena impressionante di suicidi per ragioni economiche, nella perdita massiccia di lavoro e nell’impressionante aumento di fallimenti di aziende. Oggi il peso rappresentato dallo stato italiano predatore rappresenta quindi per il Veneto una palla al piede che ci sta trascinando nel gorgo della disperazione.
Il Veneto quindi deve sganciarsi – ora o mai più – dai giochetti dei partiti italiani e deve sapersi riscattare trasformando la drammatica situazione di crisi in una straordinaria opportunità di rilancio con la propria indipendenza politica.
Spetta ora al consiglio regionale uscire dall’impasse, accelerando il dibattito preliminare della commissione affari istituzionali già alla prossima settimana, in modo da non perdere l’occasione della convocazione del consiglio straordinario per il prossimo 27 giugno, come paventato oggi da qualcuno.
L’unico che in questa fase può spingere sull’acceleratore è Luca Zaia e noi confidiamo che sappia leggere con grande attenzione la delicata fase che stiamo attraversando.
Caro Governatore, forse è giunto il momento di alzare la cornetta del telefono e dare il ritmo che serve per raggiungere l’indipendenza del Veneto.
Press News Veneto
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Treviso comunista e l’indipendenza del Veneto https://www.pnveneto.org/2013/06/treviso-comunista-e-lindipendenza-del-veneto/
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