di Gianluca Panto
Nella situazione di attuale crisi economica l’implosione dello stato Italia appare un evento possibile ed anche se non avvenisse si preannunciano anni duri e di recessione.
Ciò dipende da alcune trasformazioni strutturali che hanno modificato il volto del tessuto economico produttivo e sociale e che obiettivamente non ci sembrano né comprese né oramai più gestibili da nessuno che sia seduto a Roma.
Questo è avvenuto certamente per i seguenti motivi:
- la sempre maggiore penetrazione di nuove tecnologie nella produzione, con conseguente aumento di produttività dei macchinari e riduzione del numero di addetti umani;
- ingresso dei paesi con economie a basso costo nelle filiere produttive e nel commercio internazionale e loro spostamento progressivo da bassa ad alta qualità della produzione fatta;
- integrazione europea, libera circolazione di uomini mezzi e capitali, libera concorrenza tra stati, penalizzazione delle filiere più costose e meno efficienti;
- migrazioni dovute ad un incremento demografico dei paesi in via di sviluppo non proporzionale al loro aumento di crescita economica.
In tale scenario diventa indispensabile un riposizionamento degli attori economici di tipo qualitativo, che prediliga catene di valore sempre più globali.
Con questa certezza risultano anacronistici gli attacchi alle recenti iniziative di internazionalizzazione per cittadini ed imprese portate avanti da Veneto Stato in Austria e Slovenia, in quanto oggi più che mai serve aprirsi al mondo per meglio interpretare questa nuova stagione di competizione mondiale.
Se nell’ultimo ventennio lo stato Italia non è stata la piattaforma ideale per lo sviluppo, il Veneto ha però sempre recitato la parte del Leone, ma ora paga la mancata capitalizzazione grande lavoro fatto, il cui valore non si è accumulato e non è oggi spendibile per superare la crisi, in quanto esso è già stato dilapidato altrove.
Ci fossimo tenuti i soldi, li avremmo investiti bene ed avremmo modo di gestire le difficoltà diversamente.
Invece abbiamo visto che il differenziale di risorse in tasse che noi paghiamo allo stato centrale è passato da 8 a 20 miliardi/anno, nel giro di un ventennio.
Cioè noi ci siamo sviluppati, ma l’incremento di PIL prodotto è stato drenato da una palla al piede sulla quale non abbiamo avuto nessuna possibilità di intervenire e che oggi più che mai si rivolta contro di noi, normalmente accusati di essere evasori fiscali.
A ben guardare dunque, oggi VENETO STATO è una stupenda opportunità, anzi è l’ultima possibilità rimasta per attivare da subito quelle politiche di riforma che sono assolutamente necessarie per garantire ai nostri figli un futuro di sviluppo, come ad esempio le seguenti: Keep Reading