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La Democrazia Diretta è solo un “arto” della sovranità popolare

Riceviamo e volentieri pubblichiamo.

di Roberto Sommacal (Accademia degli Uniti)

Il Professor Hans Hermann HOPPE qualche anno fa, durante un convegno tenutosi all’Università di Padova, ebbe tra l’altro a dire:
«Lo Stato può essere definito convenzionalmente come: un’agenzia che esercita un monopolio territoriale, imposto con la forza, sia sulla decisione finale da prendersi in caso di controversie (giurisdizione) sia sulla tassazione. Per definizione quindi, ogni Stato, a prescindere dalla sua particolare Costituzione è economicamente ed eticamente inadeguato. [Perché è inadeguato?] Ogni monopolio è un “male” dal punto di vista del consumatore. Intendiamo per monopolio la mancanza di libero accesso ad una particolare linea di produzione: solo un’agenzia A può produrre il servizio od il prodotto X.
«Non solo nessuno, potendo evitarlo, accetterebbe
un tale monopolio nella fornitura di servizi
giudiziari, ma [non accetterebbe] nemmeno il fatto
che sia il giudice monopolista a determinare
unilateralmente il prezzo dei propri “servizi”. È
facilmente prevedibile, che un tale monopolista
userebbe sempre più risorse (proventi della
tassazione) per produrre sempre meno beni e perpetrare sempre più misfatti. Questa situazione non è la ricetta per la protezione dei cittadini ma per la loro oppressione e sfruttamento. Il risultato del costituirsi di uno Stato, quindi, non è la pacifica cooperazione [economica tra i cittadini] e l’ordine sociale, ma il conflitto, la provocazione, l’aggressione, l’oppressione e l’impoverimento in altre parole la de-civilizzazione (imbarbarimento). Questo, soprattutto, è perché un tale monopolista è giudice supremo di ogni conflitto e quindi anche di quelli che lo riguardano direttamente. Di conseguenza, invece di tendere a prevenire e risolvere conflitti, un giudice supremo monopolista sarà portato naturalmente a causare e provocare conflitti da comporre a proprio vantaggio.
Questo, soprattutto, è quello che ci ha mostrato la storia degli Stati. Essa è infatti, in primo luogo, la storia di milioni di vittime innocenti del potere statale.»

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Centrifuga iberica: Paesi Baschi e Catalunya vicini all’indipendenza

Ieri si sono tenute le elezioni politiche in Spagna, che hanno sancito uno storico sconvolgimento dell’equilibrio politico. Il risultato ha determinato la totale deframmentazione politica tra la Catalunya e i Paesi Baschi e il resto della Spagna. Il voto si è polarizzato come mai prima, con grande successo delle formazioni politiche indipendentiste da una parte e del partito popolare dall’altra, mentre l’unico denominatore comune sembra essere stato la disfatta del Psoe, il partito socialista dell’ex premier uscente Zapatero che non si è ripresentato come candidato.
Il risultato più clamoroso però è stato quello dei Paesi Baschi, dove la formazione indipendentista abertzale Amaiur ha conquistato 7 seggi che si uniscono ai 5 seggi del Pnv (Partido Nacionalista Vasco), determinando una maggioranza assoluta in Euskadi a favore dell’autodeterminazione e quindi dell’indipendenza dei Paesi Baschi. Proprio il successo di Amaiur sancisce l’assoluta sterilità dei processi violenti verso l’indipendenza, che sono oggi stati sconfitti con l’addio alle armi da parte dell’Eta.
Un grande successo ha quindi avuto anche la formazione autonomista CiU (Convergencia i Unió), che si sta progressivamente avvicinando a posizioni favorevoli all’indipendenza, che ha conquistato 16 seggi, aumentando di 6 seggi la propria presenza a Madrid e diventando la terza formazione politica in assoluto in tutta la Spagna. Il partito indipendentista catalano ERC (Esquerra Republicana de Catalunya) ha confermato i propri 3 seggi, aumentando decisamente la forza della parte politica favorevole a un processo di indipendenza della Catalunya.
In ultima analisi si può ben dire che il processo di decomposizione dello stato spagnolo sembra avviato verso il punto di non ritorno. Il vento dell’indipendenza soffia sempre più forte in tutta Europa, dopo la vittoria schiacciante del Partito Nazionale Scozzese in Scozia, che nella primavera scorsa ha conquistato la maggioranza assoluta dei seggi nel parlamento di Edimburgo.
Il fenomeno che ha visto il formarsi di nuovi stati indipendenti dalla fine degli anni ’80 in poi, oggi sembra aver contagiato in modo definitivo anche gli assetti istituzionali dei leviatani marci di debiti dell’Europa occidentale.

