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In Italia tutto è marcio e corrotto: anche i pirati sono falsi. Meglio l’anarchia di un governo di ladri

La terza repubblica dei pagliacci: tutti uniti per lo stipendio a sbafo pagato dai veneti

BIANCANEVEDa lunedì scorso è nata ufficialmente la terza repubblica italiana, quella dei pagliacci, dei clown, dei comici, dei buffoni. Chiamateli come volete.
Interpreti supremi del più grande cantore delle tristezze italiane, Ennio Flaiano, i 7 nani del belpaese, i vari Berlusconi, Bersani, Monti, Casini, Ingroia, Vendola e Maroni, ora cercano di corteggiare Biancaneve Grillo per mantenersi i loro privilegi: stipendio, rimborso elettorale, pensione, monopoli, subappalti, tangenti, consorterie, corporazioni, sindacati, associazioni colluse e così via. Ovviamente il pranzetto pubblico dei 7 nani è pagato dal pantalone veneto, come sempre.
La parola magica di questa settimana si chiama governabilità. Addirittura si sono inventati una falsa pirata grillina per smuovere le coscienze dei fan di Biancaneve. In Italia è proprio vero che tutto è marcio e corrotto: anche i pirati sono falsi
Governabilità: ma ci serve poi un governo? Andiamo a vedere se le cose stanno proprio così. Prendiamo il Belgio, per esempio. Un altro stato europeo, più piccolo, ma come l’Italia del tutto artificiale, inventato. Addirittura in Belgio non esistono più partiti belga. Esistono solo partiti valloni e partiti fiamminghi. Ormai da diversi anni non esiste più un governo belga stabile. Ebbene, proprio nella più grande crisi di governabilità del Belgio, quel paese è riuscito nell’impresa di mantenere una buona credibilità finanziaria, congelando la spesa pubblica con tagli mirati nella difesa e nella pubblica amministrazione e salvando, invece, welfare e istruzione, abbassando notevolmente il costo del lavoro.
Ciò sta permettendo al Belgio di avvicinarsi in modo tranquillo alla nascita delle Fiandre e della Vallonia indipendenti, senza assistere al dramma socio-economico che invece sta minando il nostro tessuto produttivo e sociale.
Ecco, forse un po’ di sana mancanza di governo potrebbe far bene all’Italia. Tanto le riforme sono impossibili da fare, almeno così si eviterà di dare potere, soldi e privilegi ai 7 nani del magna-magna. E Biancaneve potrà restare vergine, mentre il Veneto si attrezza a diventare una nuova repubblica indipendente e sovrana.

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Pinocchio ha un martello di carta

017737-beppegrilloQualche riflessione su Beppe Grillo 

Di Paolo L. Bernardini

Forse perché è genovese come me, forse perché ha detto che la Sicilia può farcela senza l’Italia – affermazione assolutamente non scontata, non è come dirlo per il Veneto o la Lombardia, o per l’Emilia o il Piemonte – ma soprattutto perché ha l’appoggio di un filosofo del diritto che stimo molto, Paolo Becchi (ci siamo laureati a Genova con lo stesso Maestro, Giulio Severino, un uomo non noto, forse, in un mondo dove lo sono i plagiari e i parolai, ma di notevoli intuizioni e di grande umanità, la cosa più importante) vorrei soffermarmi un poco su di un uomo, e un movimento, su cui, ovviamente, altri analisti si soffermano molto di più, dal momento che è l’ago della bilancia, in un caos senza fine. Paolo Becchi è uno dei tanti professori italiani esasperati dall’immondizia che ogni giorno viene somministrata come panacea. A differenza, però, di tanti altri, ha preso la parola, e ha messo bene in luce, in un discorso di fine anno, lo strazio cui è sottoposta di continuo la Costituzione, e l’immensa violenza dell’imposizione dell’euro, e finalmente il ruolo terribile avuto in tutto questo da Monti. La congiura tra eurocrati e banchieri, che ha portato al governo Monti. Quella congiura che ci uccide. In una recentissima intervista, se ho colto bene le parole, Grillo ha parlato di una “burocrazia” che ha ucciso la “democrazia”, ma anche, significativamente, di un mondo che cambia. Del vortice della Storia che reclama tra i morti coloro che si ostinano a vivere, ma che al mondo dei più appartengono, e come i protagonisti del noto film con Bruce Willis continuano a tormentare i vivi. Dargli torto?

Non voglio attribuire certo né all’amico Becchi né a Beppe Grillo idee che non sono loro, ovvero l’indipendentismo. Ma anche da una prospettiva indipendentistica, lo strazio immondo cui è stata sottoposta la Costituzione, ormai da venti anni, con quell’accelerata formidabile del 2012, grida vendetta agli occhi di Dio, e se anche Dio non esistesse si metterebbe al mondo, proprio per vendicarsi. Dal punto di vista indipendentistico: non tanto i principi costituzionali dell’indivisibilità dell’Italia, quanto proprio la violazione della Costituzione (anche all’articolo V, con Osimo, ma alla fine è proprio la violazione minore!), come patto fondativo tardivo e imperfetto di una nazione (inesistente), sono argomenti su cui battere. In un recente libro bellissimo di Jack Greene, grande storico americano, “The Constitutional Origins of the American Revolution”, si sostiene proprio questa tesi: i patrioti americani sono andati NON CONTRO LA COSTITUZIONE BRITANNICA, ma CONTRO LE VIOLAZIONI, A LORO DANNO, ESERCITATE DAL RE E DAL GOVERNO IN PALESE VIOLAZIONE DELLA COSTITUZIONE STESSA. Ho messo in maiuscolo perché è un punto centrale, centrale per capire tutto quello che sta succedendo. Keep Reading »

