Maurizio Giomo, candidato vice sindaco di Treviso e protagonista del digiuno per l’indipendenza è stato oggi intervistato nientedimeno che dal prestigioso Huffington Post, che riporta anche un video pubblicato da Press News Veneto. Riportiamo di seguito l’intervista, tratta dall’originale.
“La risoluzione 44 è stata votata a novembre e a inizio marzo la commissione di esperti non si era ancora insediata, malgrado nel testo della risoluzione si parlasse di “urgenza”. Questo ritardo, inaccettabile, ha fatto maturare l’idea dello sciopero della fame. Una forma di protesta che, contemporaneamente, è stata abbracciata anche da un’altra attivista, Anna Durigon, che l’aveva lanciata con un post sui social network. Abbiamo dunque iniziato a digiunare e dopo cinque giorni Zaia ha nominato gli esperti». È così che l’attivista Maurizio Giomo racconta la genesi e l’esito dello sciopero della fame, da lui intrapreso, per l’indipendenza veneta.
È il primo che fa?
Il primo e spero l’ultimo. Se tutto andrà come stabilito dalla risoluzione 44 non vedo il motivo per rifarlo.
E se la commissione di esperti dovesse dichiarare inammissibile il referendum?
Può darsi che giunga a conclusioni non del tutto chiare. In questo caso riprenderemo il cammino legale. Tuttavia, il referendum può essere lo stesso convocato. Questo va detto. Noi abbiamo iniziato a studiare l’opzione dal 2010 e siamo giunti alla conclusione che è in linea con il diritto internazionale, che è gerarchicamente superiore a quello nazionale. Ci sono anche dei precedenti, come quello del Sud Sudan, che avvalorano le nostre tesi.
Lo sa che c’è chi dice che la risoluzione 44 sia solo uno strumento della lotta di potere in corso tra Tosi e Zaia?
Tutto questo ci fa ridere. A noi non interessano né le rivalità tra il governatore e il sindaco di Verona, né il discorso sulla Macroregione Nord e chi lo cavalca. Il nostro obiettivo è il referendum per l’autodeterminazione, punto e basta. Il resto non conta.
Perché, secondo lei, il Veneto starebbe meglio senza l’Italia?
Preciso che non è che siamo noi a tirarci fuori, ma l’Italia a non volerci. Ci sentiamo cittadini di seconda classe. C’è la crisi, ma lo stato non ci aiuta. Continuiamo a sostenere le sue casse, senza avere nulla in ritorno. L’autodeterminazione è legittima difesa. Il Veneto può sostenersi da solo.
Ma se a Roma decidessero di cambiare rotta, concedendo di più al Veneto?
Il percorso ormai è segnato. Al massimo si potrà dare impulso a delle aggregazioni regionali, abbastanza omologhe, che potranno in un secondo te