La Venetia deve darsi da fare quanto prima per ottenere la propria indipendenza, con un percorso legale, democratico e pacifico, approfittando di una finestra storica che resterà aperta solo per pochi anni.

Gianluca Busato
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Alessio Morosin a S. Maria di Sala


Alessio Morosin a S. Maria di Sala presenta le ragioni dell’indipendenza e per un Veneto Stato Libero Indipendente e Democratico. Keep Reading »

Alessia Bellon a S. Maria di Sala


Alessia Bellon a S. Maria di Sala presenta le ragioni dell’indipendenza. Veneto Stato – Libero Democratico Keep Reading »

anche Gentilini si fa vivo da Veneto Stato

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Ieri sera la sezione di Veneto Stato – Quinto di Treviso, “la 121”, ha portato a termine un’altra grande iniziativa. Il dinamismo di questo gruppo, dopo il successo di una serata di presentazione a Settembre con oltre un centinaio di partecipanti, aveva organizzato per ieri sera una serata per i simpatizzanti che vogliono conoscere più a fondo Veneto Stato.

Sono venute una cinquantina di persone e molti erano i volti nuovi. Tra queste persone nuove abbiamo avuto la sorpresa di vedere anche Gentilini che è passato a dare un saluto. Era lì per caso? Non ha importanza, il punto è che, come dimostra l’intervento di Gentilini, non basta volere l’indipendenza, e per i nuovi iscritti e simpatizzanti ci vuole anche un percorso di formazione perché Veneto Stato non è solo uno slogan, ma è un progetto serio con un metodo ben preciso per come arrivare a destinazione.

Gentilini ha fatto un intervento molto simpatico che ci ha fatto piacere, ma per essere con Veneto Stato non basta rifiutarsi di andare a sedersi nel parlamento romano, o sospirare per l’indipendenza. Non abbiamo dubbi che molta gente, specie di una certa generazione come Gentilini, ha questi ideali in mente. Ma quello che bisogna assorbire nella mente, prima di poter far parte di un Veneto Stato libero, indipendente e democratico è che il nostro non è un percorso violento forzato con le armi. Il nostro è un percorso pacifico e legale da ottenere in maniera referendaria con monitoraggio internazionale.

Mi dispiace Gentilini, siamo contenti che lei faccia parte delle nostre file di simpatizzanti, ma prima di poter venire accettato come socio bisogna fare formazione e capire che il percorso di Veneto Stato non è slogan e protesta, ma è contenuti  e proposte.

Lodovico Pizzati Keep Reading »

Gentilini aderisce a Veneto Stato


Gentilini lascia la Lega Nord e aderisce a Veneto Stato Keep Reading »

come sarà dopo l’indipendenza

Mercoledì scorso ho partecipato come relatore alla presentazione di Veneto Stato a Santa Maria di Sala (VE). Ho notato con piacere che non è solo nel trevigiano che si registrano serate indipendentiste con ben oltre un centinaio di persone. Da questo autunno in provincia di Treviso è ormai diventata la norma avere oltre il centinaio di partecipanti (Quinto di Treviso, Lovadina, Montebelluna) e ho sempre pensato fossero i frutti di una primavera di attività intensa. Vedendo perlomeno 130 persone a Santa Maria di Sala ho avuto la lieta sorpresa che la voglia d’indipendenza si sta propagando in grandi numeri anche in altre provincie.

Ora però è anche giunto il momento di cambiare marcia sui contenuti della presentazione. Come per molte altre serate mi era stato chiesto di presentare le ragioni economiche dell’indipendenza (più tardi pubblicheremo anche il video), ma con mia sorpresa le domande dal pubblico puntavano ad altro. In sintesi era come sentirsi dire “queste cose le sappiamo già, non siamo qui per essere convinti dei vantaggi di avere una repubblica veneta completamente indipendente, siamo qui per altro.” Insomma, ormai alle serate indipendentiste non arrivano persone ignare o dubbiose, ma arrivano veneti informati, e molti di loro nelle discussioni post presentazione mi dicevano quasi annoiati che si sono già letti tutto sul sito, conoscono il programma, il curriculum degli esponenti, hanno già visto i video di altre presentazioni. Ci sono centinaia di persone non ancora iscritte, e solo simpatizzanti, che già hanno assorbito le ragioni e le motivazioni per aspirare ad una veneta indipendenza. Ma allora di cosa c’è sete, di cosa sentono il bisogno di sentir approfondito?