Curtarolo, un’altra bellissima tappa (senza bugie)

paolo_bernardini_2_websiteHo avuto il piacere, il 19 febbraio, di parlare ad una sala piena a Curtarolo, località che mi è cara se non altro per il lungo soggiorno che vi fece, nella propria villa, Pietro Bembo. Piena, la sala, non solo di persone, ma di entusiasmo e voglia di rinascita. Ho avuto l’onore di parlare assieme a Michele Favero, Luca Azzano Cantarutti, e Gianfranco Favaro. Siamo in giorni in cui i nodi vengono al pettine, i nodi della trista politica italica, e son nodi tali da spezzare anche il più solido dei pettini. Ho iniziato ricordando le parole di Goethe, dedicate al Sacro Romano Impero: “uno scheletro senza carne” cui occorreva por fine, la cui agonia occorreva terminare. Perché la carne che rende vivo un corpo politico, la coesione, la condivisione di scopi comuni, la capacità di far fronte insieme ai nemici e non litigare tra fratelli, il consenso, se non l’entusiasmo, la fiducia, se non la speranza accesa, non vi erano più. E, facendo un grandissimo complimento all’Italia, ho portato questo paragone. Siamo in questa situazione. Non è così nel resto del mondo, di cui ho parlato, concentrandomi sulla Bulgaria, e il Kazakhstan, dove sono stato di recente.

Ma gli eventi del giorno hanno inevitabilmente attirato la mia attenzione.

Siamo in un teatrino così italiano, ovvero così surreale, che ad ogni nuova scena stento anch’io a credere che si possa scendere così in basso, come se il palcoscenico fosse su di un piano inclinato verso gli inferi: ma in fondo diceva un poeta della mia terra, la Liguria, Eugenio Montale, che non c’è limite al peggio, ed Edoardo Sanguineti, un altro poeta, e sempre della mia terra, gli faceva eco tardiva parlando dell’ “infimo dell’imo”.

E’ così strano, e straniante, poi, per me, sentire che un sedicente liberale classico – siamo in così pochi che ci contiamo sulla punta delle dita, in Italia – si inventa tutto un curriculum accademico inesistente, gabbando perfino due scienziati dell’economia in odore di Premio Nobel (che certamente verrà assegnato loro, e me lo auguro davvero, per l’economia, ma non per la furbizia), millantando titoli che solo in Italia sono considerati di valore, perché se non si è “dottò”, non si è nulla. Che amara amarezza, che triste tristezza, per parafrasare ancora Edoardo Sanguineti.

Mi era capitato di sentire un intervento pubblico di Giannino in diretta, sull’altipiano di Asiago, e sul web un altro, nel quale ultimo affermava di aver conseguito un Master a Chicago, come è noto una delle maggiori scuole di economia liberale del mondo. Un Chicago Boy, però, il Giannino non è. Ma la domanda che mi pongo è questa: cotali personaggi hanno un rispetto così basso del loro pubblico, li ritengono davvero una massa di bestie non in grado di verificare con minimo sforzo le loro credenziali anche solo con mezz’ora al computer? Se una volta le bugie avevano le gambe corte, il sistema della comunicazione globale ha incollato loro le gambe ai piedi: non sono più corte, sono proprio inesistenti.

Sinceramente evito sempre di parlare dei politici italiani, perché sia in quanto “politici” sia in quanto “italiani” non appartengono al mio orizzonte spirituale. Ma su questo caso miserabile mi permetto di spendere qualche parola, perché mi sento, come liberale classico, profondamente tradito. Ho repulsione profonda per i mentitori, e soprattutto per chi mente pensando di rivolgersi ad un pubblico di trogloditi ritenuti perfino incapaci di smentire bugie così facilmente smascherabili. Un grande pensatore non ha bisogno di titoli. Spinoza produceva occhiali: si intenda, li costruiva artigianalmente, non era Del Vecchio della Luxottica (che spero diventi indipendentista, e ci dia una mano, che… xe ora!). Detesto profondamente i semilavorati del sapere che si appiccicano qualche nozione e sputacchiano qualche citazione, soprattutto se di liberalismo, per gabbare il popolo che non è bue ottuso, ma vacca da mungere ormai perfettamente consapevole del proprio miserrimo ruolo nella fattoria.

Un filosofo tedesco tra i due secoli, Otto Weininger, morto suicida nel 1903, diceva: “Chi mente, non è.” Cosa vuol dire? Che la menzogna non è solo moralmente negativa, come è ovvio, ma condiziona la stessa ontologia, trasforma in essere il non-essere, annulla il mondo. Chi parla parole di menzogna è come se emettesse dalla bocca una bolla di antimateria, che annichila il parlante per primo. E poi si diffonde a far altro danno intorno.

L’indipendenza del Veneto, per tutti noi, è anche la speranza di por fine a tutto questo. Ad un sistema talmente bacato da mettere in circolo la convinzione diffusa che il sigillo di garanzia e qualità dell’individuo sia un titolo di studio, e non quel che è e quel che dice, e soprattutto quel che fa. Per fortuna la legge italiana, credo tuttora, garantiva l’accesso al grado più alto di insegnamento, l’ordinariato, a chiunque indipendentemente dal titolo di studio conseguito, sulla base solo della produzione scientifica. Sarà lo stesso nel Veneto libero.

Uno dei miei sogni di ragazzo, e qui concludo, era quello di poter seguire all’università di Genova i corsi di Furio Jesi, grandissimo studioso di religione, miti, storia, letteratura tedesca. La notizia della sua morte la lessi, con Monica, la mia ragazza di allora, sulla passeggiata di Camogli nel giugno 1980. Il mio sogno non si realizzò perché ero ancora al liceo, e vi sarei rimasto fino al 1982. Furio Jesi non solo non si era mai laureato, ma non si era neanche diplomato. Eppure aveva meritatamente vinto un concorso a cattedre per insegnare letteratura tedesca (una delle tante materie che avrebbe potuto insegnare). Non era un liberale, ma questo non vuol dire. Un maestro è un maestro aldilà del proprio orientamento ideologico. Ha scritto libri bellissimi. A quanto mi risulta, non aveva mai detto di aver conseguito alcuna laurea. Forse, non la riteneva importante. Forse, aveva anche ragione.

A me, a coloro che hanno avuto, al contrario di me, la fortuna di averlo come professore, ai suoi colleghi, e perfino al sistema il fatto che avesse o non avesse la laurea non interessava.

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Veneto parente povero nella “Euroregio senza confini”, l’unica soluzione è Indipendenza Veneta

Zaia non pensi di fare la supercazzola ai veneti, come fa la lega da vent’anni a questa parte

Schermata 2013-02-19 alle 17.39.35[Treviso, 19 febbraio 2013] – Dura presa di posizione oggi del portavoce di Indipendenza Veneta Gianluca Busato nei confronti del governatore del Veneto Luca Zaia, in seguito alla notizia che il Veneto entra nella “Euroregio Senza Confini”, gruppo europeo di cooperazione territoriale (Gect), composto dalle Regioni del Veneto e del Friuli Venezia Giulia e dal Land della Carinzia.

Gianluca Busato ha dichiarato: “Siamo tutti contenti della bella notizia, ma non si può però non constatare che l’ingresso della nostra regione equivale all’invito al ballo del parente povero, che non ha neanche i soldi per comprarsi il vestito di gala. Se consideriamo il fatto che la tassazione sui redditi delle imprese in Austria prevede un’aliquota unica del 25% sugli utili e che la regione Friuli ha uno statuto di regione autonoma che prevede diversi vantaggi rispetto al Veneto, per non parlare poi delle vicine province autonome di Trento e Bolzano, oppure della Slovenia, dove la tassazione sul reddito delle imprese è al 20% , ci rendiamo conto che, al di là dei proclami, l’unico a godere di tale nomina sarà proprio il governatore del Veneto che assume la carica di primo presidente dell’euroregione, ma alla quale non corrisponderanno vantaggi significativi per i cittadini veneti che resteranno sempre sotto il tacco italiano.”
Ha quindi continuato Gianluca Busato: “La cooperazione transfrontaliera ha un senso solo se cambieranno radicalmente le condizioni dell’inferno fiscale cui siamo sottoposti e l’unica possibilità di farlo è che i consiglieri regionali, in primis Luca Zaia, approvino in grande velocità la legge referendaria che abbiamo preparato e presentato sabato 16 febbraio, sottoscritta da migliaia e migliaia di cittadini veneti.”
“Abbiamo presentato la pappa pronta al governatore, ora non pensi di farci nuovamente la “supercazzola”, come faceva il Conte Mascetti nel film “Amici miei”, così come la lega fa ai cittadini veneti da oltre vent’anni di promesse tradite e di svendita delle illusioni di cambiamento per un piatto di lenticchie a Roma.”
“L’unica scelta utile per i cittadini veneti il prossimo 24 e 25 febbraio è di votare per Indipendenza Veneta, per accelerare la nascita della nuova Repubblica Veneta e permettere ai veneti di non essere più sudditi di serie B dello stato italiano come sono oggi e di entrare in Europa come cittadini di serie A, al pari degli sloveni e degli austriaci”.

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E la gondola naviga verso l’Indipendenza Veneta

Il 16 febbraio a Venezia 10.000 veneti firmeranno la legge per indire il referendum per l’indipendenza veneta. La consultazione referendaria si terrà il 6 ottobre 2013.

foto-32“Vuoi che il Veneto diventi una repubblica indipendente e sovrana? Sì o no?”. Non poteva essere più chiaro il quesito all’art. 1 della proposta di legge regionale di iniziativa popolare per l’indipendenza del Veneto presentata ieri da Indipendenza Veneta, con la la sintesi che contraddistingue i grandi passaggi della storia. Il documento sarà sottoscritto con grande solennità il prossimo sabato 16 febbraio a Venezia da migliaia di cittadini veneti che per l’occasione sfileranno lungo le calli della città lagunare, con partenza alle ore 15 sotto il ponte di Calatravain piazzale Roma.