Nella nostra vita quotidiana subiamo diverse ingiustizie dallo stato italiano, sia fiscali che burocratiche, ma anche in termini di sicurezza, di efficienza legale e di tanto altro. Ai veneti non occorre sapere che lo stato italiano e la partitocrazia italo-padana fanno schifo, perché ci arrivano da soli accendendo il telegiornale. E per le migliaia di simpatizzanti che partecipano ai nostri eventi non occorre nemmeno essere convinti che abbiamo il potenziale di fare di meglio se indipendenti, perché questo lo sanno già. Quello che bisogna elaborare è che tipo di stato vogliamo e proponiamo. Non basta dire intanto arriviamo all’indipendenza e poi vedremo perché così non ci sbilanciamo. No, un programma politico indipendentista deve anche pensare e presentare in dettaglio cosa cambierà e come. Questo deve diventare parte integrante di una linea politica. Vogliamo uno stato che rispetti il singolo cittadino e che lo faccia sentire veramente sovrano, e non succube di uno stato che gli impone certe cose. Vogliamo uno stato dove percepiamo la polizia al nostro servizio, non una società dove ci si fa i fari per segnalare ad altri cittadini che le forze dell’ordine “foreste” sono dietro l’angolo.

Alcuni esempi illustrati a Santa Maria di Sala mi hanno stupito. Un commerciante segnala la terza rapina avvenuta nella sua bottega e le forze dell’ordine gli rispondono che sanno chi è stato ma che se lo prendono dopo questa banda gli farà ulteriori rapine per ripicca. Questo tipo di esempi abbondano, e potendo molti licenzierebbero in tronco chi gli risponde così. Il problema però non è tanto una scarsa formazione del personale o la mancanza di risorse per compiere il proprio dovere. È anche questo, certo, ma la soluzione a certi problemi può essere semplice se da subito impostiamo il nostro stato in maniera di dare il potere decisionale, la sovranità, direttamente in mano ai cittadini. Per fare un esempio negli Stati Uniti lo sceriffo di una contea, o il capo della polizia di una città, non devono la loro posizione a qualche generale o politico al di sopra di loro. Queste sono posizioni elette direttamente dalla cittadinanza locale. Il capo della polizia di un paese deve riferire direttamente alla cittadinanza, e se una comunità percepisce un livello di crimine fuori controllo licenziano il capo della polizia che si è rivelato inadatto e eleggeranno un nuovo candidato più determinato nel risolvere questi problemi. In un sistema dove le risorse fiscali rimangono in paese, i cittadini possono anche decidere di concentrare più risorse per la sicurezza se questa viene considerata una priorità, e tutto questo senza dover mandare politici in un parlamento distante per poi non concludere niente.

Difatti non deve essere solo un sindaco ad essere eletto, e sempre negli Stati Uniti anche i giudici vengono eletti dalla popolazione. Dobbiamo liberarci della mentalità che non si può lasciare queste decisioni “importanti” in mano alla gente. In America non c’è l’obbligo di essere laureati in giurisprudenza per essere giudici (e nella loro storia esistono casi esemplari di giudici rinomati che appunto non erano avvocati), però i cittadini hanno sempre la maturità di scegliere per questi incarichi persone preparate e affidabili. In questo esercizio di democrazia diretta alla fine i giudici eletti sono quasi sempre gente del mestiere, ma anche in questo caso sanno che devono la loro posizione ai cittadini stessi, e non è una coincidenza che la giustizia là è pi efficiente e comporta un costo molto inferiore.

In sintesi, nella mia visione di come deve essere strutturato un Veneto indipendente basta impostarlo con alcune regole di base e il resto viene da se. Non dobbiamo nemmeno inventarci molto perché tante cose possiamo o riscoprirle dal sistema che era quello della Repubblica Veneta, oppure impararlo da altri stati che già applicano un sistema vincente come nel caso della Svizzera. A mio avviso un Veneto indipendente dovrebbe essere una confederazione di provincie come appunto la Svizzera, dove nulla viene imposto dall’alto. I vantaggi di un sistema confederato non sono solo le risorse fiscali che rimangono nei comuni e nelle provincie, anziché venire concentrati in una capitale centralista (che sia Roma o Venezia). Ma i vantaggi sono anche l’efficienza che si crea quando ogni provincia o comune può decidere il proprio livello di tassazione e “competere” con i comuni e le provincie limitrofe.