Gli organizzatori prevedono un afflusso senza precedenti, con 5-10.000 partecipanti, con decine di pullman già prenotati e i treni che si annunciano pieni per una giornata storica, che vedrà una grande presenza dei media internazionali.
Dopo che lo scorso 28 novembre il consiglio regionale del Veneto ha approvato la risoluzione 44, scritta e concepita da Indipendenza Veneta, per il referendum di autodeterminazione del Popolo Veneto, ora la Commissione giuridica, insediatasi per volontà sempre di Indipendenza Veneta e composta dall’Avv. Luca Azzano Cantarutti, dall’Avv. Alessio Morosin, dal Prof. Paolo Bernardini, dal Prof. Carlo Lottieri e dal Prof. Alessandro Vitale, ha presentato il testo del Progetto di Legge veneta che indice il referendum per l’indipendenza del Veneto.
Il testo di legge presentato stabilisce che la consultazione referendaria si tenga il 6 ottobre 2013. Il quorum richiesto prevede la partecipazione della maggioranza assoluta degli elettori veneti e per la nascita della nuova Repubblica Veneta basterà che il sì ottenga il 50% + 1 dei voti validi. La legge proposta prevede anche la copertura finanziaria per tramite del residuo fiscale veneto che lo stato italiano non riversa sul territorio veneto e che equivale a circa 20 miliardi di euro ogni anno, secondo le stime del ministero del tesoro.
Mentre i politici italiani danno il loro triste spettacolo elettorale che preoccupa gli investitori di tutto il mondo, ancora una volta la sorpresa viene pertanto dall’azione politica di Indipendenza Veneta, improntata sulla concretezza e sull’assunzione di responsabilità verso i cittadini veneti, che sono sempre più colpiti da una situazione economica grave che pone in grave difficoltà le famiglie e le imprese.
L’iniziativa del movimento indipendentista veneto si inserisce nel quadro europeo che vede emergere la voglia di indipendenza in sempre più regioni, dalle Fiandre, dove i partiti fiamminghi ormai rappresentano la grande maggioranza della popolazione, alla Catalogna e alla Scozia, dove nel 2014 si terranno i referendum per l’indipendenza. Venezia diventa quindi il nuovo baricentro del terremoto istituzionale che in brevissimo tempo ricomporrà una Federazione Europea all’insegna di nuove e più moderne realtà statuali.
Il segretario Lodovico Pizzati ha dichiarato: “è proprio la gravità della situazione socio-economica del Veneto che impone ai nostri rappresentanti istituzionali in regione di approvare con estrema urgenza la legge per l’indizione del referendum di indipendenza del Veneto. Siamo certi che ciò avverrà in tempi rapidi e con una maggioranza netta. Dopo tutto si tratta semplicemente di dare la parola ai cittadini veneti, che ricordiamo vogliono l’indipendenza veneta a grande maggioranza. Si tratta du un atto di democrazia fondamentale, che rappresenta un dovere istituzionale e civico in un momento tanto delicato per il nostro Veneto. L’indipendenza veneta è l’unica tutela per il nostro benessere, nel segno della legittimità internazionale.”
Il 16 febbraio prepariamoci quindi riassaporare lo spettacolo unico delle gondole indipendentiste che solcheranno il Canal Grande.

Ufficio stampa
Indipendenza Veneta

Tratto da indipendenzaveneta.net Keep Reading »

Prove Generali di Indipendenza Veneta il prossimo 16 febbraio a Venezia

 

Tratto da indipendenzaveneta.net

La legge regionale, proposta da Indipendenza Veneta per indire il referendum per fare del Veneto uno stato indipendente entro il 2013, verrà resa pubblica domenica 10 febbraio. 

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Perché il Veneto diventi uno stato indipendente non occorre avere il permesso da Roma, ma basta solo che sia la maggioranza dei veneti a volerlo. Questo è il principio di autodeterminazione di un popolo, tutelato dalla comunità internazionale, applicato in maniera pacifica e democratica già in passato, e richiamato per il referendum di indipendenza di Scozia e Catalogna nel 2014.

Perché il Veneto venga confermato a livello internazionale come paese sovrano e indipendente, il volere del popolo veneto deve essere interpellato in maniera istituzionale, e la Regione Veneto è l’istituzione riconosciuta come rappresentante della popolazione veneta.

La Regione Veneto, secondo il proprio statuto, ha la possibilità di fare un referendum consultivo, e per indire un referendum solo qui in Veneto occorre che venga approvata una legge regionale a riguardo. Una proposta di legge può essere presentata di iniziativa popolare, ed è proprio quello che Indipendenza Veneta farà sabato 16 febbraio a Venezia.

L’avv. Luca Azzano Cantarutti ha già presentato una bozza di questa proposta di legge alla commissione di giuristi, insediata per dare un parere consultivo sull’indizione di una consultazione referendaria (come previsto dalla Risoluzione 44). Questa domenica verrà reso pubblico il testo di questo atto storico. Quali sono i contenuti?

In questa proposta di legge regionale viene definita la data del referendum (vi anticipo che sarà proposta una data in ottobre 2013), viene definita la percentuale del quorum perché il referendum sia valido, e viene specificata la tempistica per la dichiarazione di indipendenza in caso di esito positivo.

Ora, solo perché una proposta di legge verrà presentata non vuol dire che verrà approvata dal consiglio regionale. Dovrà essere convocato un consiglio straordinario (da almeno quindici consiglieri regionali), la proposta dovrà essere accettata da una apposita commissione del consiglio regionale, e alla fine dovrà essere approvata dalla maggioranza dell’aula.

Al momento non è detto che ci sia un consenso in consiglio regionale per approvare un documento nei contenuti molto più potente della Risoluzione 44 che va direttamente al dunque. Per questo è fondamentale fare sentire il più possibile il supporto popolare a sostegno di questo documento storico. Indipendenza Veneta invita tutti i cittadini veneti a partecipare alla presentazione in Regione Veneto, sabato 16 febbraio a Venezia. Fate venire amici e familiari al ritrovo a Piazzale Roma alle ore 15.00, per poi recarci tutti insieme di fronte a Palazzo Ferro-Fini, sede del Consiglio Regionale, per sottoscrivere questo documento che passerà alla storia. Saremo in migliaia, e solo così possiamo far sentire l’urgenza di non perdere un fondamentale appuntamento con la storia. Scozia e Catalogna diventeranno paesi indipendenti, e noi veneti non possiamo perdere il treno dell’indipendenza. Ne va del nostro benessere.

Lodovico Pizzati
Segretario Indipendenza Veneta Keep Reading »

La libertà di espressione è sacra: 10, 100, 1000 bastaitalia!

bavaglio-allinformazioneIn questi giorni gira in rete una stucchevole per quanto marginale propaganda alimentata da piccoli gruppi fanatici che come da loro abitudine si scagliano contro la libertà di espressione contestando duramente un articolo pubblicato sul sito bastaitalia.org. Voglio personalmente dire come la penso sulla questione e lo faccio ripubblicando un altro articolo del 2009 dell’amico Gualtiero Scapini, che riflette anche il mio pensiero. Probabilmente non servirebbe nemmeno farlo, dato che il sottoscritto nel 1997, un mese dopo i fatti del Campanile, per il solo fatto di aver sostenuto i Serenissimi e averli definiti patrioti sulle prime pagine dei giornali, mentre altri che oggi si fanno belli se ne rimanevano a guardare, fu messo sotto inchiesta e fu oggetto di dure perquisizioni, con sequestro di un’enorme documentazione (per lo più libri di università, sic!, e circa 400 floppy disk di lavoro, tanto che i giornali di regime i giorni seguenti sbatterono il mostro in prima pagina con il titolo “Sgominata la centrale di intelligence dell’indipendentismo”).

Per questo posso ben dire che quell’atto eroico non è al di sopra del bene e del male e quindi se qualcuno lo vuole commentare o analizzare lo può fare senza che dei fanatici che fanno un danno enorme all’indipendenza oggi facciano una pubblica lapidazione nei confronti chi non ha fatto altro che esprimere le proprie idee. 10, 100, 1000 bastaitalia.org che rompono il muro del silenzio dei media italiani su di noi!

Se qualcuno la pensa diversamente, basta che pubblichi un articolo in cui esprime il proprio pensiero. La censura appartiene solo ai deboli di spirito. E agli ignoranti.

Gianluca Busato

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QUANDO SCALARONO IL CAMPANILE

di Gualtiero Scapini

Sono un pacifico, non un pacifista. Mi piace il quieto vivere, bado ai fatti miei e non amo intromettermi nelle vicende degli altri. Con questa filosofia sono stato educato e ho vissuto. Fino a un certo punto, però, perché un giorno ho capito che così, in un mondo e in un’epoca come l’attuale, non è più possibile tenere gli occhi girati dall’altra parte.

Per una sorta d’eredità familiare e anche per aver provato sulla mia pelle, da bambino, l’esperienza delle rappresaglie antifasciste dell’immediato dopoguerra, ho sempre avuto una sorta di simpatia nei confronti degli sconfitti del 25 Aprile, pur non facendo mai politica e senza essere iscritto ad un partito. Nel ‘94 e nel ‘96 ho votato per AN, conformemente all’idea che avevo della politica. Avevo però sempre una riserva, in fondo al cuore. Perché questa riserva? La spiegazione è questa: mia madre veniva da una famiglia storica di Venezia, una di quelle iscritte al Libro d’Oro. Mio nonno materno, che mi allevò durante la guerra, pur essendo stato fascista, mi aveva inculcato l’amore per la Serenissima e per la sua millenaria, gloriosa storia. Da ragazzo ero un campanilista. Per me non c’era niente di più bello e amabile della terra veneta. Ancora oggi amo la mia terra in maniera quasi maniacale, anche se la vita mi ha portato a vivere a Brescia, in Lombardia (si, ma in quella parte di Lombardia che un tempo fu veneta). Sono così sentimentalmente legato alla Venezia che, in qualsiasi parte di quello che fu il dominio veneto, in Italia, in Slovenia, Croazia, Montenegro o Grecia, quando vedo il Leone di San Marco mi sento a casa.