Queste sono solo alcune brevi riflessioni dopo la serata a Santa Maria di Sala, e di sicuro i contenuti di un’attività politica indipendentista dovranno senzaltro concentrarsi su che tipo di stato vogliamo impostare, coinvolgendo persone preparate per diversi settori. Non si può rimanere vaghi o limitarsi solo a ragionamenti di contabilità o identitari. Bisogna avere il coraggio di saper vedere e descrivere come vogliamo venga impostata la nostra società.

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3 indipendentisti e mezzo a ReteVeneta

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Ho solo filmato questi due minuti col cellulare, ma nella trasmissione andata in onda su ReteVeneta, la sera del 15 novembre, c’erano diversi momenti salienti da riprendere perché Alessio Morosin di Veneto Stato non era l’unico indipendentista in studio. Il secondo ospite che ha auspicato apertamente l’indipendenza del veneto era Pagliarini, e questa non era una grande sorpresa, e di sicuro ha aiutato Morosin a far fronte a Paniz, unico difensore dello status quo italiano tra i presenti. Il terzo ospite che si è rivelato indipendentista è stato Pettenò il quale ha chiesto a Morosin di fargli un Veneto Stato di sinistra (forse incoraggiato da un sms che gli diceva di lasciar stare Veneto Stato e di aderire a Sanca Indipendentista). Questa uscita pubblica non è stata una grande sorpresa dato che in un fuori onda a TV7 Triveneta aveva parlato favorevolmente anche in mia presenza di un percorso indipendentista, ma nei fuori onda non è l’unico politico veneto che guarda con simpatia (e con speranza) il percorso delineato da Veneto Stato. Addirittura il generale dei carabinieri Sivori, una volta incoraggiato dagli altri ospiti che anche lui poteva considerarsi veneto, dati i decenni di residenza su questa terra, anche lui ha avuto un momento favorevole verso la possibilità di avere una repubblica veneta indipendente (almeno questa è stata la mia impressione distratta). Il quinto ospite era un docente svizzero, quindi non era chiamato direttamente in causa, e questo lasciava il parlamentare italiano Paniz come unico baluardo dello stato Italia.

Un anno fa questo scenario era impensabile. Ci ricordiamo tutti i primi interventi su Antenna Tre, dove Morosin veniva deriso dal conduttore stesso come “Alice nel paese delle meravigle.” Dopo un solo anno, l’indipendenza è un’opzione seria e concreta alla quale tutte le realtà politiche venete si stanno avvicinando pubblicamente in televisione. Con gran velocità si sta arrivando alla situazione slovena, dove in neanche tre anni dalla fondazione del primo partito indipendentista, questi nostri vicini di casa hanno ottenuto la libertà da uno stato in fallimento. Anche qui in Veneto la voglia di indipendenza sta crescendo ancor più velocemente del partito che l’ha lanciata come percorso legale, democratico e da raggiungere con metodi pacifici.

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“Tecnici” e “politici”. Il re denudato dalla lingua.

Sin da piccolo mi incuriosiva la divisione, che sentivo anche negli anni Settanta del secolo passato, tra “politici” e “tecnici” nella gestione dell’oggetto pubblico denominato ITA. Ora, in questo scorcio di 2011, torna ampiamente il discorso, ed è giusto dunque dedicarvi qualche riflessione. Ogni e qualunque istituzione deve essere guidata, si ritiene, da tecnici, ovvero da chi conosce il mestiere. Se un ospedale fosse retto, gestito e condotto da persone che non sono medici, ovvero tecnici, fallirebbe il proprio scopo. Che è quello di curare. Se in ossequio al principio di democrazia partitocratica eleggessimo chi vogliamo in un ospedale, chi ci promette la vita eterna ma non sa neanche cos’è una milza, ebbene quali risultati avremmo? Lo stesso si applica a tutti o quasi i domini della vita, anche quelli che non hanno apparentemente utilità immediata (anche se spesso la hanno, solo non diretta e palpabile), come gli affari di religione. Un prete, a proprio modo, è un “tecnico”, se non altro perché conosce o dovrebbe conoscere il Vangelo, se non l’Antico Testamento, se non gli scritti dei principali Padri della Chiesa, da Origene ad Agostino. Tutti si scandalizzerebbero se a dire la Messa fosse mandata la perpetua o il sagrestano. Keep Reading »

Pizzati su Monti a Telenuovo

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