E vengo al fatto: ricordate quella sciagurata iniziativa dei signori della sinistra, Cacciari in testa, che volevano festeggiare i duecento anni della caduta della Repubblica Veneta? Ricordiamo tutti quell’episodio, definito allora, da quelli che ci governavano, come eversivo e terroristico: l’assalto al campanile di Piazza San Marco da parte di alcuni “fanatici attentatori venetisti”. Armati di un vecchio mitra Mab da demolizione, a bordo del temibile “Tanko” (un vecchio trattore da semirimorchio camuffato) occuparono Piazza San Marco e, saliti sul campanile, esposero il glorioso vessillo. Furono così disonesti e pericolosi da pagare il passaggio sul traghetto! Perché lo fecero? Fu la risposta del popolo veneto all’iniziativa scriteriata e vigliacca dei giacobini di casa nostra. Fu la vera celebrazione dell’anniversario della caduta della nostra gloriosa Repubblica di San Marco.

In quel periodo mi trovavo a Kusadasi, in Turchia, a circa novanta chilometri da Smirne. Lavoravo, per conto di un’azienda lombarda, alla realizzazione di un parco acquatico. Ero l’unico italiano in un cantiere brulicante di operai curdi e iracheni. Avevo due colleghi turchi, due geometri di Smirne. Con uno di loro, Ibrahim, avevo fatto amicizia e spesso ero ospite a casa sua. Da tre giorni ero tornato dall’Italia, dov’ero stato per consultazioni tecniche con la direzione. Ibrahim arrivò trafelato in cantiere e m’invitò a seguirlo al bar, appena fuori dal cancello. Mi disse: ” Walter, tu sei veneto…vieni a vedere quello che sta succedendo a Venezia….C’è un attacco di terroristi….lo stanno trasmettendo alla televisione”. Così vidi la nostra bandiera che sventolava in cima al Campanile…,e poi l’assalto dei Nocs e infine il nostro glorioso vessillo strappato dalle mani di uno degli uomini catturati, gettato a terra e ignobilmente capestato da uno degli agenti mascherati. Lo speaker turco commentava, il mio amico traduceva le sue parole: ” …le forze speciali della polizia italiana hanno catturato i terroristi che volevano attentare all’integrità dello stato esponendo una bandiera della Repubblica di Venezia sul campanile di Piazza San Marco…” Ero esterrefatto e indignato. Mi si rivoltò il sangue fin quasi a star male e provai un’avversione profonda nei confronti del governo e dei partiti italiani. Mi chiedevo come mai nessuno, in Italia, Lega in testa, mostrasse solidarietà con quei quattro gatti che erano saliti lassù. Il mio amico turco era come me scosso e offeso per il gesto del poliziotto che aveva calpestato la bandiera. Il suo commento fu molto duro: ” Il tuo paese ha gettato a terra e calpestato un vessillo glorioso e carico di storia. Noi fummo nemici dei Veneziani per quasi cinquecento anni e abbiamo sempre provato timore e rispetto verso quella bandiera, simbolo di una Nazione antica e piena d’onore e di gloria. Questo dovrebbe essere un giorno di lutto e invece è occasione di vergogna per l’Italia”.

Da quel giorno decisi d’abbracciare la causa dell’indipendenza delle Terre di San Marco. Mai più con l’Italia e con i partiti italiani. Provo solo un profondo rammarico pensando a quelli che caddero per unire questo strano paese che non diventerà mai Nazione. Erano i nostri fratelli, i nostri padri, i nostri nonni. Caddero a centinaia di migliaia su tutti i fronti, nelle guerre alle quali questo stato partecipò, nell’illusione d’essere una grande potenza, per ritrovarsi poi preda della partitocrazia mafiosa o del settarismo dei compagni. No, noi veneti non siamo di questa pasta, noi siamo figli di San Marco! Arma la prora marinaro e salpa verso il mondo….Par tera, par mar, San Marco!

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ALESSIA BELLON PRESENTA IL PROGRAMMA: “RIDARE IL SORRISO A TREVISO”

L’evento si terrà domani sera 24 gennaio. Economia, cultura, sicurezza e il taglio di un assessore tra i punti che saranno illustrati ai cittadini a Cà del Galletto alle ore 21

Alessia-Bellon-800Il prossimo giovedì 24 gennaio a partire dalle ore 21 presso l’hotel Cà del Galletto in Strada Santa Bona Nuova a Treviso si terrà la presentazione del programma per il comune di Treviso del candidato sindaco Alessia Bellon.

Nel corso della serata saranno presentati i primi elaborati delle commissioni specialistiche che nel corso di questi mesi hanno redatto le proposte concrete per il rilancio di Treviso.

Oltre al candidato sindaco Alessia Bellon, interverranno il candidato vice sindaco di Treviso Maurizio Giomo e il coordinatore di Indipendenza Veneta Gianluca Busato, oltre agli esperti che hanno contribuito a redigere le tesi programmatiche che hanno l’obiettivo di agganciare Treviso alla modernità.

Concretezza, passione, determinazione sono gli elementi base che contraddistinguono l’attività della squadra guidata da Alessia Bellon e il prossimo giovedì la cittadinanza potrà quindi conoscere in anteprima la nuova visione nel segno dell’innovazione per ridare il sorriso a Treviso.

Le prime proposte targate Alessia Bellon riguarderanno in particolare i parcheggi, con un piano inedito e a costo zero per l’amministrazione che finalmente permetta di risolvere un annoso problema mai affrontato negli ultimi vent’anni.

Per quanto riguarda il taglio di sprechi, due anticipazioni sulle proposte che saranno illustrate giovedì: il taglio di un assessore e l’assegnazione della presidenza delle municipalizzate di nomina comunale agli stessi assessori, senza cumulo di stipendio. Ciò contribuirà ad abbattere i costi della politica e della “casta” che oggi vedono situazioni gravi e oltremodo imbarazzanti che sono un vero e proprio insulto a chi si trova in condizioni di difficoltà economica.

Saranno inoltre anticipati i progetti per l’attrazione di flussi globali di turismo culturale, attraverso forme innovative di imprenditoria artistica e turistica di respiro internazionale e la trasformazione del Centro Storico di Treviso in un vero e proprio campus tecnologico per le nuove imprese giovani e innovative grazie alla sburocratizzazione delle pratiche di apertura di nuove imprese tecnologiche a basso impatto logistico e ambientale e all’abbattimento del carico fiscale comunale nei loro confronti.

Giovedì prossimo i trevigiani potranno verificare come il rinnovamento del Veneto sarà attutato non solamente con l’approvazione del referendum per l’indipendenza veneta, primo e fondamentale passaggio, ma anche rompendo gli schemi della vecchia politica clientelare e trasferendo nell’amministrazione comunale nuove modalità di governo della città.

Alessia Bellon, che mercoledì 23 gennaio alle ore 21.15 sarà anche ospite in diretta su TeleNuovo nella trasmissione Prima Serata condotta da Mario Zwirner, affronterà in prima persona il tema della sicurezza: “non possiamo certo accettare di chiuderci in casa, come ha affermato in una scioccante intervista della settimana scorsa il procuratore di Bergamo Dettori, ma abbiamo approntato un piano che permetta all’amministrazione comunale di svolgere il fondamentale ruolo di sicurezza che le compete e che la giunta uscente, grazie per esempio al taglio dell’illuminazione notturna, ha dimostrato di non voler più perseguire”.

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La quadratura del cerchio

Sì alla Camera, No al Senato. All’assemblea di Indipendenza Veneta sarà presentata dal segretario Pizzati un’opzione per permette di votare per il nostro simbolo e garantirci di NON andare a Roma

Indipendenza VenetaOggi il governatore del Veneto Luca Zaia ha dichiarato che le prossime elezioni saranno un referendum sul nord.

“Questa – ha aggiunto – è l’occasione giusta per dire che il Nord deve avere voce”. “Chiamiamo perciò – ha aggiunto – i cittadini del Nord a scegliere responsabilmente per il Nord perché altrimenti chi è causa del suo mal pianga se stesso”.

Dobbiamo una risposta al governatore, perché le sue parole sono la continuazione di una menzogna e di un inganno che dura da vent’anni e al quale dobbiamo porre un termine.

Le prossime elezioni devono trasformarsi in una prima prova generale di referendum per l’indipendenza del Veneto. Come fare perché ciò avvenga?

Domani mattina si terrà l’assemblea di Indipendenza Veneta che è chiamata a decidere su questo tema importante, anche se non vitale per il nostro movimento: la partecipazione alle prossime elezioni politiche per il rinnovo del senato e della camera del parlamento italiano.

Fino ad oggi la scelta su cui la base si interrogava era netta. Partecipare alle elezioni politiche oppure NON partecipare alle elezioni politiche.

La scelta non era semplice, in quanto entrambe le opzioni presentavano dei pro e dei contro che ponevano il nostro movimento di fronte a un bivio problematico.

Per semplificare al massimo, il partecipare alle politiche al senato e alla camera significava da un lato avere la possibilità di contarsi, di esistere elettoralmente, di non disperdere il considerevole potenziale elettorale che con tanto lavoro e tanto successo che abbiamo creato in questi pochissimi quanto travolgenti mesi di attività di Indipendenza Veneta.

Il NON partecipare d’altro canto ci assicurava di evitare anche il minimo dubbio di una nostra presenza nel parlamento italiano, che non c’entra nulla con il nostro percorso, dato che per ottenere l’indipendenza basta solo avere una maggioranza in Veneto a prescindere da Roma.

Ecco da dove nasce la soluzione ideale, la quadratura del cerchio, che è nata nelle ultime ore grazie a un’intuizione del nostro segretario Lodovico Pizzati.

Il diavolo fa infatti le pentole e si dimentica i coperchi. Il diavolo è il legislatore italiano in questo caso, in particolare chi ha scritto la legge elettorale che si differenzia tra camera e senato.

Al senato per eleggere 1 o 2 senatori bisogna ottenere l’8% del voto a livello regionale. Sembra una cifra elevata, ma se pensiamo che un anno fa alle amministrative il nostro progetto aveva preso in media il 4,2%, ci rendiamo conto che è una cifra alla nostra portata e che la probabilità che vengano eletti un paio di senatori non è così peregrina, anzi! Ciò ovviamente ci apre il fianco ai dubbi dei cittadini veneti, scottati dalle brutte esperienze del passato, che purtroppo anche con garanzie di qualsiasi tipo, prima tra tutte la straordinaria integrità morale e politica dei nostri rappresentanti, non potremo comunicare al cittadino-elettore deluso.

Nel caso della camera, invece, per eleggere rappresentanti, ovvero per mandare “fisicamente” qualcuno a Roma, bisogna ottenere il 4% del voto a livello nazionale. Ovvero, dato che in Veneto vive l’8% della popolazione italiana, Indipendenza Veneta per eleggere rappresentanti dovrebbe prendere il 50% dei voti in Veneto.

Ecco la soluzione. Basta che il programma elettorale per cui si chiede i voti preveda un solo punto: la dichiarazione unilaterale di indipendenza del Veneto. Per essere eletti serve il 50% dei voti dei veneti, per cui il mandato è pieno per dare piena attuazione alla sovranità dei veneti.

La nostra coerenza e la nostra credibilità saranno così salve. Non ci distrarremo così dal nostro principale obiettivo che ora è rappresentato dal portare 10.000 veneti a Venezia il prossimo 16 febbraio, per firmare la delibera referendaria di iniziativa popolare che ci farà convocare il referendum per l’indipendenza veneta nel 2013.

Se poi invece dalle elezioni la settimana successiva – pur non facendo alcuna campagna elettorale – dovesse emergere che il 50% dei veneti è già maturo per l’indipendenza veneta e vota il nostro simbolo alla camera in mezzo al lenzuolo di simboli che si troverà, allora diventerà realtà la più famosa tra le massime di Sun Tzu: “la miglior vittoria è quella che deriva da una guerra non combattuta.”

Domani in assemblea io voterò per questo. Voterò per partecipare solo alla camera e non al senato. Spero che saranno tanti i soci presenti domani che appoggeranno la soluzione più razionale e che a mio avviso rappresenta la scelta ideale.

Voterò per l’indipendenza veneta. Sono sicuro che così alle elezioni anche Luca Zaia, nel segreto dell’urna, non appoggerà la patetica macroregione, ultima stupidaggine leghista senza capo né coda, ma voterà anche lui per Indipendenza Veneta.

Gianluca Busato Keep Reading »

NO

Se avessi saputo con qualche giorno di anticipo che domani si sarebbe tenuto il Congresso di Indipendenza Veneta per decidere se presentarsi o meno alle elezioni statali italiane mi sarei organizzato per venire. Abitando all’estero (il vicino-estero) ho bisogno di un po’ di tempo per organizzarmi. Avendo poi preso un impegno in precedenza (un giorno prima di aver saputo della convocazione…), purtroppo non posso proprio venire.

Sarei venuto per dire NO, decisamente NO, assolutamente NO. Attenzione: comunque vadano le votazioni, resterò in IV; prova ne è il fatto che ho appena versato i soldi per il 2013.

Degli amici dentro IV mi fido anche se vogliono prendere una decisione che mi irrita, mi fa paura e non capisco. Non so cosa abbia fatto cambiare idea a persone che poco prima dichiaravano che no, alle statali italiane mai. Sono curioso di leggere i resoconti futuri per capire. Conoscendo l’ars oratoria e la capacità di spiegazione dei miei maestri in IV sono ragionevolmente convinto che la mozione passerà, purtroppo.

Le mie ragioni per il no sono semplici: non vedo una ragione una per presentarsi. L’indipendenza del Veneto passa per il Veneto. L’eventuale visibilità non è sinonimo di visibilità positiva. Se IV si sente in obbligo perché Veneto Stato si presenta alle elezioni, mi viene da ripetere la saggezza delle mamme: “e se el to amico el se buta intel foso? Ghe veto drio?“.
IV è un partito con un obiettivo da raggiungere in un territorio: continuo a non capire le ragioni per presentarsi alle statali italiane. Il paragone con gli altri partiti indipendentisti europei che si presentano alle rispettive elezioni politiche non regge perché noi qui siamo all’interno dello stato italiano, cioè uno stato criminogeno (che genera crimini, attività delittuose; che produce fenomeni di delinquenza), come insegna il politico italiano più politico che ci sia, cioè Pannella.

La coerenza paga, magari non a breve termine ma sulla media e lunga distanza essere coerenti è un viatico per il successo. Non siamo autonomisti perché sappiamo che l’autonomia è impossibile anche se più “socialmente accettata”. No, noi tutti ci diciamo pubblicamente indipendentisti. Se prima ci ridevano in faccia, adesso ci stanno a sentire. La coerenza paga. Facciamo i coerenti e non presentiamoci alle statali italiane.
Se il presentarsi è una questione strategica da “il fine giustifica i mezzi”, io sono sempre stato convinto che seguire questa strada sia la soluzione migliore e più sicura per non arrivare mai al fine; il partito con il sole verde è lì ogni giorno come esempio perfetto. Il mio non è un discorso massimalista. Sono un idealista ma pragmatico e se non fossi stato pragmatico non mi sarei mai iscritto a un partito. Un conto però è essere pragmatici, un altro è non avvertire il conducente che sta sbandando.

Luca

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